Il bambino nascosto (2021)
- michemar

- 12 apr 2022
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 8 giu 2023

Il bambino nascosto
Italia/Francia 2021 dramma 1h50’
Regia: Roberto Andò
Soggetto: Roberto Andò (romanzo)
Sceneggiatura: Roberto Andò, Franco Marcoaldi
Fotografia: Maurizio Calvesi
Montaggio: Esmeralda Calabria
Scenografia: Giovanni Carluccio
Costumi: Maria Rita Barbera
Silvio Orlando: prof. Gabriele Santoro
Giuseppe Pirozzi: Ciro
Lino Musella: Diego
Imma Villa: Angela Acerno
Salvatore Striano: Carmine Acerno
Roberto Herlitzka: Massimo Santoro
Tonino Taiuti: Nunzio
Alfonso Postiglione: Alfonso De Vivo
Claudio Di Palma: Antonio Alajmo
Sergio Basile: Vincenzo Mezzera
Enzo Casertano: Salvatore D'Alterio
Francesco Di Leva: Biagio
Gianfelice Imparato: Renato Santoro
TRAMA: Il professore Gabriele Santoro vive in un antico palazzo a Piazzetta Materdei, a Napoli, e insegna pianoforte al conservatorio. Durante la consegna di un pacco, mentre il professore si rade la barba, un ragazzino riesce a intrufolarsi nel suo appartamento attraverso la porta aperta e si nasconde al suo interno. Il professore si accorge della sua presenza soltanto a tarda sera, ed è allora che lo riconosce: si tratta di Ciro, ed è il figlio dei suoi vicini di casa, ma soprattutto è un ragazzino a cui un clan rivale del padre camorrista stanno dando la caccia.
Voto 7

Gabriele Santoro è un uomo che vive nel bell’appartamento di un grande palazzo antico in una vecchia piazzetta di Napoli e fa una vita solitaria, racchiusa tra i tanti libri della sua biblioteca e il lavoro di professore di pianoforte. Conosciuto da tutti come “il maestro”, inizialmente si conosce poco della sua vita: pare scontroso, taciturno, isolato dalla misteriosa famiglia da cui proviene. Difficile capire subito la sua estrazione sociale e i motivi della solitudine e solo dopo diversi minuti si scopre il suo passato e presente, quando incontra il fratello magistrato in un ristorante dove si son dati appuntamento. Ben presto il severo atteggiamento di quest’ultimo nei suoi riguardi e i suoi rimproveri aprono lo scenario della vita del professore.

Da quando Ciro, un ragazzino di 10 anni, è riuscito ad intrufolarsi in casa sua e si rifiuta di spiegare il gesto, Santoro è irrequieto e vuole sbarazzarsi della scomoda presenza ma quando poi intuisce chi sia e il concreto pericolo che sta correndo, decide nel frattempo di nasconderlo e proteggerlo, anche se non ha ancora le idee chiare e quali pericolo egli stesso stia correndo. Il problema principale è comunque di tipo legale. Per questo fa intendere al fratello magistrato la situazione e indirettamente gli chiede consiglio. È solo a questo punto che si riesce a capire la sua situazione sociale e familiare. Le frasi che gli vengono proferite, dopo che chiede notizie a proposito del loro padre, sono molto chiare e ci aprono lo scenario. “Papà la settimana scorsa è stato male, anzi malissimo. L'ho dovuto far ricoverare in clinica. Ma tanto a te che te ne importa? Tu pensi solo ai cazzi tuoi! Mai una volta che ti informassi e che ti venisse in mente di andarlo a trovare. Comunque sta meglio ed è tornato a casa. Ma lasciamo perdere la nostra penosa commedia familiare. Beh, da quello che mi hai raccontato il tuo amico si è ficcato in un bel grosso guaio che potrebbe portarlo alla rovina. Capisci, Gabrie’, alla rovina! Che tu fossi un incosciente io l'ho sempre saputo, ma non credevo che arrivassi a questo. Non c'è nessun amico in questa storia, Gabriele, ci sei solo tu e l'unica cosa che puoi fare è di consegnare immediatamente il bambino alla famiglia perché anche se lo volessi portare alla polizia non sapresti che raccontare, no? E poi ti avverto: la pena per sequestro di minore va dai 3 ai 12 anni ed è inutile dirti cosa farebbero i camorristi, se c'entrano, se sapessero che il bambino lo nascondi tu. [….] Perché te lo sei tenuto in casa? Fammi capire. Forse volevi un po’ di compagnia? È inutile, io e te non ci siamo capiti mai. Tu già da molti anni hai fatto delle scelte incomprensibili e ne stai pagando le conseguenze facendo una vita di merda, vivendo in un quartiere di merda, circondato da gente di merda. Hai preferito questo alla tua storia familiare perché, come dicevi tu, la famiglia ti fa orrore. Rinunciasti ai concerti quando eri considerato un enfant prodige del pianoforte e ti sei condannato al fallimento. Io la prossima settimana, se tutto va come dovrebbe andare, sarò nominato membro del Consiglio Superiore della Magistratura e questa volta, credimi, non ti consentirò di crearmi casini come hai fatto altre volte in momenti decisivi della mia vita. Non te lo permetterò, perciò non mi telefonare, non mi scrivere, dimenticati che sono tuo fratello.”

Colloquio esplicativo e terrificante (recitato magnificamente dal grande Gianfelice Imparato nell’unica comparsa nel film) che lascia il nostro personaggio ancora più solo e immobile al tavolo, ben conscio della sua vuota esistenza. Il padre, un anziano signore che faceva il giudice, vive in un quartiere molto più nobile, sul Vomero, mentre, come gli rinfaccia il fratello, lui abita in una zona malfamata dove non parla con nessuno e nessuno gli dà fastidio. Ed ha un altro segreto, come scopre Ciro a furia di nascondersi quando qualcuno bussa alla porta dell’appartamento: il maestro riceve periodicamente a cena il suo amante, Biagio, un giovanotto che subito va via, stizzito dall’atteggiamento impacciato del padrone di casa consapevole di essere spiato dal ragazzino. Il quale, meravigliato e schifato (è pur sempre cresciuto in un ambiente ignorante) preferisce scappar via dall’abitazione dopo averlo apostrofato per le preferenze sessuali. Ma vi farà ritorno, perché fuori corre seri pericoli di sopravvivenza: è uno dei due adolescenti che hanno scippato la mamma di un influente boss camorrista rivale della banda di suo padre. L’altro è stato già rinvenuto cadavere.

Ciro si affida all’uomo, si deve fidare di lui, Santoro si intenerisce e avverte quanto bisogno di affetto e protezione abbia l’altro. È un animaletto dei vicoli di Napoli cresciuto selvatico, strafottente e irriverente in un ambiente proibitivo, in una zona franca dove tutto può succedere da un momento all’altro. Lo si intuisce anche dalle visite che il professore riceve da un ex allievo che lo intimidisce ripetutamente con un atteggiamento equivoco e minaccioso: quel Diego che con ogni pretesto entra in casa proprio per scoprire se il mini ricercato si nasconda lì. Il cerchio si stringe, anche il padre di Ciro viene eliminato, la tana non è più sicura: l’unica soluzione è la fuga, con la speranza di crearsi una vita libera in Francia. Santoro è solo ed è cosciente del fallimento della sua vita e adesso ha uno scopo. Ciro è diventato solo e ha necessità di protezione e affetto, di educazione e di un uomo che gli faccia da padre. Santoro è un adulto che si è messo da solo fuori gioco dalla società, Ciro, senza volerlo e senza saperlo, da incosciente quale è, si è condannato a morte. Ciò che li unirà sarà prima la casa, poi l’auto con cui fuggono.

Il personaggio, anche se proviene dal romanzo omonimo dello stesso regista Roberto Andò che non pensava certamente a portarlo sullo schermo quando lo scriveva, pare cucito addosso all’esemplare Silvio Orlando, attore capace di mimetizzarsi nei ruoli a lui congeniali, proprio come è avvenuto anche questa volta. È Gabriele Santoro in maniera totalizzante, si potrebbe dire fisiognomicamente: il suo essere impacciato, impreparato alle armi, pur se abituato all’ambiente in cui ha scelto di vivere, il suo essere quasi invisibile se non ai soli che frequenta (il pokerino saltuario con i pochi amici, i colleghi del conservatorio, gli allievi che riceve in casa), sono tutte caratteristiche che lui sa gestire con grande naturalezza. Un perfetto protagonista in una Napoli da presepe ottocentesco, essendo, quasi l’intero film, girato in interni ma che mostra più volte la malandata facciata ad arcate del vecchio palazzo che invece contiene appartamenti moderni e ristrutturati.

Buon film di Roberto Andò, che, aiutato dalla notevole fotografia di Maurizio Calvesi, come al solito torna girare da romanzi tinti di gialli scritti da lui o da altri, sempre caratterizzati da motivazioni misteriose nell’ambito delle quali si muovono i personaggi. Così come era successo in Le confessioni, Una storia senza nome, Viva la libertà. Silvio Orlando è prodigioso, inquadrato nelle prigioni mentali del curioso personaggio, dalle trattenute movenze teatrali, che non sbaglia un’espressione, sempre tra l’indeciso e il prudente, che però trova lo scatto per cambiare totalmente l’esistenza. Ma è tutto il cast che è notevole, ad iniziare dal su menzionato Gianfelice Imparato alla breve apparizione di Francesco Di Leva, dalla solita lezione di recitazione di Roberto Herlitzka alla melliflua e performante ennesima esibizione di Lino Musella, perfetto nel suo Diego.
Il commento musicale si affida alle più note suonate di pianoforte dei grandi compositori.






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