Il colore dei soldi (1986)
- michemar

- 11 dic
- Tempo di lettura: 3 min

Il colore dei soldi
(The Color of Money) USA 1986 dramma 1h59’
Regia: Martin Scorsese
Soggetto: Walter Tevis (romanzo)
Sceneggiatura: Richard Price
Fotografia: Michael Ballhaus
Montaggio: Thelma Schoonmaker
Musiche: Robbie Robertson
Scenografia: Boris Leven
Costumi: Richard Bruno
Paul Newman: Eddie Felson
Tom Cruise: Vincent Lauria
Mary Elizabeth Mastrantonio: Carmen
Helen Shaver: Janelle
John Turturro: Julian
Bill Cobbs: Orvis
Elizabeth Bracco: Diane
Vito D'Ambrosio: Lou
Keith McCready: Grady Seasons
Grady Mathews: Dud
Forest Whitaker: Amos
Bruce A. Young: Moselle
TRAMA: Eddie Felson ha da tempo appeso la stecca al chiodo, ma gli è rimasto l’occhio clinico e una sera, attorno a un biliardo, vede in azione un ragazzo che potrebbe rinverdire la sua gloria. Il giovane però è rozzo e Eddie si improvvisa maestro, non solo nell’arte di mandare le biglie in buca, ma anche nell’arte, più difficile, di stare al mondo e far quattrini con la propria bravura.
VOTO 6,5

Martin Scorsese affronta un compito davvero singolare e credo mai verificatosi prima e dopo: dare seguito a un classico, ad un film che ha segnato un periodo, un bianco e nero indimenticabile e pietra miliare di un attore importante, come Lo spaccone. Il risultato è un film che funziona bene come racconto autonomo, ma meno come vero sequel. Il mitico (quasi mitologico) “Fast” Eddie Felson interpretato da Paul Newman è ormai un uomo diverso, distante dal giovane ossessionato dal biliardo che avevamo conosciuto venticinque anni prima.

All’inizio Eddie ha abbandonato il tavolo da gioco, si è arricchito vendendo liquori e vive una vita agiata. L’incontro con Vincent Lauria (Tom Cruise), giovane talento arrogante e imprevedibile, e con la sua compagna Carmen (Mary Elizabeth Mastrantonio), riaccende però la passione sopita. Eddie decide di trasformare Vincent in un campione, ma il rapporto tra maestro e allievo si incrina presto: il veterano abbandona il ragazzo, salvo poi ritrovarlo sul palcoscenico di un torneo ad Atlantic City.
Il film non segue i cliché del cinema sportivo, tutt’altro. Scorsese evita lunghe sequenze di gioco e concentra l’attenzione sulle dinamiche tra i personaggi, che è quello che gli interessa veramente. La sceneggiatura di Richard Price, liberamente ispirata al romanzo di Walter Tevis, prende strade molto diverse rispetto al materiale originale, privilegiando il confronto interiore dell’uomo ora più riflessivo piuttosto che la rivalità con Minnesota Fats.
Sul piano interpretativo, Paul Newman offre una prova matura e sfaccettata, tanto da conquistare l’Oscar come miglior attore nel 1987. Molti lo considerarono un riconoscimento alla carriera, ma la sua performance resta intensa e credibile. Tom Cruise, al contrario, appare più superficiale: il suo Vincent è un giovane presuntuoso, efficace come contraltare ma privo di grande profondità. Più interessante la Carmen di Mary Elizabeth Mastrantonio, che aggiunge complessità al triangolo narrativo.
Dal punto di vista produttivo, fu un successo, anche per le attese che il pubblico aveva, almeno richiamato dal film di origine: incassò circa cinque volte il suo costo, attirando spettatori di diverse generazioni grazie alla presenza di Newman e alla popolarità di Cruise, reduce dal trionfo folgorante di Top Gun. Per Martin Scorsese, invece ha un’altra importanza, essendo stato il film più redditizio fino a quel momento, anche se rimane un’opera minore nella sua filmografia, priva delle invenzioni visive tipiche del regista. Perché, se non lo si dice per rispetto dovuto al grande regista, va comunque fatto presente che non è davvero un film “alla Scorsese”.

In definitiva, e va detto, è meno potente di Lo spaccone, ma riesce comunque a stare in piedi da solo, senza bisogno di appoggiarsi al predecessore. È un film sul tempo che passa, sulla trasformazione dei personaggi e sulla possibilità di reinventarsi. Newman, con la sua interpretazione, dà vita a un Eddie Felson segnato dall’età ma ancora capace di sorprendere, e ci invita a riflettere su come cambiamo nel corso di un quarto di secolo. E vorrei anche aggiungere che il film ci fa anche riflettere sulla differente classe interpretativa tra un grandissimo attore e alcuni divi di oggi: non c’è paragone tra Newman e Cruise, che sia chiaro.

Riconoscimenti
Oscar 1987
Miglior attore protagonista a Paul Newman
Candidatura miglior attrice non protagonista a Mary Elizabeth Mastrantonio
Candidatura miglior sceneggiatura non originale
Candidatura miglior scenografia
Golden Globe 1987
Candidatura miglior attore in un film drammatico a Paul Newman
Candidatura miglior attrice non protagonista a Mary Elizabeth Mastrantonio
























Commenti