Lo spaccone (1961)
- michemar

- 30 mag
- Tempo di lettura: 8 min

Lo spaccone
(The Hustler) USA 1961 dramma 2h14’
Regia: Robert Rossen
Soggetto: Walter Tevis (romanzo)
Sceneggiatura: Sidney Carroll, Robert Rossen
Fotografia: Eugen Schüfftan
Montaggio: Dede Allen
Musiche: Kenyon Hopkins
Scenografia: Harry Horner
Costumi: Ruth Morley
Paul Newman: Eddie Felson “lo svelto”
Piper Laurie: Sarah Packard
George C. Scott: Bert Gordon
Jackie Gleason: Minnesota Fats
Vincent Gardenia: barista
Murray Hamilton: Findley
Myron McCormick: Charlie Burns
Stefan Gierasch: Preacher
Jake La Motta: barista
Clifford A. Pellow: Turk
TRAMA: Eddie è un giocatore di biliardo giovane e ambizioso. Riesce a sfidare il grande Minnesota Fats, ma perde. È necessario un lungo e poco onorevole tirocinio nel giro delle scommesse prima di poter rinnovare la sfida. Questa scelta però lo porta a trascurare i sentimenti di Sara. Dopo avere finalmente battuto il migliore di tutti, Eddie prende coscienza di quanto sia caduto in basso per raggiungere il suo scopo.
VOTO 8,5

Il termine spaccone forse rende bene l’idea del carattere del protagonista ma il titolo originale indica meglio quello che lo scrittore Walter Tevis aveva in mente: l’imbroglione. Eddie (Paul Newman) è per tutti “lo sveglio”, un giovanotto che si guadagna da vivere scommettendo sulla propria abilità nel gioco del biliardo, con grandi progetti per guadagnare soldi con le scommesse sfidando facili, per lui, polli da spennare. Ma l’ambizione massima è raggiungere il livello, e quindi battere, il mito del giro, Minnesota Fats, il grasso elegante uomo che è ritenuto invincibile. Un film sportivo, quindi? Solo apparentemente.
Si è spesso pensato, erroneamente, che questo film riguardi il biliardo, che sia semplicemente, un film del genere sportivo. È una deduzione naturale: gran parte dell’azione si svolge infatti nelle sale da biliardo ma in realtà non riguarda quel gioco più di quanto il mitico toro scatenato di Martin Scorsese riguardi la boxe. Il protagonista in effetti è uno squalo del biliardo, ma se lo si trasformasse in un giocatore di poker o in un giocatore di golf, il film si svolgerebbe più o meno allo stesso modo. Il film di Robert Rossen non riguarda tanto gli scontri di Fast Eddie con altri giocatori, quanto la guerra con i suoi demoni e la lotta per diventare un personaggio. Quando il film si apre, lui si guadagna da vivere come imbroglione dell’attrezzo, viaggiando per il paese con il suo mentore e partner, Charlie (Myron McCormick), vincendo piccole somme di denaro in bar e altri locali. Ma desidera qualcosa di più, non solo per fare un gran punteggio di vincite e vittorie, anche per migliorarsi ed essere pronto per le sfide importanti e ricche.
Prima scena, sala da biliardo, grande con molti tavoli, Eddie e Charlie entrano con curiosità in quello che è il tempio del mitico Minnesota Fats, con il proposito di incontrarlo, sfidarlo, battere. Più che clienti ci sono il cassiere e gli inservienti, oltre ai soliti frequentatori e curiosi che normalmente assistono alle partite. Il primo con la sua amata custodia di cuoio con la stecca personale, l’altro una mano nella tasca dei pantaloni, quasi per controllare che ci siano le banconote indispensabili per scommettere. Si guardano intorno, ammirano l’ambiente.
“Che silenzio.”
“Sì, come in chiesa. La Chiesa del Buon Giocatore.”
“A me sembra più un obitorio. I tavoli sembrano lastre di marmo per i cadaveri.”
“Io uscirò vivo da qui.” Ed Eddie accende la prima delle centinaia di sigarette che vedremo fumare nel corso della visione.
Questa è l’atmosfera, questo è il modo di vivere e pensare dello spavaldo giocatore, sorriso stampato e occhi non chiari: trasparenti.
Così riesce ad organizzare un incontro con il leggendario giocatore Minnesota Fats (Jackie Gleason), campione assoluto che non perde un incontro da 15 anni. I due si affrontano in una lunghissima sfida, giorno e notte, con Eddie, che gioca ammirando le prodezze del grande asso (“È come se suonasse il violino”), sommerso in debito profondo, di circa 18.000 dollari. Ma l’ego e l’alcol hanno la meglio su Eddie e lui continua a giocare fino a quando non perde tutte le vincite precedenti accumulate. Quasi ad ogni partita persa, la posta in gioca aumenta fino a scommesse da 1.000 dollari alla volta, prima vincendo per poi, per la voglia di stravincere, perdere tutto e restare quasi al verde, lui e il suo socio.
Abbandonando l’amico nella stanza d’albergo per sbollire la batosta, sportiva e finanziaria, ma soprattutto la delusione, esce e passa la notte nel bar della stazione degli autobus, dove incontra l’altrettanto sradicata Sarah Packard (Piper Laurie). Come l’altro, le manca e non ha dato ancora un senso alla sua vita. Va all’università due giorni alla settimana perché si annoia, poi passa il resto del tempo a bere. Eddie abbandona Charlie e si trasferisce da Sarah. Ma la sua partita con Minnesota Fats non è passata inosservata: un losco personaggio di nome Bert Gordon (George C. Scott) ha visto tutto e vuole che Eddie lavori per lui. Al rifiuto orgoglioso e presuntuoso, l’affarista lo convince sulle difficoltà di lavorare senza un manager. Oltretutto, ora è anche conciato male, con i due pollici fratturati dopo una sera balorda in un bar del porto, giocando per pochi dollari con piccoli criminali arrabbiati per essere caduti nel tranello di aver scommesso contro di lui.
Altro che film sul biliardo! La lotta centrale del film non è semplicemente tra Eddie e Minnesota Fats, anche se i loro scontri occupano buona parte della durata del film, piuttosto si tratta della guerra di Eddie con se stesso e in questi casi, sempre, necessita che la persona impari a proprie spese come raddrizzare la vita, come dare una rinascita e un senso all’esistenza. Deve imparare subendo una dura lezione, non di gioco ma di carattere esistenziale. Come succede anche nello sport quando un potenziale campione non è ancora pronto per il salto definitivo, i saggi spiegano sempre la medesima mancanza ed è ciò che Bert rinfaccia a questo sbandato irrisolto. Commentando, infatti, la prima maratona tra i due talentuosi giocatori, lui nota che Eddie ha il talento per battere l’altro uomo, ma deficita della qualità chiave che, invece, Fats possiede in abbondanza. Il carattere. Per il resto della storia, Eddie è alla ricerca di quella conquista. Ma significa cose diverse a seconda delle persone. Per Bert (e forse anche per Fats), significa istinto omicida, cioè: il tuo avversario sta perdendo? Non mollare, “uccidilo” definitivamente. Quanto volte vediamo partite che paiono aver preso una direzione e poi il risultato si capovolge? Ecco, è il carattere di vero campione che latita!
Altra grave lacuna che lo affligge di cui forse neanche se ne accorge, è l’influenza che subisce sia da Bert che da Sarah. Mentre Bert è un losco individuo il cui unico interesse su Eddie (o chiunque altro) è finanziario, la relazione di Sarah si basa sul bisogno affettivo se non proprio di amore, ma la bassa stima che la donna ha di sé l’ha resa vulnerabile alla depressione e all’alcol, e Bert, vedendola come una rivale per la concentrazione di Eddie, pensa bene di distruggerla. Un commento tagliente, un’osservazione pesante e la donna è presto al limite. Eddie, ignominiosamente ignaro della velenosa corrente tra i due, non capisce la situazione fino a quando non è troppo tardi. Obbiettivamente, lui non è un cattivo diavolo, basti vedere come, lontano dal tavolo da biliardo, sia un individuo perfino simpatico e alla mano, ma se gli metti una stecca in mano diventa un altro. Ossessionato non solo dalla vittoria, ma anche dalla voglia di martellare il suo avversario fino alla sottomissione. E saltano fuori i suoi gravissimi difetti di giocatore: perde la prospettiva, si rifiuta di mollare mentre è in vantaggio e prende decisioni irrazionali. E tante volte si mette nei guai.
I personaggi secondari sono ben sviluppati quanto il protagonista. Bert e Sarah non sono solo persone inserite nella sceneggiatura per dare a Eddie un antagonista e un interesse amoroso, anzi, attraverso la loro eccellente recitazione e la solida scrittura, ottengono lo status di comprimari. Bert, per esempio, è molto più di un gangster da quattro soldi: è un uomo senza sentimenti fino al punto che ha bisogno di dominare e vincere per trovare una ragione di vivere. Il magistrale George C. Scott offre una performance imponente, piena di fuoco e vetriolo. Fu meritatamente nominato all’Oscar come attore non protagonista, non vincendo la statuetta, scatenando una feroce polemica che lo portò a rifiutare 9 anni dopo l’Oscar per Patton, accusando gli Academy Awards di essere gestiti dalla politica. Sarah è un bellissimo personaggio emotivamente complesso. Piper Laurie la interpreta non come un bel viso, ma come una giovane donna profondamente turbata e debole che vede la vita distrutta dalle circostanze in cui incappa venendo a contatto con Bert. Jackie Gleason, che sarà però sempre ricordato come Ralph Kramden della serie TV “The Honeymooners”, interpreta “l’uomo grasso” che è un personaggio imponente che parla più con il corpo che con il resto.
In cima alla piramide c’è lui, Paul Newman. In una pellicola che è solo uno dei tanti film chiave che lo hanno portato ad essere considerato una star di prima grandezza. Rientrando nelle sue corde alla perfezione, è in totale sintonia con il suo personaggio, gioca con la postura, la minima gestualità, esibendo sicurezza spavalda, impostando sguardi e occhiate intorno, per controllare ciò che succede. Durante le scene in cui Eddie è lontano dal tavolo da biliardo, è rilassato e affascinante, ma, nel bel mezzo di una partita, c’è un’ondata di emozioni vulcaniche, presentate insieme a un malcelato senso di impazienza ossessiva. È un personaggio ancora più complesso degli altri e cresce nel corso del film. È l’assoluto padrone del set e dello schermo, sfodera ancora una volta una prova maiuscola, tra le più celebri della sua straordinaria carriera, La lunga estate calda di Martin Ritt (1958), La gatta sul tetto che scotta di Richard Brooks (1958) ed in seguito La dolce ala della giovinezza ancora di Richard Brooks (1962) e soprattutto un film assimilabile a questo: il meraviglioso Hud il selvaggio di Martin Ritt (1963). Ma come si fa a delimitare il meglio dei suoi tanti film? Impossibile.
Il buon Robert Rossen fu uno dei registi presi di mira dal Congresso nelle udienze della Commissione per le attività antiamericane. Dopo un’iniziale resistenza, confessò di essere comunista e nominò altre 57 persone e se non avesse collaborato, questo film non sarebbe stato realizzato. Per fortuna degli spettatori che non sono pratici delle regole del biliardo, ciò non è necessario per apprezzare il film, dal momento che riguarda i personaggi, non il gioco, e tutto ciò che serve davvero può essere appreso guardando la prima partita tra Fast Eddie e Minnesota Fats. In realtà, la maggior parte delle riprese sono state realizzate da Gleason (che era un buon giocatore di biliardo prima dell’inizio delle riprese) e Newman (che ha trascorso numerose ore a esercitarsi). Di tanto in tanto, però, si è reso necessario ricorrere alle abilissime mani di Willie Mosconi, 14 volte campione del mondo di biliardo che ha fatto da consulente tecnico al film.
Il fascino del pubblico per il protagonista fu così grande che Martin Scorsese ne ha girato un sequel con lo stesso Newman (e Tom Cruise) per riportarlo in scena in Il colore dei soldi del 1986, un film certamente inferiore, ma con l’inatteso merito, con 25 anni di ritardo, di attribuire all’attore l’Oscar come miglior interprete. Eppure, per quanto intrigante sia il personaggio nel film di Scorsese, quella rappresentazione cinematografica dello squalo del biliardo impallidisce in confronto a quella presentata nel film di Rossen, uno dei film più avvincenti basati sui personaggi emersi dal decennio degli anni ‘60.
Uno dei tanti romanzi sui losers, un film sui nati perdenti.

Riconoscimenti
Oscar 1962
Migliore fotografia
Migliore scenografia
Candidatura miglior film
Candidatura migliore regia
Candidatura miglior attore protagonista a Paul Newman
Candidatura miglior attrice protagonista a Piper Laurie
Candidatura miglior attore non protagonista a Jackie Gleason
Candidatura miglior attore non protagonista a George C. Scott
Candidatura migliore sceneggiatura non originale
Golden Globe 1962
Candidatura miglior attore in un film drammatico a Paul Newman
Candidatura miglior attore non protagonista a Jackie Gleason
Candidatura miglior attore non protagonista a George C. Scott
BAFTA 1962
Miglior film
Miglior attore straniero a Paul Newman
Candidatura miglior attrice straniera a Piper Laurie














































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