Il diritto di uccidere (2015)
- michemar

- 21 gen 2021
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 1 set

Il diritto di uccidere
(Eye in the Sky) UK, Sudafrica 2015 guerra 1h42'
Regia: Gavin Hood
Sceneggiatura: Guy Hibbert
Fotografia: Haris Zambarloukos
Montaggio: Megan Gill
Musiche: Paul Hepker, Mark Kilian
Scenografia: Johnny Breedt
Costumi: Ruy Filipe
Helen Mirren: col. Katherine Powell
Aaron Paul: ten. Steve Watts
Alan Rickman: gen. Frank Benson
Phoebe Fox: Carrie Gershon
Barkhad Abdi: Jama Farah
Jeremy Northam: Brian Woodale
Babou Ceesay: serg. Mushtaq Saddiq
Iain Glen: James Willett
TRAMA: Il colonnello Katherine Powell, militare dell'intelligence, conduce un'operazione remota con droni per rintracciare i terroristi a Nairobi. Tuttavia, quando si scopre che questi si stanno preparando per una missione suicida, si decide che si deve intervenire in maniera diversa. I problemi sorgono nel momento in cui il pilota Steve Watts vede una bambina di nove anni camminare a destra dell'obiettivo da colpire e chiede ordini sul da fare ai superiori, incluso il ministro degli esteri.
Voto 6,5

Le guerre, nel corso dei secoli, hanno sempre cambiato tecnica ma i cosiddetti effetti collaterali, cioè i danni sulla popolazione civile, sui tesori artistici e via dicendo, sono altresì rimasti identici, nulla è cambiato, anzi sicuramente peggiorato. Gavin Hood ha girato questo film per mettere in risalto, tra le altre cose, i dilemmi di chi deve decidere come quando chi uccidere, facendone un dramma anche umano oltre che morale. E se ci pensiamo bene, nonostante si presenti sotto le vesti di un cinema moderno, è un soggetto pur sempre classico: fin dove può spingersi una decisione quando si è al corrente dei rischi che questa implica? Oggi la guerra si fa anche con i droni e i danni che ne derivano e che vanno oltre gli obiettivi imposti rimangono i medesimi a prescindere da ogni tipo di tattica.

Dice lo stesso Hood: "Da regista, mi attirava il fatto che il film solleva questioni complesse sul ruolo dei droni armati come strumento di esecuzione giudiziaria nei confronti di chiunque sia sospettato di terrorismo o estremismo. La credibilità morale dell'Occidente a seguito degli attacchi via drone è al centro di un acceso dibattito internazionale per via delle inevitabili morti di civili innocenti. I giovani piloti che a distanza comandano le armi sanno che il loro lavoro può comportare il sacrificio di vite umane innocenti. Il cosiddetto danno collaterale è qualcosa di molto tragico, quasi illegale secondo la legge internazionale: i responsabili degli attacchi a distanza possono eventualmente essere considerati come colpevoli di crimini di guerra."
Indubbiamente la domanda e le perplessità del regista sono legittime e aprono un dibattito non semplice.

Nel panorama del cinema bellico, questo è sicuramente un film anomalo e parecchio differente dal solito modulo, tant’è che non si assiste ad assalti preparati da truppe addestrate, a sparatorie con raffiche di fucili automatici, a perdite sul campo, ma diventa una guerra tutta tecnologica, con tanto di satelliti spia, computer, schermi, joystick e software sofisticati, con ufficiali ed operatori specializzati in tuta mimetica ma puliti, con una tazza di caffè sul tavolo mentre decidono e ordinano l’attacco. I risultati? Son sempre gli stessi: morte e distruzione, sicuramente però più mirati e addirittura chirurgici, più ristretti, come se ciò fosse consolatorio. E chissà, forse lo è pure.

Ma una cosa in comune ce l’ha il film rispetto a quelli tradizionali: anche questo è uno dei milioni di film di guerra girati nella storia del cinema che al 99% sono opere di propaganda nazionale e che “noi siamo i buoni e gli altri i cattivi” (com'era la storia dei cowboys e dei pellerossa?). Quel'1% restante è il frutto del lavoro di grandi Maestri del cinema che hanno creato opere proprio per criticare invece l'assurdità della guerra, da Kubrick a Ermanno Olmi.
Buona la prova di Helen Mirren, un’attrice polivalente adatta a mille ruoli, mentre purtroppo il film ci ricorda anche che questa è l’ultima apparizione di Alan Rickman.
Tra i riconoscimenti ci sono 3 premi e 10 candidature





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