Il mio capolavoro (2018)
- michemar

- 12 nov 2020
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 13 nov 2020

Il mio capolavoro
(Mi obra maestra) Argentina/Spagna 2018 commedia 1h40’
Regia: Gastón Duprat
Sceneggiatura: Andrés e Gastón Duprat
Fotografia: Rodrigo Pulpeiro
Montaggio: Anabela Lattanzio
Musiche: Alejandro Kauderer , Emilio Kauderer
Scenografia: Cristina Nigro
Costumi: Luciana e Manuela Marti
Guillermo Francella: Arturo Silva
Luis Brandoni: Renzo Nervi
Raùl Arévalo: Alex
Andrea Frigerio: Dudù
Marìa Soldi: Laurita
Monica Duprat: signor Litvak
Nati Rabinowitz: Lane
Moshe Lobel: Lazer
Lea Kalisch: Adina
Efraim Miller: Hersch
TRAMA: Arturo è il proprietario di una galleria d'arte di Buenos Aires. Attraente, sofisticato e senza scrupoli, rappresenta anche gli interessi di Renzo, un pittore astratto caduto in bassa fortuna. La loro è una relazione d'amore e d'odio: come spesso accade tra galleristi e artisti, non sono d'accordo quasi su nulla e i loro scontri sono leggendari. Arturo ha poi in mente un piano rischioso per cambiare il destino di Renzo ma l'arrivo di Alex, ex aspirante artista e allievo del pittore, rimetterà tutto in discussione.
Voto 7

Parte piano il film di Gastón Duprat, una storia come tante, con un anziano pittore misantropo, Renzo, sufficientemente scorbutico da non voler ricevere nessuno in casa, un’abitazione caotica e disordinata, giusto come ci si può aspettare da un artista solitario. Produce tele in quantità ma che nessuno compra ed è talmente squattrinato che non paga l’affitto da diversi mesi. In casa gironzola, esce e rientra solo una bella giovane ragazza, apparentemente la sua donna, l’unico contrasto che si nota nella vita del pittore data la notevole differenza d’età. A lui si contrappone il gallerista Arturo, amico di vecchia data che oltre a curare le rare vendite dei quadri esposti, lo spinge e lo esorta a dipingere soggetti di più facile gradimento ai pochi estimatori. Ma Renzo è un ribelle naturale, non sopporta lavori su commissione, forte oppositore dei poteri costituiti.

Mentre la vita va avanti faticosamente e con nessuna novità all’orizzonte, l’anziano pittore, messo alle strette economiche, accetta di preparare una grande tela per l’ingresso della sede di un importante imprenditore di origine straniera, occasione che Renzo sfrutta bellamente per esprimere l’ennesima provocazione, causando così la sua morte artistica in modo definitivo, con un repertorio di quadri invenduti che si aggira intorno ad un centinaio, tutte opere accatastate inutilmente. La reazione del suo amico è inevitabile: da garante della qualità del quadro ordinato si è visto strumentalizzato e rovinato nella sua fama di affidabile intenditore d’arte. Il destino, a questo punto, gli offre però lo spunto per un’idea geniale (il vero capolavoro) per così risolvere sia la vita disastrata del suo amico che la sua stessa riabilitazione, soprattutto sul piano finanziario, anche con l’aiuto della gallerista Dudù, sua rivale, ma donna molto potente sul mercato mondiale dell’arte. La sequenza delle trovate sorprendenti e nello stesso tempo divertenti che inizia a questo punto è un susseguirsi che ci accompagna sino al termine del film, senza un attimo di sosta. Colpi di scena su colpi di scena.

È, in buona sostanza, la storia di un'enorme truffa nel mondo dell'arte, e parallelamente, quella dell'amicizia tra i due simpaticissimi protagonisti, Arturo e Renzo. Oltre alla storia intensa e potente legata alle frodi, il lungometraggio riflette indirettamente sulle contraddizioni della creazione artistica, sulle speculazioni che ne derivano ma anche sui limiti dell'amicizia, laddove può vacillare nonostante il buon rapporto instaurato da tempo. La parte divertente del film è essenzialmente basata sulla differenza dei caratteri dei due uomini: Arturo è un gallerista d'arte dai modi ammaliatori, sofisticato e talvolta senza scrupoli (dove annusa l’affare non bada alle scorrettezze necessarie). Esercita la sua professione nel centro di Buenos Aires, città che ama e che lo affascina. Renzo è il contraltare, pittore scontroso, quasi selvaggio, ormai in forte declino. Egli detesta il contatto umano ed è al limite dell'indigenza. Il gallerista e il pittore nonostante siano legati da un'antica amicizia non hanno praticamente nulla in comune. Il fatto di avere mondi e idee diametralmente opposti genera tra i due forti tensioni e discussioni, ma per fortuna le differenze caratteriali e gli scontri ideologici e artistici non riescono a separarli, perché in fondo sono grandi amici e sono pronti a tutto in nome dell'arte e dei soldi.


In due attori Guillermo Francella e Luis Brandoni sono, a dir poco, i formidabili protagonisti/antagonisti del film diretto da Gastón Duprat, che lo ha scritto con il fratello Andrés, che è direttore del Museo delle belle arti di Buenos Aires. Anche L’artista e Il cittadino illustre parlavano di arte (rispettivamente, di pittura e letteratura), del suo mercato e del narcisismo congenito dell’artista, ma questa opera spinge ancora di più sul pedale grottesco, sfruttando la suspense introdotta dall’iniziale confessione in voce off di Arturo (“sono un assassino”), che precede il lungo racconto in flashback dei cinque anni precedenti, dove ai plateali dispetti di Renzo rispondono le prese di posizione di Arturo. Perché, alla fine, il tema vero, ciò che si celebra nella bella sequenza finale, nel campo lungo nella terra dei lama, è quello dell’amicizia, in un buddy movie in piena regola incentrato su una sorta di strana coppia latina. Latina al 100%.
Tra loro si insinuerà un personaggio anomalo a ostacolare il piano diabolico, Alex, tra il tipo hippy e il “buonista” che lavora per le ONG, un ruolo che sorprende non poco essendo interpretato da Raùl Arévalo che ci aveva abituato a ben altri ruoli.
Il cinema argentino non tradisce mai.






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