Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni (2010)
- michemar

- 5 ago 2023
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 25 lug

Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni
(You Will Meet a Tall Dark Stranger) USA, Spagna 2010 commedia 1h38’
Regia: Woody Allen
Sceneggiatura: Woody Allen
Fotografia: Vilmos Zsigmond
Montaggio: Alisa Lepselter
Scenografia: Jim Clay
Costumi: Beatrix Aruna Pasztor
Antonio Banderas: Greg Clemente
Josh Brolin: Roy
Anthony Hopkins: Alfie
Gemma Jones: Helena
Freida Pinto: Dia
Lucy Punch: Charmaine
Naomi Watts: Sally
Anupam Kher: padre di Dia
Roger Ashton-Griffiths: Jonathan
Ewen Bremner: Henry Strangler
Anna Friel: Iris
TRAMA: La fine del matrimonio dei genitori di Sally si concretizza quando il padre di lei va incontro a una crisi di mezza età e sposa d'impulso una prostituta. Nel frattempo, anche il matrimonio della stessa Sally comincia a disintegrarsi.
Voto 6,5

Si era capito da tempo: la produzione annuale di un copione e del relativo film è essenziale per Woody Allen e se, come in questo caso, l’opera non risulta del tutto riuscita - anzi qualche pecca qui e là – non dovremmo lamentarci più di tanto, perché – come ripeto sempre – se i suoi film meno riusciti fossero stati scritti da altri diremmo sicuramente che non sono poi così tanto male. Il vero problema è che da lui ci si aspetta sempre tantissimo, il meglio. Sempre. È sicuramente una pellicola tortuosa, parrebbe senza scopo, quasi banale, ma ha parecchio che somiglia alle altre, sembra in continuità, perché la filosofia di base è semplice, a chi vuole trovarla. Allen contempla ancora una volta l'inutilità dell'esistenza, ma questa volta ha un'idea aggiuntiva, che ha un effetto sulla storia e sulla struttura del suo film. Fondamentalmente, si sta ponendo una domanda: per fare veramente un film sulla futilità essenziale dell'esistenza non è necessario creare un film che è, di per sé, inutile? Azzardata come ipotesi? Forse.
Allen risponde di sì e questo film ne è il risultato. Sta dicendo, in effetti, che forse non è sufficiente essere sensibili all'insensatezza, per rappresentare cose insensate che accadono alle persone comuni o eccentriche che spesso troviamo nei suoi film. Ed infatti, qui, egli rimane fedele al suo concetto lanciando un sacco di punti in sospeso e vicoli ciechi. Il suo obiettivo non è quello di farti uscire pensando: “Ah, sì, forse non c'è ordine morale nell'universo. Molto interessante!" (sembrerebbe una frase detta nella fila quando si entra in un cinema come lui ci ha abituati, come in Manhattan). Il suo obiettivo è piuttosto quello di farti uscire pensando: “Ehi? Che senso aveva questo strano film?”.
Josh Brolin è al centro della scena nei panni di Roy, un romanziere americano a Londra che ha avuto successo e da allora non ha conosciuto altro che fallimenti. Tutto gira sul suo modo di riuscire a scrivere il nuovo romanzo giusto, ma nel frattempo sua moglie Sally (Naomi Watts) gli sta facendo pressione per mettere su famiglia e si lamenta della mancanza di soldi. Un giorno, lui guarda fuori dalla finestra e inizia a fantasticare sulla giovane donna, Dia (Freida Pinto) nell'appartamento dall'altra parte del cortile, che fa pratica con il suo violoncello come ogni pomeriggio. Nel frattempo, Alfie (Anthony Hopkins) interpreta un maturo e bislacco signore di mezza età che, avvertendo il tempo che passa inesorabile, scarica sua moglie Helena (Gemma Jones) e finisce in una relazione con un'avida call girl, Charmaine, una prostituta insomma, una appariscente bionda, alquanto stupida uscita direttamente da altre commedie di Allen, anche se è merito di Lucy Punch, una brava attrice comica, che riesce a portare qualcosa in più dal suo bagaglio. La performance più forte, comunque, giunge dalla Jones nei panni di una donna fragile sul viale del tramonto, anche mentale, che sta trovando conforto nello spiritismo New Age. E non è tutto, perché nel frattempo Sally sviluppa una cotta per il suo affascinante capo gallerista, Greg (Antonio Banderas). Non è un bel miscuglio di caratteri e personaggi che solo dalla fantasia del nostro maestro poteva partorire? Decisamente sì!
Come in Vicky Cristina Barcelona, il mago Woody impiega un narratore fuori campo per facilitare la storia, per condurci, come un Virgilio, nelle menti contorte dei personaggi, nelle loro scelte e nei loro comportamenti imprevedibili. Nel film precedente, che si concentrava su due donne e aveva una qualità da fiaba, questa strategia aveva senso, ma qui - in un film con tanti personaggi, ognuno con la sua storia e le sue fisime - è una stampella. Serve anche ad aggiungere una sorta di ordine all'inutilità che si vuole dimostrare. E così si torna alla riflessione iniziale.
Beh, sì, potremmo considerarla un’opera non minore (mai nel caso di Woody!) ma diciamo secondaria ma che ha la sua importanza (sempre!) perché il suo percorso artistico è fatto e rimarrà per sempre un insieme di piccoli e grandi passi nella storia non solo del cinema ma anche della letteratura del pensiero personale. Paure, fissazioni, ansie, relazioni, vecchiaia, malattie. E amore. Anzi, amori.
That’s Woody!

Una commedia agrodolce dove il confine tra illusione e realtà si dissolve tra amori improbabili, sogni infranti e desideri che sfidano la logica. Nel cuore di Londra, tra sedute spiritiche e passioni segrete, scopri come l’amore può essere tanto assurdo quanto irresistibile. Perché a volte, per essere felici, basta credere anche all’impossibile.






















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