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Indiana Jones e l’ultima crociata (1989)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 9 ago
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 1 set

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Indiana Jones e l’ultima crociata

(Indiana Jones and the Last Crusade) USA 1989 avventura 2h7’

 

Regia: Steven Spielberg

Soggetto: George Lucas, Philip Kaufman (personaggi)

Sceneggiatura: Jeffrey Boam

Fotografia: Douglas Slocombe

Montaggio: Michael Kahn (George Lucas non accreditato)

Musiche: John Williams

Scenografia: Elliot Scott

Costumi: Anthony Powell, Joanna Johnston

 

Harrison Ford: Indiana Jones

Sean Connery: Henry Jones Sr.

Denholm Elliott: Marcus Brody

Alison Doody: Elsa Schneider

John Rhys-Davies: Sallah

Julian Glover: Walter Donovan

Michael Byrne: colonnello Vogel

River Phoenix: Indiana Jones da ragazzo

Alex Hyde-White: Henry Jones Sr. da giovane

Kevork Malikyan: Kazim

Richard Young: Garth (Fedora)

Paul Maxwell: Panama

Robert Eddison: Cavaliere del Graal

 

TRAMA: Durante la ricerca del Santo Graal, il calice che raccolse il sangue di Cristo sulla Croce, il padre di Indiana Jones, archeologo di fama, sparisce. Il figlio parte alla sua ricerca: con una collega tedesca rintraccia a Venezia la tomba di un crociato che gli fornisce preziose indicazioni e ritrova il padre prigioniero dei nazisti in un castello, in Germania.

 

VOTO 7


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Il terzo capitolo della saga non raggiunge le vette del primo film, I predatori dell’Arca perduta, ma riesce a evitare le piccole cadute del secondo, quello del tempio maledetto. È un’avventura che sa divertire, con un tono più leggero e una nuova dinamica familiare che aggiunge profondità: Sean Connery nei panni del padre di Indy è una mossa vincente, che regala momenti comici e toccanti.



Tuttalpiù si verifica un vuoto nel cuore romantico del film, perché la mancanza di Marion (Karen Allen) si fa sentire mentre Elsa Schneider (Alison Doody) non riesce a colmare quel vuoto, né a creare una vera chimica con Harrison Ford. Per questo il lato romantico del film è debole, pur se viene compensato dalla relazione padre-figlio, che diventa il vero cuore emotivo della storia.



Come nel primo film, Indy è sulle tracce di un antico artefatto religioso, questa volta il Santo Graal e ancora una volta i nazisti sono i suoi antagonisti. Curiosamente, Spielberg inizialmente era riluttante a dirigere il film proprio per via dell’associazione del Graal con i Monty Python, ma George Lucas lo convinse a cambiare idea. E in effetti, alcune scene sembrano quasi uscite da quella loro parodia.



Con un prologo da manuale in cui si può notare la maestria del regista e poi si prosegue con un viaggio pieno di tappe, il film si apre con un giovane Indiana interpretato da River Phoenix in una sequenza che spiega origini e paure del personaggio. Poi si passa al 1938, con il protagonista ormai adulto alla ricerca del padre scomparso. Venezia, Germania, deserti e castelli: il viaggio è ricco di tappe e incontri, tra cui il ritorno di vecchi amici come Marcus Brody e Sallah, che aggiungono un tocco nostalgico.



Quella maestria e l’abilità della sceneggiatura di Jeffrey Boam e l’aiuto consistente dei creatori dei personaggi, George Lucas e Philip Kaufman, ricreano ancora creature avventurose e inseguimenti appassionanti, che poi sarebbero il marchio di fabbrica della ditta: ogni film della saga ha le sue creature e sequenze d’azione memorabili. Qui ci sono i topi e un inseguimento con i carri armati che è tra i momenti più spettacolari. Ma ci sono anche fughe in barca, treni in corsa e dirigibili: l’azione non manca mai.



La novità più riuscita è il rapporto tra Indiana Jones e Henry. La sceneggiatura mostra chiaramente quanto lui cerchi l’approvazione del padre e il loro legame si rafforza nel corso del film. Connery, lontano dai suoi giorni da James Bond, è perfetto nel ruolo del genitore burbero ma affettuoso. Harrison Ford, dal canto suo, è sempre impeccabile nel ruolo: il cappello e la frusta sembrano cuciti su di lui mentre Connery aggiunge carisma e ironia. I ritorni di Denholm Elliot e John Rhys-Davies sono graditi, anche se i nuovi arrivati non brillano: Julian Glover è troppo elegante per essere davvero minaccioso, e Alison Doody resta un personaggio piatto.



Il climax del film è forse il suo punto più debole. Troppa spiegazione, meno azione, almeno secondo le forti attese dei tantissimi fans. E poi un epilogo che lascia qualche domanda in sospeso. Ma fa nulla: è il viaggio, più che la destinazione, ciò che rende il film piacevole. Principalmente perché il tono è più leggero rispetto al secondo film, quasi da commedia d’azione. Le battute tra Indy e suo padre funzionano bene e Connery è spesso usato per alleggerire i momenti più seri. Diciamo che qui l’umorismo è meglio dosato: più commedia, meno oscurità.



In sintesi, un’avventura divertente, emozionante e nostalgica, che chiude la trilogia originale con stile. Non è perfetta, ma è piena di cuore, azione e quel tocco magico che solo Indiana Jones sa dare.



Riconoscimenti

Oscar 1990

Miglior montaggio sonoro

Candidatura miglior colonna sonora

Candidatura miglior sonoro

Golden Globe 1990

Candidatura miglior attore non protagonista a Sean Connery

BAFTA 1990

Candidatura miglior attore non protagonista a Sean Connery

Candidatura miglior sonoro

Candidatura migliori effetti speciali



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Il Cinema secondo me,

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