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L.A. Confidential (1997)

L.A. Confidential

USA 1997 poliziesco 2h18’

 

Regia: Curtis Hanson

Soggetto: James Ellroy (romanzo)

Sceneggiatura: Brian Helgeland, Curtis Hanson

Fotografia: Dante Spinotti

Montaggio: Peter Honess

Musiche: Jerry Goldsmith

Scenografia: Jeannine Oppewall

Costumi: Ruth Myers

 

Kevin Spacey: sergente Jack Vincennes

Russell Crowe: agente Bud White

Guy Pearce: tenente Ed Exley

James Cromwell: capitano Dudley Smith

Kim Basinger: Lynn Bracken

Danny DeVito: Sid Hudgens

David Strathairn: Pierce Morehouse Patchett

Ron Rifkin: Ellis Loew

Matt McCoy: Brett Chase

Simon Baker: Matt Reynolds

Graham Beckel: sergente Dick Stensland

Darrell Sandeen: Leland “Buzz” Meeks

Michael McCleery: detective William Carlisle

Tomas Arana: detective Michael Breuning

Michael Chieffo: medico legale

Jeremiah Birkett: Raymond “Sugar Ray” Collins

Symba Smith: Karen

Salim Grant: Louis Fontaine

Paul Guilfoyle: Mickey Cohen

Karr Washington: Ty Jones

John Mahon: capo della polizia

Paolo Seganti: Johnny Stompanato

 

TRAMA: Los Angeles, anni ‘50, due detective molto diversi tra loro si ritrovano a collaborare per risolvere il caso di un massacro compiuto all’interno del locale Nite Owl. Il primo è Ed Exley, ligio al dovere e deciso a fare carriera per eguagliare la fama del padre; il secondo è l’agente Bud White, manesco e solito vendicare le donne che hanno subito violenza. Nel frattempo il sergente Jack Vincennes, che fa da consulente a un programma tv sulla polizia e fornisce soffiate sui divi nei guai a un tabloid, si ritrova alle prese con un caso di omicidio.

 

Voto 8



Il mistero e il fascino di Hollywood negli anni ’50: poliziotti corrotti, morte, doppio gioco e alleanze segrete. In più paparazzi in attesa di ottenere la foto da rivendere bene. Questi sono solo alcuni dei gli elementi che fanno del film di Curtis Hanson uno dei più interessanti noir degli ultimi decenni. Per giunta, con una sceneggiatura che omaggia i film di anni ‘40 e ‘50 e potrebbe anche ricordare ad alcuni spettatori opere dell’arte cinematografica della grande Hollywood in bianco e nero.



È il 1953 e la Città degli Angeli è in preda a un’ondata di violenza senza precedenti, mente molto spesso i poliziotti si girano di spalle per non vedere i crimini. Succede, intanto, che l’arresto di un importante boss mafioso lascia un vuoto di potere che porta (non succede sempre così?) a una guerra per il territorio. Poi arriva, puntuale, il massacro nel regolamento dei conti, notturno, dove sei vittime (tra cui un ex poliziotto) vengono brutalmente uccisi a colpi di arma da fuoco al Night Owl Café. La polizia inizia le indagini di routine ed è più che evidente che non si tratti di un normale omicidio multiplo.



Sul caso si mettono al lavoro tre poliziotti. Il primo, Bud White (Russell Crowe), è un giovane uomo dal fisico e dal carattere, diciamo “muscolosi”, che crede che la violenza risolva quasi tutto ed è disposto a piegare (o addirittura infrangere) le regole per ottenere risultati. Per lui, ogni mezzo è giustificato dall’obiettivo da raggiungere. Il secondo, Jack Vincennes (Kevin Spacey), è il tipo di ufficiale che preferisce i riflettori puntati su di sé, vanitoso, con uno stile di vita sporco e risaputo. È il consulente tecnico di alto profilo della serie TV di successo, Badge of Honor, e ha un accordo clandestino con l’editore Sid Hudgens (Danny DeVito) della rivista “Hush Hush”, uno squallido tabloid che pubblica foto e gossip che mostrano Jack arrestare celebrità in situazioni compromettenti. Infine, c’è Ed Exley (Guy Pearce), un poliziotto che pensa di poter scalare i ranghi senza ricorrere ai metodi rozzi di Bud: il suo idolo ed esempio è suo padre, noto poliziotto. Ovviamente, le tattiche utilizzate da questi tre differiscono notevolmente, ma, man mano che si addentrano nei torbidi misteri della polizia di L.A., diventa chiaro che la loro sopravvivenza dipende anche dal lavorare insieme, o perlomeno coordinati. E, si nota, non è affatto facile.



La differenza fondamentale tra questo film e i numerosi altri più di routine del genere inizia con la sceneggiatura: intelligente, ben studiata e costantemente coinvolgente, a cura di Brian Helgeland e dello stesso regista. Il fedele adattamento del romanzo di James Ellroy è una vera delizia per chiunque veda il cinema come un mezzo sia per l’arte che per l’intrattenimento. Il film è pieno di piccoli colpi di scena, ma non così tanti che la trama possa diventare difficile da seguire. Le sottotrame - e ce ne sono diverse - sono ben sviluppate come la storia principale e anche i personaggi secondari sono presentati in maniera chiara pur se tenuti sullo sfondo.



L’atmosfera è un altro dei punti di forza. Il colore non toglie nulla alla magia dei vecchi noir in bianco e nero e mentre la Los Angeles filmata e raccontata potrebbe non riflettere accuratamente la città reale durante gli anni ‘50, rappresenta tuttavia ciò che ci aspettiamo che Hollywood sia stata, dagli sfarzosi edifici alle donne fatali, fredde ma belle, e agli uomini sicuri e silenziosi. La scenografia contribuisce in maniera fondamentale e si avverte in ogni sequenza. Con una onnipresente tensione, derivata dal momento che si avverte che qualcosa, prima o poi, stia succedendo.



I tre attori protagonisti offrono ottime prestazioni, a cominciare dall’eccellente Kevin Spacey, che, come detto, ha un personaggio presuntuoso e sicuro di sé, dall’aria strafottente, certo di essere intoccabile; il personaggio di Russell Crowe è traboccante di rabbia difficilmente controllata; ed infine quello di Guy Pearce è intrappolato tra la sua ambizione invadente e il suo desiderio di fare la cosa giusta. Ma almeno quest’ultimo ha momenti di dubbi e ragionamenti sensati. È interessante notare inoltre che gli ultimi due attori principali, di questo film chiaramente americano, sono australiani, e per Crowe è una grande opportunità, come anche per l’altro, Pearce, ed entrambi sono da elogiare come abbiano saputo perfezionare il loro accento americano al punto che è praticamente impossibile rilevare differenze. Nel frattempo, gli interpreti di supporto includono nomi di primo piano, come Danny DeVito, James Cromwell nei panni del capo della polizia (personaggio tutto da scoprire) e David Strathairn nei panni di un magnaccia di alta classe, tutti bravissimi, oltre all’affascinante Kim Basinger nei panni della donna dilaniata tra Ed e Bud. A prescindere dalla classe e l’esperienza di interpreti maschili, non si può non elogiare la presenza della bellissima attrice, qui premiata con l’Oscar, che, reduce anni prima dal successo erotico di 9 settimane e ½, viene rilanciata alla grande con un personaggio che è la fotografia della indimenticabile Veronica Lake. Anche e soprattutto perché nella trama c’è quel losco personaggio di Pierce Morehouse Patchett (quello di Strathairn) che costringe le sue prostitute a sottoporsi a operazioni chirurgiche per farle assomigliare alle dive del cinema del momento.



Il film impiega più di due ore per raccontare la sua storia, ma il tempo passa straordinariamente velocemente. Non c’è quasi un momento sprecato in tutto il film, e la perfetta regia di Curtis Hanson (i cui crediti precedenti, tra alti e bassi, includono i notevoli La mano sulla culla e The River Wild - Il fiume della paura) mantiene uno stretto controllo di ogni scena. Straordinaria la fotografia del nostro Dante Spinotti.

Non accade spesso, ma in questa occasione vedere il film è quasi bello come leggere il formidabile romanzo di James Ellroy.



Riconoscimenti

1998 - Premio Oscar

Miglior attrice non protagonista a Kim Basinger

Migliore sceneggiatura non originale

Candidatura miglior film

Candidatura migliore regia

Candidatura migliore fotografia

Candidatura migliore scenografia

Candidatura miglior montaggio

Candidatura miglior sonoro

Candidatura miglior colonna sonora

1998 - Golden Globe

Miglior attrice non protagonista a Kim Basinger

Candidatura miglior film drammatico

Candidatura migliore regia

Candidatura migliore sceneggiatura

Candidatura miglior colonna sonora

1998 - Premio BAFTA

Miglior montaggio

Miglior sonoro

Candidatura miglior film

Candidatura migliore regia

Candidatura miglior attore protagonista a Kevin Spacey

Candidatura miglior attrice protagonista a Kim Basinger

Candidatura migliore sceneggiatura non originale

Candidatura migliore fotografia

Candidatura migliore scenografia

Candidatura migliori costumi

Candidatura miglior trucco

Candidatura miglior colonna sonora



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