L’armata Brancaleone (1966)
- michemar

- 31 ago
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 1 set

L’armata Brancaleone
Italia, Francia, Spagna 1966 avventura/commedia 2h
Regia: Mario Monicelli
Sceneggiatura: Age & Scarpelli, Mario Monicelli
Fotografia: Carlo Di Palma
Montaggio: Ruggero Mastroianni
Musiche: Carlo Rustichelli
Scenografia: Piero Gherardi
Costumi: Piero Gherardi
Vittorio Gassman: Brancaleone da Norcia
Catherine Spaak: Matelda
Folco Lulli: Pecoro
Gian Maria Volonté: Teofilatto dei Leonzi
Maria Grazia Buccella: la vedova
Barbara Steele: Teodora
Enrico Maria Salerno: Zenone
Carlo Pisacane: Zeffirino Abacuc
Ugo Fangareggi: Mangoldo
Luigi Sangiorgi: Taccone
Alfio Caltabiano: Arnolfo Mano-di-ferro
Pippo Starnazza: Piccioni
Fulvia Franco: Luisa
Tito García: Filuccio
Joaquín Díaz: Guccione
Luis Induni: Luigi di Sangi
Carlos Ronda: Enrico di Andrea
Juan C. Carlos: Aldo di Scaraffone
Philippa de la Barre de Nanteuil: Isadora
TRAMA: Un gruppo di ladri ruba una pergamena che concede al suo possessore la proprietà della terra di Aurocastro in Puglia. Eleggono Brancaleone come loro leader e decidono di impossessarsi di questa terra apparentemente ricca.
VOTO 7,5

Nell’XI secolo, durante l’incursione di un esercito di barbari teutonici in un villaggio dell’Italia centrale, un ragazzino di nome Taccone (Luigi Sangiorgi), lo scudiero Mangoldo (Ugo Fangareggi) ed il robusto Pecoro (Folco Lulli) entrano in possesso di una pergamena, scritta da Ottone I il Grande, rubandola a un cavaliere da loro stessi ferito e poi gettato nel torrente ritenendolo morto. L’anziano notaio ebreo Zefirino Abacuc (Carlo Pisacane), che trascina sempre con sé un baule, dà lettura del documento, il quale decreta, al suo legittimo possessore, la signoria sul feudo di Aurocastro in Puglia ed il giuramento di liberare tale feudo dal “nero periglio che viene da lo mare”.
I quattro si mettono alla ricerca di un cavaliere che li possa guidare nell’impresa e incontrano Brancaleone da Norcia (Vittorio Gassman), sedicente nobile cavaliere che, inizialmente riluttante perché impegnato in un torneo dal quale uscirà miseramente sconfitto per colpa del proprio svogliato cavallo Aquilante, accetta di capeggiare la spedizione. Così quel piccolo manipolo di miserabili si mette in marcia. Inizia così l’odissea verso Aurocastro. Incontrano per la prima volta il cavaliere Teofilatto dei Leonzi (Gian Maria Volonté), ne segue un duello, ma né lui né Brancaleone riescono a vincere.
Si può affermare limpidamente che ci troviamo davanti ad una delle migliori commedie in costume di sempre, né più né meno, diretta dallo specialista della commedia all’italiana Mario Monicelli, che può essere vista come un’odissea epica, comica e un po’ surreale attraverso l’alto medioevo. Non nel senso di incomprensibile, ma nell’assurdità degli eventi, nei numerosi personaggi bizzarri e anche in alcune immagini.
Vittorio Gassmann interpreta il suo ruolo con una teatralità assurdamente comica con una particolarità che non è possibile riprodurre nelle versioni doppiate: la lingua. Gli sceneggiatori Age & Scarpelli, assieme al regista, svilupparono un lessico completamente indipendente, composto da diversi dialetti italiani, dal latino tardo romano, dalla lingua volgare degli studenti, legati insieme a una struttura di frasi medievali. Lingua che accompagna, con un umorismo spiazzante, le varie vicissitudini della disomogenea compagnia, che vanno dagli omicidi alle scene più tragicomiche derivate dalla fantasia degli sceneggiatori. Per non parlare del rapporto di amore-odio di Brancaleone con il suo (giallo!) cavallo testardo Dulcinante, somigliante nel nome al Rosinante di Don Chisciotte.
Questo capolavoro è la perfetta sintesi di più generi mescolati con mano intelligente, ironia, invenzioni e un cast in stato di grazia. Infatti, avventura, narrazione (pseudo)storica, invenzioni linguistiche, comicità regalata a mani basse si mescolano fino ad ottenere ciò che di meglio abbiamo fatto in patria in fatto di commedia all’italiana, perché è proprio lì che si va a finire: nella migliore tradizione, dove il grandissimo Mario Monicelli è tra i registi che l’hanno saputa interpretare e mettere in scena.
Come scriveva il critico Gianni Rondolino, fu “il primo esempio primo esempio di film maccheronico tutto costruito sui temi della farsa e del dramma, dell’avventura e della satira, stravolti da una continua invenzione formale, a livello di linguaggio e di stile cinematografico, che fa scaturire dalle immagini e dai dialoghi un’interpretazione grottesca sia nella realtà rappresentata sia nei modi della sua rappresentazione”. Nessuna imitazione o sequel (ne seguì infatti Brancaleone alle crociate) arrivò mai alla pari.
Basti solo un riferimento: tutt’oggi, e per sempre, “armata Brancaleone” è diventata un’espressione idiomatica, la definizione per antonomasia per indicare un gruppo di persone, in qualsiasi campo, male organizzato e senza idee chiare.
"Ora lo duce tuo ti dice, per tuo ammaestramento: sai tu qual sia in questa nera valle la risultanza e il premio di ogni sacrifizio umano? Calci nel deretano!"
Riconoscimenti
Nastro d’Argento 1967
Miglior fotografia
Migliori costumi
Migliori musiche
Candidatura miglior attore protagonista Vittorio Gassman
Candidatura miglior attore non protagonista Enrico Maria Salerno
Candidatura miglior scenografia
Candidatura miglior produttore

































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