I soliti ignoti (1958)
- michemar

- 14 dic 2024
- Tempo di lettura: 3 min

I soliti ignoti
Italia 1958 commedia 1h46’
Regia: Mario Monicelli
Sceneggiatura: Mario Monicelli, Suso Cecchi D’Amico, Age & Scarpelli
Fotografia: Gianni Di Venanzo
Montaggio: Adriana Novelli
Musiche: Piero Umiliani
Scenografia: Piero Gherardi
Costumi: Piero Gherardi
Vittorio Gassman: Giuseppe “Peppe er Pantera” Baiocchi
Marcello Mastroianni: Tiberio Braschi
Renato Salvatori: Mario Angeletti
Totò: Dante Cruciani
Claudia Cardinale: Carmelina Nicosia
Memmo Carotenuto: Cosimo Proietti
Carlo Pisacane: Pierluigi “Capannelle”
Tiberio Murgia: Michele “Ferribotte” Nicosia
Carla Gravina: Nicoletta
TRAMA: Uno sprovveduto e scalcagnato gruppo di ladri ha organizzato un furto in un monte dei pegni romano. Il vecchio ex stalliere Capannelle, il siciliano Ferribotte, il fotografo Tiberio, il mammone Mario e il pugile suonato Peppe prendono lezioni dallo scassinatore Dante. L’azione, nonostante qualche imprevisto, va in porto, ma sfondando il muro sbagliato.
Voto 8

Il film di Mario Monicelli è un capolavoro della commedia italiana che offre molteplici spunti di riflessione nonostante possa sembrare semplicemente una pellicola da cinema umoristico leggero. Prima di tutto risalta, infatti, l’umanità dei personaggi: ogni membro della banda di ladri è caratterizzato da una profonda umanità e vulnerabilità. Nonostante siano dei criminali, da strapazzo ovviamente, il regista riesce a farci empatizzare con loro, mostrando le loro debolezze e aspirazioni. Questo crea un legame emotivo con il pubblico che tifa per loro nonostante le azioni illegali.

Inoltre, il film offre una sottile critica alla società italiana del dopoguerra. I personaggi sono rappresentativi di una classe sociale che lotta per sopravvivere in un contesto economico difficile e la loro scelta di diventare ladri è vista come un atto di disperazione piuttosto che di malvagità.

Monicelli ha un’arma in mano ed è la forza dell’ironia, che utilizza per sottolineare l’assurdità della vita. Nonostante i piani meticolosi della banda, il loro colpo finisce in un fallimento comico. Questo mette in luce l’imprevedibilità della vita e come, nonostante i nostri sforzi, il destino possa giocare brutti scherzi.

L’ultima considerazione da fare riguarda il concetto del “fare gruppo”, non dico proprio comunità (sarebbe eccessivo) ma il fatto di aiutarsi unisce questi personaggi scalcagnati e fallimentari. Difatti, nonostante le differenze, trovano forza e supporto l’uno nell’altro. La loro unione e collaborazione sono ciò che li rende capaci di affrontare le difficoltà, sottolineando l’importanza della solidarietà e dell’amicizia. Anche se nel finale ognuno prende la propria strada, in una scena davvero malinconica e comica nello stesso tempo.

Una cosa certa è che il film ha lasciato un’impronta indelebile nella cultura italiana e internazionale. Ha influenzato numerosi registi e ha contribuito a definire il genere della commedia all’italiana. La sua capacità di mescolare umorismo e dramma lo rende un’opera senza tempo.

La commedia italiana degli anni 50/60 è stata il miglior passatempo per tanti, ma quando la comicità raggiunge questi livelli, questi equilibri tra attori perfetti, soggetto ideale e sceneggiatura irripetibile, allora vuol dire che siamo di fronte al capolavoro della commedia. Questo film, arrivato vicino al Premio Oscar, secondo il mio modesto parere, è praticamente non rifattibile, è l’apoteosi della commedia italiana: a prescindere dai nomi degli attori (Vittorio Gassman e Marcello Mastroianni in pienissima forma), sono le scene che ci sono rimaste immortali. Dalla lectio magistralis di Totò sulla terrazza, alle gag del grande Gassman, fino alle mitiche figure che il regista, maestro unico nel genere, seppe cucire sulle spalle di questi indimenticabili attori, eroi “sfigati” della nostra inimitabile commedia: quelli che oggi il cinema americano chiama “losers”.

Riconoscimenti
Premio Oscar 1959
Candidatura miglior film straniero
Nastro d’argento 1959
Migliore attore protagonista a Vittorio Gassman
Migliore sceneggiatura






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