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L'udienza (1972)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 4 mar 2023
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 1 nov

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L'udienza

Italia, Francia 1972 dramma grottesco 1h52’


Regia: Marco Ferreri

Sceneggiatura: Marco Ferreri, Dante Matelli

Fotografia: Mario Vulpiani

Montaggio: Giuliana Trippa

Musiche: Teo Usuelli

Scenografia: Luciana Vedovelli

Costumi: Lina Nerli Taviani


Enzo Jannacci: Amedeo

Claudia Cardinale: Aiche

Ugo Tognazzi: Aureliano Diaz

Vittorio Gassman: principe Donati

Michel Piccoli: padre Amerin

Alain Cuny: teologo belga

Daniele Dublino: frate Ambrogio

Irene Oberger: suora

Sigelfrido Rossi: Giovanni Rossi


TRAMA: Un uomo, Amedeo, vuole a tutti i costi essere ricevuto in udienza privata dal papa. Inizia così una trafila presso la burocrazia vaticana che lo porterà a contatto con una serie di incredibili personaggi e situazioni paradossali. Inutilmente un commissario della polizia vaticana tenta dapprima di dissuaderlo dal proposito, poi lo aiuta mettendolo in contatto con faccendieri ed esponenti dell'aristocrazia nera, ma sempre inutilmente.


Voto 7


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Amedeo (Enzo Jannacci) si reca in Vaticano per incontrare Papa Paolo VI e le indicazioni date al gruppo di visitatori sono chiare: ascoltate il Santo Padre e se per caso fa una domanda, noi umilmente rispondiamo “Sì Santo Padre” o “No, Santo Padre”, niente di più. Amedeo allora si rivolge a un cardinale a cui spiega che ha bisogno di ottenere un'udienza privata. Ovviamente, a questo punto il prelato lo trascina altrove e lo mette nelle mani della sicurezza. Spogliato nudo e perquisito, Amedeo viene interrogato senza tante cerimonie dal capo della polizia Aureliano Diaz (Ugo Tognazzi), che cerca di capire le motivazioni di quello che viene visto come un semplice provocatore. Le cose sembrano migliorare quando il funzionario scopre che il giovane è un ufficiale e allora lo lascia andar via. Si arrende? Macché! Amedeo torna il giorno dopo ma la sua tessera di ufficiale non gli apre nessuna porta e per due mesi e mezzo si ritrova a vagare nella burocrazia vaticana. Un giorno, mentre vaga in Piazza San Pietro, riecco Diaz che lo accompagna e gli dice che ha deciso di aiutarlo. Gli dà il telefono di Aiche (Claudia Cardinale), la quale potrebbe aiutarlo al suo scopo, spiegandogli che i modi tortuosi a volte sono i più efficaci. Aiche è stata in realtà incaricata da Diaz per scoprire cosa vuole veramente il giovanotto e se rappresenta un pericolo per la sicurezza del Santo Padre. Ma, intenerita dal giovane, gli fa incontrare il principe Donati (Vittorio Gassman), che lo presenta a monsignor Amerin (Michel Piccoli), che lo mette in contatto con i preti riformisti olandesi.


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Più si sa organizzare la macchina tortuosa della burocrazia, più diventa impossibile raggiungere alcuni obiettivi, proprio come succede a questo protagonista. Per dimostrare questo assunto, il più provocatore dei migliori autori del nostro cinema, Marco Ferreri, sceglie la strada di una storia assurda scritta col fidato Dante Matelli con un criterio che potremmo definire kafkiano, come afferma giusto Amedeo. Caratteristica che viene esaltata dal fatto che si scopre, ascoltando i dialoghi, che il protagonista ha trascorso ben due mesi e mezzo a vagare tra un ufficio e l’altro, tra un personaggio e l’altro, uno più straniante dell’altro. Una ellissi. Ferreri, intanto, si prende gioco dello spettatore, facendo correre il tempo più velocemente di quello che pare: lo dimostrano la velocità con cui aumenta la lunghezza dei capelli di Aiche, oppure quando più tardi gli dice di essere incinta e solo dopo pochi minuti di film il bambino è già lì. Il tempo scorre a una velocità pazzesca e possiamo misurarlo solo dall'accumulo dei quaderni in cui Amedeo annota tutti i dettagli della sua ricerca.


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Mettendo da parte la trama grottesca e le osservazioni che verrebbero spontanee, va necessariamente osservato che il regista disegna, in maniera tra il giocoso e la critica feroce, l’italietta in cui viviamo, mostrandocela piccola, burocratizzatissima, egoista. E se Ferreri si esprime ancora una volta come ama, la sorpresa (ma fino ad un certo punto) è l’attore che sceglie: Enzo Jannacci è il più perfetto Amedeo che si potrebbe mai immaginare. Con la sua aria surreale, suggestivamente sopra le nuvole, che spiega le cose più assurde come se fossero normali, il cantautore/dottore/artista trova una casa perfetta per esprimere il suo spirito. Una scelta felice, per un personaggio che è “in preda a un profondo travaglio spirituale”, che ha da dire urgentemente delle cose al Papa. Ma cosa? Beh, non lo sapremo mai. Ed è giusto così, altrimenti sarebbe un film (quasi) normale.


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Un cast di prim’ordine che recita un copione i cui dialoghi sono da annotare a futura memoria: “Metti giù quell’alabarda, tedesco, il Medioevo è finito.” “Senti questo fado, voce profonda del Portogallo, della cristianità... che pathos... lo stesso pathos l’abbiamo sentito un giorno dal papa a Fatima... i pellegrini... le voci nella notte... i veli... spettacolo di amore e di morte.

E la bellissima Claudia Cardinale, perché? perché basta il suo cognome per farla entrare di diritto nel film.


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Dissacrante? Ma no! È il cinema di Marco Ferreri, è un cinema che pare slabbrato ed invece è sano come un pesce, che ci dice che il Potere è sempre forte e inavvicinabile, qualunque esso sia. È cinema dello sconforto, disse una volta un critico.

Film micidiale e divertente proprio perché pungente.


Riconoscimenti

Festival di Berlino 1972

Premio FIPRESCI

Globo d’Oro 1972

Miglior regista



 
 
 

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Il Cinema secondo me,

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