La ballata di Cable Hogue (1970)
- michemar

- 16 gen 2023
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 29 mag 2023

La ballata di Cable Hogue
(The Ballad of Cable Hogue) USA 1970 western 2h1’
Regia: Sam Peckinpah
Sceneggiatura: John Crawford, Edmund Penney
Fotografia: Lucien Ballard
Montaggio: Lou Lombardo, Frank Santillo
Musiche: Jerry Goldsmith
Scenografia: Leroy Coleman
Costumi: Robert Fletcher
Jason Robards: Cable Hogue
Stella Stevens: Hildy
David Warner: Joshua Duncan Sloan
Strother Martin: Bowen
L.Q. Jones: Taggart
Slim Pickens: Ben Fairchild
Peter Whitney: Cushing
R.G. Armstrong: Quittner
Gene Evans: Clete
William Mims: Jensen
Kathleen Freeman: Mrs. Jensen
Susan O'Connell: Claudia
Vaughn Taylor: Powell
James Anderson: pastore
TRAMA: Abbandonato in mezzo al deserto mezzo morto, senza viveri né soldi dai due compari Bowen e Taggart, l'anziano cercatore d'oro Cable Hogue sopravvive miracolosamente grazie all'imprevisto ritrovamento di una sorgente d'acqua. Adibita la sorgente a stazione per le diligenze di passaggio, Hogue scopre che l'affare rende meglio dell'oro. Fa amicizia con il vagabondo Joshua e si innamora della prostituta Hildy. Così, quando tre anni dopo i compari tornano per derubarlo di nuovo, è pronto a consumare la sua vendetta.
Voto 7

L’anno successivo alla realizzazione della sua opera più amata e nota, l’inimitabile Mucchio selvaggio, Sam “Blood” Peckinpah tirò fuori dal cilindro quello che non pare un suo film, che capovolse completamente le aspettative e le caratteristiche che tutti attendevano ancora da lui. Pur sempre un western ma così anomalo e con elementi fuori da schemi classici “suoi” che si stenta a credere che lo abbia realizzato proprio lui. Anzi, sfrontato e ribelle com’era, affermava sempre che questo era il suo film preferito tra quelli da lui firmati. Ma tu vai a vedere! E ci si potrebbe anche credere perché se il suo maggior successo è senz’altro un cult, questo lo è diventato per come appunto è uscito dai soliti binari, dal suo cinema cruento e violento, in quanto permeato di umorismo e romanticismo, proprio lì dove meno te lo aspetti. E mica per niente è una ballata!

Segna la fine del West, è l’inizio anche del New Western: se nel primo gli Stati erano solo dei territori e non istituzioni e la legge e l’ordine che tanto attirano la mentalità americana, in quei tempi erano lontani giorni di cavallo, gli sceriffi erano di vario genere e la legalità era solo un’idea vaga. Le persone venivano uccise facilmente e per i motivi più banali. Adesso stava arrivando il progresso, la ferrovia, le strade, le automobili e un mondo finiva, assieme a Cable Hogue, che muore nella maniera più assurda e che lui non avrebbe mai immaginato.

Cable Hogue è un cercatore d’oro, abbastanza meschino e con una particolare relazione con Dio. Dopo che i suoi compagni di disgrazia lo hanno derubato e lasciato senza acqua nel deserto convinti che sia morto, egli striscia per chilometri attraverso la sabbia e i rifiuti e alla fine si rivolge esausto al cielo chiedendo (o imponendo?) un ultimatum: Dio, fammi trovare l’acqua. E Dio lo ascolta. Ora è un buon uomo d'affari e crea immediatamente un pozzo d'acqua sul posto, addirittura una fiorente stazione di ristoro per il passaggio delle diligenze e dei carri, trovandosi, questo strano e fortuito posto, a metà strada tra due grandi cittadine e sul tragitto di transito. Con il passare del tempo, fa una buonissima fortuna, altro che oro, e senza volerlo egli ha sviluppato forse il primo modello di motel del West.

Durante il primo periodo, la sua profonda antipatia per i preti non gli impedisce di stringere amicizia con il dubbio reverendo Joshua Duncan Sloane (un divertente David Warner) che, dotato di un pratico collare reversibile, padroneggia sia i piaceri mondani che i compiti spirituali, e infine, contro ogni pregiudizio e risentimento borghese, nulla può impedirgli di amare la prostituta Hildy (Stella Stevens), per la quale vuole fare anche il sacrificio più grande: trasferirsi nell'odiata città. Intanto non ha mai dimenticato cosa gli hanno fatto i suoi amici ed ora aspetta il momento agognato per vendicarsi. E lo farà nella maniera più spietata.

Il film è pieno di scene da gustare, girate con destrezza e divertimento: Cable intrappola i suoi vecchi nemici in un buco e lancia loro serpenti a sonagli; Hildy fa il bagno e lui la strofina in uno dei momenti più teneri e mai pensabili da un regista come Peckinpah; il predicatore presiede uno dei funerali più sinceri che si possano immaginare. Ma ciò che rende il film piacevole e divertente, oltre la mano del regista e la buona sceneggiatura, sono le interpretazioni di Jason Robards e Stella Stevens. Per l’attore è, tra i tantissimi film che ha girato (formidabile nel meraviglioso Magnolia), uno di migliori personaggi che gli siano capitati, forse secondo solo all’indimenticabile Cheyenne di Sergio Leone. Solo pochi elementi ricordano i più noti film di Sam Peckinpah, probabilmente solo l'iguana che è stata fatta a pezzi all'inizio mostra la sua propensione per le rappresentazioni scioccanti ed esplicite di violenza. Altrimenti se la cava quasi senza le solite brutalità, ricorre persino all'umorismo, il che è abbastanza sorprendente per lui. Sebbene non tutte le battute finali siano di buon gusto, anche gli intermezzi slapstick sembrano esagerati, nel complesso la presentazione ironica dell'argomento è davvero sorprendente per uno come lui e da ciò che ci si potrebbe attendere.


Questo tardo western conduce ad un finale sorprendente, allorquando il protagonista muore investito da un’auto e con lui muore il vecchio West dei cavalli e delle diligenze: se Peckinpah aveva portato all’estremo quel mondo ora lui stesso lo seppellisce con il suo piccolo e anonimo eroe. Erano anni in cui il pubblico abbandonava il genere e le produzioni e i registi erano sempre meno interessati al cliché. È la fine di una storia ma anche della Storia che sta conoscendo il capitalismo che anche questo personaggio aveva portato involontariamente a costruire, un po’ come il finale struggente di C'era una volta il West con l’arrivo della via ferrata mentre Claudia Cardinale porta brocche d’acqua agli operai sudati e affaticati che stendono i binari.

Film che senza retorica rende perfino romantica, pur se con una storia come tante, la fine di una grande epoca celebrata per decenni dal cinema tramite uno dei tantissimi personaggi che hanno allargato i confini delle terre polverose e disabitate, delle vendette personali e dei pionieri. E dei poveri nativi emarginati perfino al di là di quei confini.
Un Sam Peckinpah differente ma tutto da godere nella sua originalità, presente anche in un’opera così lontana dal suo cinema personale.






Commenti