Midsommar - Il villaggio dei dannati (2019)
- michemar

- 4 mar 2020
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 7 ago

Midsommar - Il villaggio dei dannati
(Midsommar) USA/Svezia 2019 horror 2h28’
Regia: Ari Aster
Sceneggiatura: Ari Aster
Fotografia: Pawel Pogorzelski
Montaggio: Lucian Johnston
Musiche: The Haxan Cloak
Scenografia: Henrik Svensson
Costumi: Andrea Flesch
Florence Pugh: Dani Ardor
Jack Reynor: Christian Hughes
William Jackson Harper: Josh
Vilhelm Blomgren: Pelle
Will Poulter: Mark
Ellora Torchia: Connie
Archie Madekwe: Simon
Gunnel Fred: Siv
Isabelle Grill: Maja
Julia Ragnarsson: Inga
Mats Blomgren: Odd
Hampus Hallberg: Ingemar
Liv Mjönes: Ulla
Louise Peterhoff: Hanna
Björn Andrésen: Dan
Dag Andersson: Sven
TRAMA: Una coppia giunge in Svezia per far visita a un amico che vive in un villaggio di campagna. L'idea è quella di passare con lui la tradizionale festa di mezza estate che si celebra sul posto. Quella che doveva essere una vacanza paradisiaca si trasformerà presto in una violenta e curiosa competizione per via di un culto pagano.
Voto 7

Dopo averlo visto non ne avevo scritto nulla e speravo di non farlo mai. E sapete perché? Ero semplicemente sconcertato, non sapevo cosa pensarne, in un primo momento mi aveva affascinato ma durante la visione (è un film lungo!) ho provato stanchezza (brutto segno!), l’ho trovato prolisso, ridondante, riducibile, insistente. In certi momenti noia. Poi ho scoperto il vero motivo. È, credo, il film che ha fatto e fa discutere tanto, dividendo la critica ufficiale, quella dilettantesca e quella degli spettatori: chi di qui e chi di là. Osanna e imprecazioni. Poi ho scoperto che i difetti, gli eccessi, gli autocompiacimenti, le lungaggini sono proprio volute, il testardo Ari Aster, al suo secondo lungo (mai meno di due ore) horror ha proprio calcato volontariamente la mano. E forse adesso ridacchia pure, sentendoci parlare in maniera così variegata del film.

Eppure, è un’opera che risucchia dentro di sé lo spettatore, meglio se ignaro, perché così lo sorprende meglio, lo cuoce a fuoco lento. Certo, ogni horror che si rispetti inizia come una fiaba piacevole, quando poi vira verso il genere ci si trova dentro e buonanotte. Anche questo film inizia come un una delle tante commedie che riguardano una coppia non perfettamente affiatata e che cerca (ecco il solito pretesto) uno diversivo a seguito di un evento luttuoso e si avvia per un viaggio di svago e divertimento. E puntualmente ecco la trappola infernale, un mondo a sé, una comune grottesca, nessuna possibilità di fuga se non al prezzo di ritrovare in qualche maniera il cadavere. Eppure. è un’opera che affascina, specialmente se non ci si distacca con obiettività.

Natura multicolore, vegetazione che calma gli occhi, pace interiore, sesso esteriore, sguardi amichevoli che quando stai capendo dove sei capitata (lo scrivo al femminile, il motivo c’è, è lei, Dani, la testimone e la protagonista e la dea diventata) diventano sorrisi minacciosi, architetture simil-gotiche, abiti pratici, abbigliamento floreale, chiese pagane, stalle orrorifiche, dormitori promiscui. Visto quanti elementi? (sicuramente ne mancano ancora): ebbene, credo che l’abilità di Ari Aster sia giusto lì, nel concertarli ad arte, nel coordinarli e non fare confusione. Ma il risultato, non so se cercato e voluto o solo involontario, è il caos, o meglio il Regno del Caos, quindi perfettamente accettato dalla popolazione del villaggio composta da sudditi inebetiti e compiaciuti. Che non è dei dannati (quello è il titolo italiano), al massimo è degli autodannati, degli autoreclusi, i quali - come insegna qualsiasi religione - se rispetti i comandamenti sei accettato e fai parte della “gioia”, altrimenti sarai condannato: qui, subito, sulla Terra, nel villaggio, non nell’aldilà come le altre fedi. Il grottesco surreale è che è prevista anche una scadenza di età. È più di una trappola: è un mondo ristretto e lontano dalla civiltà che conosciamo.


Bello il film? Brutto? Insopportabile? Meraviglioso? Dipende, ma vederlo è un’avventura da provare, la sufficienza del giudizio finale è una media di tutto. Il regista ha le idee chiare, e che piacciano o no è secondario. Cosa ho amato di più? Facile: Florence Pugh! È tanto tempo che l’ho adocchiata e scrissi immediatamente che è formidabile (ma guai a non sentirla in originale! se ne perderebbe quasi tutto il talento!): forte, determinata, sensuale, voce potente, sa porsi al centro della scena. Non vi siete accorti che nello strombazzato Piccole donne (recensione) è quella che si è mangiate tutte? Ma per capire meglio chi è Florence cercate di rintracciare il sorprendente Lady Macbeth (recensione) e poi ne parliamo. Lei ha un futuro radioso e arriverà presto ai massimi premi, l’importante è che le diano i giusti film, anche molto impegnativi, per lei non ci sono problemi. Perfino diventare da spaventata ospite della festa di Midsommar (di mezza estate) a regina assoluta di tutte le stagioni.
In totale, il film ha raccolto consensi dappertutto, vincendo 27 premi e ben 74 candidature.





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