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After Yang (2021)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 30 nov 2022
  • Tempo di lettura: 6 min

Aggiornamento: 8 giu 2023


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After Yang

USA 2021 fantascienza 1h36’


Regia: Kogonada

Sceneggiatura: Kogonada

Fotografia: Benjamin Loeb

Montaggio: Kogonada

Musiche: Aska Matsumiya, Ryūichi Sakamoto

Scenografia: Alexandra Schaller

Costumi: Arjun Bhasin


Colin Farrell: Jake

Jodie Turner-Smith: Kyra

Justin H. Min: Yang

Malea Emma Tjandrawidjaja: Mika

Sarita Choudhury: Cleo

Ritchie Coster: Russ

Clifton Collins Jr.: George

Haley Lu Richardson: Ada

Ava DeMary: Vicky

Brett Dier: Aaron


TRAMA: Quando il miglior amico di sua figlia, l'androide Yang, si rompe, Jake cerca di ripararlo. Così facendo, scopre parti della sua vita che gli sfuggono. Ciò si trasformerà per lui in un'opportunità per rafforzare il legame con la moglie e la figlia.


Voto 7

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In un futuro prossimo, gli androidi hanno sembianze umane e vivono al fianco degli esseri umani, facendo loro da aiutanti. Nella famiglia di Jake (Colin Farrell), che vive con la moglie Kyra (Jodie Turner-Smith) e la loro figlia Mika, c’è anche una intelligenza artificiale di nome Yang a cui tutti loro sono affezionati, in particolar modo la piccola di casa. Quando Yang smette di funzionare correttamente, Jake cerca ogni modo per farlo riparare. Durante questo processo, scopre che la vita gli sta passando davanti, riconnettendosi così con sua moglie e sua figlia e ponendosi domande nuove sull’amore e la perdita.

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Il cinema di fantascienza ha sempre prospettato il futuro con diversi tipi di intelligenze artificiali in giro per la casa ma raramente si è potuto godere di un esemplare come questo, dotato di un programma installato che lo mette in condizione non solo di essere il solito servizievole attrezzo ma di dispensare saggezze in ogni occasione di dialogo con i tre abitanti di quella casa così futuristica. Il compito di questo robot, che i tecnici ma soprattutto coloro che, come la paziente conservatrice Cleo, cercano di dare loro una casa-museo dove conservarli perfettamente prima che si deteriorino fino a decomporsi, chiamano technosapiens. Un termine che spiega molto bene la conoscenza di tematiche intelligenti e umanizzate che li fa comportare educatamente e colloquiare con competenza su tutti ti tipi di argomenti. Come si ha modo di osservare, l’esemplare che gira per la casa di Jake, Myra e la piccola Mika (figlia adottiva di origini cinesi) è talmente gentile, preparato (quindi ben programmato) e socievole che tutti si sono affezionati fino a considerarlo il quarto componente della famiglia ma è addirittura la bambina che lo ritiene essenziale per la sua pur breve esistenza: è in pratica il suo babysitter ma lei lo considera un fratello maggiore. Tanto che, quando un giorno l’androide perde prima qualche colpo e poi si ferma completamente, Mika ne resta malissimo e perde la voglia di continuare ad andare a scuola, a compiere i soliti atti della vita quotidiana, a giocare, lo rimpiange sempre e lo reclama, essendo stato portato da suo padre ad un tecnico che lo possa riparare. Un legame insostituibile.

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Non è facile per Jake – che gestisce un negozio di foglie di tè molto pregiate - trovare il riparatore giusto, principalmente perché scopre che, avendolo comprato non nuovo e non da un negozio esclusivo ma troppo caro, quindi un modello “rigenerato”, dalla famiglia da cui proveniva era già stato acquistato di seconda mano. In altri termini era Yang era stato più volte riadattato in opera per compiere il lavoro per cui era stato costruito e ora, evidentemente, stava giungendo alla fine del suo ciclo. Bene sarebbe stato averlo comprato presso Brothers & Sisters, invece che dal rivenditore a cui si era rivolto. Aveva preferito un androide di questo tipo al posto dei cloni, come in tante altre case, essendo rimasto probabilmente deluso da un’esperienza precedente non positiva. Adesso invece erano tutti contentissimi del loro Yang. Ma ora, purtroppo, la riparazione era molto difficoltosa perché non erano danneggiate parti sostituibili ma solo il cuore centrale del sofisticato meccanismo informatico, un ricambio impossibile, fino al punto che Russ, il riparatore, gli consiglia di acquistarne un altro, ma che sicuramente Mika avrebbe rifiutato.

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In questa occasione l’uomo scopre un particolare inquietante: gli androidi contengono al loro interno una memoria sofisticata e segreta, con cui registrano, seppur per pochi secondi al giorno, tutto ciò che avviene intorno a loro, registrando quindi tanti eventi privati delle famiglie dove prestano il servizio. La Memory Bank La tanto desiderata e delicata privacy, com’è giusto che sia, quindi, è raggirata e chissà quanti segreti della famiglia ha archiviato abusivamente. Tesi confermata dalla gentile, e premurosa nei riguardi del corpo dei robot dismessi, Cleo, che gli dice che la parte rovinata è, in realtà, la banca della memoria di Yang e gli consiglia di trovare una soluzione differente affinché le consegni il malandato che sarà degnamente custodito, prima che cominci a decomporsi e diventi uno scheletro macabro ben lontano dalla bellezza estetica che aveva quando era perfettamente funzionante. La memoria del robot diventa l’ossessione di Jake, che vuol sapere di più su quello che vi è registrato ma è anche incuriosito sulla parte di vita dell’androide che non conosce. Ed è così che viene a conoscenza del legame che univa il suo technosapiens a Ada, una bella ragazza che aveva conosciuto in un locale, ragazza che lui riesce, non senza qualche difficoltà, a conoscere e scoprire che è un clone.

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L’assenza ormai inevitabile di Yang diventa l’essenza del film, evolve i sensibili rapporti tra i tre componenti della famiglia, portando l’uomo a considerare meglio il suo ruolo e gli affetti alquanto trascurati negli ultimi tempi tra lui e la moglie, ma soprattutto tra lui e la figlia adottiva, a riflettere più approfonditamente sulla sua esistenza e la sua presenza in famiglia. Per questi motivi si avvicina di più alla moglie e si rende più utile umanamente alla figlioletta. Ma non è solo il lato affettivo che il film tocca così delicatamente; i problemi veri che va ad affrontare è il nostro rapporto con le apparecchiature elettroniche e la scienza al servizio dell’uomo. Viviamo già nell’era in cui ci troviamo immersi totalmente nel mondo tecnologico, con gli occhi perennemente sul tablet o lo smartphone, con gli spyware che accumulano i comportamenti e le scelte di ognuno di noi, con gli ordini che diamo ai piccoli congegni piazzati nelle stanze per accendere il televisore o le luci, scegliere la musica, farci ricordare di acquistare i prodotti esauriti. Apparecchiature inventate per servirci ma che ci hanno ridotti a loro schiavi, di cui non sappiamo più fare a meno. Ora che Jake ha scoperto quanto di lui e dei suoi familiari conosce l’ospite, ha paura: a chi servono questi dati? chi sfrutterà quelle informazioni? E poi, non ultimo, per via del rapporto Yang/Ada, l’intelligenza artificiale ha emozioni? Quale futuro ci attende? Siamo già sovrastati dalla tecnologia?

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Un film completamente stilizzato dalla regia spiazzante di Kogonada, l’ambientazione sorprendente e futuristica, le inquadrature paralizzanti, le trattenute espressioni, i lenti movimenti di macchina e di scena. Con una fotografia ammirevole che ci immerge in case di acciaio, legno e cristalli e la vegetazione rigogliosa così verde da accecare. Un film pienamente orientale, nel senso migliore del termine estetico e poetico, dove il silenzio e il suono ovattato predomina la vita delle persone e delle compagnie programmate. I bellissimi dialoghi, solo apparentemente ermetici, sono colti, intelligenti, essenziali e trattenuti, dove si ha paura di trasmettere emotività, sentimento che invece Jake scopre importante e confortante, guardando ad un futuro meno freddo e più accostante. Film a cui assistere con estrema attenzione, pena giudicarlo monotono ed inutile, che è un errore. Perché perdere qualcosa (“Non c’è nessun qualcosa senza il nulla” dice Yang) può servire sicuramente a recuperare qualcos’altro di più importante per la vita di un essere umano. A tutto ciò è utile e funzionale il bellissimo arrangiamento musicale di Aska Matsumiya, per Mitski (cantautrice statunitense, nata in Giappone) che ripropone il brano Glide, diventato famoso con il film di Shunji Iwai All About Lily Chou-Chou, perfettamente incastrato nelle immagini. Per non parlare dell’immancabile e necessario contributo di Ryūichi Sakamoto, autore del tema originale Memory Bank. Attraverso il suo ritratto silenzioso di perdita e recupero, il film del sorprendente sudcoreano Kogonada (noto per Columbus) ci sussurra una potente favola su un domani fin troppo presente in cui le persone sono più intime con la tecnologia che con la propria famiglia. Ci si chiede cosa significhi essere umani in un mondo pieno di tecnologia tramite questo dramma pensieroso che suona come un mistero silenzioso, cercando di comprendere non solo il suo protagonista umano ma le basi più profonde di tutte le connessioni sociali.

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Eccellente la regia, ottimo l’ormai maturo Colin Farrell e notevole la recitazione di Jodie Turner-Smith, la cui notevole presenza fisica viene vieppiù apprezzata nel cinema e nelle serie TV.

Dalla Memory Bank un colloquio tra Kyra e Yang: Lei “Le farfalle mi piacciono.” L’altro “Lo sai che erano uno dei soggetti preferiti dell'arte cinese di metà 800? I cinesi adorano le farfalle. C'è anche una fiaba su due amanti morti col cuore spezzato che rinascono come farfalle. Inoltre, il filosofo cinese Lao-Tze una volta disse ‘Ciò che il bruco chiama fine, il resto del mondo chiama farfalla’.”



 
 
 

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