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Miracolo a Milano (1951)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 18 ott 2022
  • Tempo di lettura: 2 min

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Miracolo a Milano

Italia 1951 dramma fantasy 1h37’


Regia: Vittorio De Sica

Soggetto: Cesare Zavattini (romanzo)

Sceneggiatura: Cesare Zavattini, Vittorio De Sica, Suso Cecchi D'Amico, Mario Chiari, Adolfo Franci

Fotografia: G. R. Aldo

Montaggio: Eraldo Da Roma

Musiche: Alessandro Cicognini

Scenografia: Guido Fiorini

Costumi: Mario Chiari


Emma Gramatica: Lolotta

Francesco Golisano: Totò

Paolo Stoppa: Rappi

Guglielmo Barnabò: Mobbi

Brunella Bovo: Edvige

Anna Carena: Marta

Alba Arnova: la statua che prende vita

Flora Cambi: l'innamorata infelice

Virgilio Riento: il sergente delle guardie

Arturo Bragaglia: Alfredo

Erminio Spalla: Gaetano

Riccardo Bertazzolo: l'atleta

Angelo Prioli: il comandante in prima

Francesco Rissone: il comandante in seconda


TRAMA: Il piccolo Totò finisce in orfanotrofio dopo la morte di Lolotta che, dopo averlo trovato sotto un cavolo, lo aveva preso con sé. Una volta cresciuto riesce a difendere miracolosamente, anche grazie all'intervento dello spirito della sua defunta madrina, un gruppo di poveri che abitano una zona della periferia di Milano vittime delle manovre di uno speculatore senza scrupoli.


Voto 7,5

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Ispirato a Totò il buono (1940) di Cesare Zavattini, è una favola sociale sugli "angeli matti e poveri" delle baracche ai margini di Milano che, minacciati di sfratto da un avido industriale, organizzano un'azione di resistenza, animata dall'orfano Totò, che solo un miracolo fa trionfare.

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Raccontava il figlio del regista, Manuel De Sica, che dopo Ladri di biciclette, il padre e Zavattini non vollero ripetersi con un altro film drammatico. Vittorio De Sica decise infatti di omaggiare il compagno d’arte traendo un film da un suo libro che trattava la condizione umana sotto forma di una favola ferocemente satirica. Il debutto del film colse tutti di sorpresa, perché dopo l’impressionante effetto che l’opera precedente aveva suscitato nel pubblico e nella critica, si era probabilmente creata l’aspettativa di un ulteriore sviluppo di quel tipo di osservazione drammatica dell’esistenza.

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La grandezza di Vittorio De Sica si affermò ancora una volta con la capacità di descrivere personaggi ordinari in modo straordinario. In questo film, come in tutti gli altri, seppe trasferire negli interpreti non professionisti la capacità di rendere il mondo fantastico immaginato da Zavattini. E, soprattutto, seppe utilizzare alla loro istintiva naturalezza con la professionalità degli attori veri che stavano sul set, a cominciare dal grande Paolo Stoppa.

Una lezione di come si possa rappresentare la lotta di classe usando l’utopia e la fantasia poetica.



 
 
 

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