Neruda (2016)
- michemar

- 17 ott 2022
- Tempo di lettura: 4 min

Neruda
Cile/Argentina/Francia/Spagna/USA 2016 dramma biografico 1h47’
Regia: Pablo Larraín
Sceneggiatura: Guillermo Calderón, Nazareno Obregón Nieva
Fotografia: Sergio Armstrong
Montaggio: Hervé Schneid
Musiche: Federico Jusid
Scenografia: Estefanía Larraín
Costumi: Muriel Parra
Luis Gnecco: Pablo Neruda
Gael García Bernal: Oscar Peluchonneau
Alfredo Castro: Gabriel González Videla
Mercedes Morán: Delia del Carril
Pablo Derqui: Víctor Pey
Michael Silva: Álvaro Jara
Jaime Vadell: Arturo Alessandri Palma
Diego Muñoz: Martínez
Marcelo Alonso: Pepe Rodríguez
Alejandro Goic: Jorge Bellet
Victor Montero: Rubén Azócar
Francisco Reyes: Bianchi
Emilio Gutiérrez Caba: Pablo Picasso
TRAMA: Nel 1948 il clima della Guerra Fredda raggiunge il Cile. Durante un appassionato discorso al Congresso, il senatore Pablo Neruda, poeta e comunista, critica il governo. Il presidente Varela lo rimuove immediatamente dal suo incarico e delega il suo arresto a Oscar Peluchonneau, un ispettore della polizia. Neruda e la moglie, la pittrice Delia del Carril, falliscono il loro tentativo di fuga dal Cile e sono costretti a nascondersi. Con Peluchonneau alle costole, il clandestino Neruda completa la stesura di Canto General e si dedica a escursioni notturne segrete. La storia della caccia al poeta in breve giunge in Europa, dove gli artisti guidati da Pablo Picasso fanno sentire la loro voce per la libertà di Neruda.
Voto 6,5

Il regista Pablo Larraín, nato a Santiago del Cile, ci porta nel 1948 del suo Paese, quando il governo di Gabriel Gonzalez Videla, eletto anche grazie alla sinistra, sceglie di abbracciare la politica statunitense e condannare il comunismo alla clandestinità. Pablo Neruda (Luis Gnecco), poeta, senatore e massima personalità artistica del Paese, diventa il ricercato numero uno. E, alla fine, sceglie l'esilio anziché il carcere, ma deve fare i conti con l'ostinato e ottuso Oscar Peluchonneau (Gael Garcia Bernal), l'ispettore di polizia che Videla sguinzaglia contro di lui. Il Neruda che il regista sceglie di costruire per lo schermo e mostrarlo al mondo è un personaggio particolare che non è detto in partenza che sia molto fedele a ciò che in realtà era stato e ha anche giustificato questa scelta. È un uomo corpulento che ama la vita, compreso cibo e bordelli, comunista per convinzione, invidiato dai colleghi, una sorta di mito vivente con il quale tutto il Cile, quello comunista e quello anticomunista si confrontava. Insomma, un privilegiato che insegue il suo sogno di cambiare il mondo non senza vanità personale e tic tutti suoi. Ma, a dir tutta la verità (almeno secondo il film) anche un comunista-borghese, abituato bene, nella sua casa piena di cose belle e con una seconda moglie, Delia Del Carril (Mercedes Morán) pittrice, artista come lui e forse più di lui.

Il lato veramente particolare di questo film, scritto magistralmente da Guillermo Calderón, è che dà l’idea di essere un po' tutto un teatrino: è una biografia poetica, non vorrei dire onirica ma quasi, come se fosse scritta dallo stesso protagonista (qui alquanto eccentrico, quindi non sembri strano che paia scritta da se stesso), dove ogni personaggio è macchietta, è ridicolizzato, specialmente nel personaggio dello stolido e presuntuoso commissario Oscar Peluchonneau, che, chiuso nella sua stupidità, assurge al ruolo di coprotagonista, trovandosi tronfiamente in una storia più grande di lui. È proprio questo personaggio, ossessionato dal poeta e dalle sue composizioni, che fa da voce narrante. In questi momenti drammatici Neruda riesce comunque a essere ispirato e a redigere la celebre raccolta di poesie “Canto General”. In Europa la caccia al poeta diventa leggenda: questo uomo braccato è un mito per molti, a partire da un gruppo di artisti, capitanati da Pablo Picasso, che reclamano la sua libertà. Il poeta capisce che può diventare un simbolo per la democrazia e capisce che la vera sfida è con il commissario: quindi lo sfida e l’altro ci casca, vive male gli indizi appositamente lasciati. La situazione vista da fuori sembra come uno spioncino da cui si osserva una partita nella quale Neruda è la resistenza e Peluchoenneau è l'oppressore.

Per realizzare il film in questa maniera, Pablo Larraín segue perciò un filone allegorico pur restando sempre in un ambito realistico e attendibile, anche per rendere più evidente il suo disprezzo per il clima politico di quegli anni. I motivi di queste scelte sono spiegati dallo stesso regista, che con il film interrompe le opere dedicate al suo Paese (Fuga, Tony Manero, Post Mortem, No - I giorni dell'arcobaleno, Il club) per passare a biopic importanti (Jackie, Spencer): “Trenta anni prima di Allende c'era un mondo modernista, un'altra logica. Era un Paese che soffriva per la repressione, ma anche un Paese capace di sognare. Neruda era un uomo amante della cucina, un bravo cuoco, appassionato di vino, donne, un diplomatico e anche un cultore del genere poliziesco. Poi era ovviamente anche un senatore del partito comunista. E, infine, un personaggio che ancora oggi in Cile, sta nell'aria, nella terra e una persona che io mi porto addosso nel sangue, nei capelli. La mia è un'opera sulla devastazione dell'anima di un popolo. Il Cile sognava un mondo che non si è mai concretizzato. Quando Neruda ha vinto il Nobel, ha dichiarato di non sapere se quei due anni di fuga li avesse sognati, scritti o vissuti. E questa è la chiave. Il film non è incentrato sulla figura di Neruda, ma sul cosmo nerudiano, sul suo universo”.
Tutte da godere poi le interpretazioni di Luis Gnecco e del poliziotto Gael García Bernal.
Ma attenzione: è un film politico. Molto politico!




















































Commenti