Profondo rosso (1975)
- michemar
- 6 giorni fa
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Profondo rosso
Italia 1975 horror 2h7’
Regia: Dario Argento
Sceneggiatura: Dario Argento, Bernardino Zapponi
Fotografia: Luigi Kuveiller
Montaggio: Franco Fraticelli
Musiche: Giorgio Gaslini, Goblin
Scenografia: Giuseppe Bassan
Costumi: Elena Mannini
David Hemmings: Marcus Daly
Daria Nicolodi: Gianna Brezzi
Gabriele Lavia: Carlo
Clara Calamai: madre di Carlo
Macha Méril: Helga Ulmann
Glauco Mauri: professor Giordani
Eros Pagni: commissario Calcabrini
Giuliana Calandra: Amanda Righetti
Geraldine Hooper: Massimo Ricci
Piero Mazzinghi: Mario Bardi
Furio Meniconi: Rodi
Nicoletta Elmi: Olga
Liana Del Balzo: Elvira
TRAMA: Marc Daly, un giovane pianista, è testimone dell’omicidio di una parapsicologa, ma non sa individuare l’assassino. Si mette a indagare per conto proprio, aiutato dall’amica Gianna, ma ben presto la situazione si fa intricatissima: tutte le persone che potrebbero aiutarlo nella soluzione del mistero rimangono vittime dell’efferato killer.
VOTO 7,5

Durante una conferenza sul paranormale in un teatro, la sensitiva tedesca Helga Ulmann percepisce la presenza di un omicida tra il pubblico e, spaventata, è costretta a interrompere la seduta. Impaurita, dice a un collega, lo psichiatra Giordani, organizzatore della serata, di sapere chi è la persona da lei percepita. La scoperta le sarà però fatale in quanto quella sera il killer, che era rimasto nascosto nel teatro e aveva ascoltato le parole della sensitiva nascosto tra le tende del teatro, entra in casa sua e la uccide brutalmente dopo averla colpita diverse volte con una mannaia. L’assassinio è preceduto dalla registrazione di un’inquietante ninna nanna per bambini, di cui la stessa sensitiva aveva fatto menzione durante la conferenza.
Questi sono i primi minuti di un film che cambiò totalmente il linguaggio del genere horror in Italia. Il giovane ed interessante regista Dario Argento veniva sì da una breve serie di eccellenti horror come L’uccello dalle piume di cristallo (1970), Il gatto a nove code (1971), 4 mosche di velluto grigio (1971), ma con questo exploit si affermò definitivamente come leader nella specialità di thriller sanguinolento e pieno di suspence. Un po’ la trama e un po’ l’architettura degli edifici, dei monumenti e delle strade deserte hanno costituito le caratteristiche principali di ciò che oggi riteniamo un vero capolavoro del cinema italiano specializzato nel genere. Non è ancora horror puro ma quel suo cinema comincia da quel momento a diventarlo.
Il protagonista è interpretato da David Hemmings - attore inglese che si era fatto conoscere una decina d’anni prima come il fotografo di Antonioni in Blow-up - nel ruolo del pianista jazz Marc Daly, che abita nello stesso stabile di quella Helga, che, attirato dalla misteriosa vicenda, comincia con enormi difficoltà a mettere assieme i tanti particolari per ricostruire l’accaduto, mentre la scia di sangue continua senza sosta.
Come nei film meglio riusciti, il connubio tra immagini e commento musicale diventò immediatamente vincente: se si guardano solo alcune scene, subito vengono in mente le note del brano dei Goblin e, viceversa, basta ascoltare le note ed immediatamente tornano in mente le immagini, ormai inscindibili. Fu la fortuna di entrambi, film e musica, autore e musicisti: atmosfera inquietante, regia audace e colonne sonore iconiche.
Le curiosità relative alla produzione del film sono tante e conosciute. Eccone alcune, davvero singolari.
L’attore inizialmente scelto per interpretare Marc Daly era Lino Capolicchio. Tuttavia, un grave incidente gli impedì di partecipare alle riprese. Dopo l’incidente, Dario Argento voleva aspettare il suo recupero, ma Capolicchio si ritirò. David Hemmings fu quindi scelto e il film ebbe un grande successo. Più tardi, Capolicchio trovò la sua copia della sceneggiatura macchiata di sangue nell’auto distrutta. Successivamente, fu contattato da Pupi Avati per recitare in "La casa dalle finestre che ridono". L’horror era nel suo destino?
Il film avrebbe dovuto intitolarsi La tigre dai denti di sciabola, per dare continuità alla trilogia degli animali. Un altro titolo considerato per il film è stato Chipsiomega, unendo le ultime tre lettere dell’alfabeto greco [Χ (Chi), Ψ (Psi) e Ω (Omega)]. Inoltre, in Giappone, fu distribuito come Suspiria - Part 2, dopo il successo di Suspiria (1977). Una versione della colonna sonora del film include nel booklet una sinossi originaria con personaggi e sviluppi non presenti nella pellicola. Profondo rosso è anche il nome di uno store fondato da Argento nel 1989, i cui sotterranei ospitano il Museo degli Orrori, dove sono esposti materiali utilizzati dal regista in alcuni suoi set.
La stampa del tempo non lesinò critiche, anche ragionate, persino da parte dei più noti giornalisti del ramo, ma nel tempo, grazie al successo enorme al botteghino, il film è diventato qualcosa che va anche oltre il cult: oggi è per tutti il miglior esempio, tanto da influenzare il genere a venire.

Quella testa di bambolotto, quella ninnananna, non fanno paura ancora adesso, che lo conosciamo bene? Paura, eh?
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