Quel maledetto treno blindato (1979)
- michemar

- 15 ott
- Tempo di lettura: 2 min

Quel maledetto treno blindato
Italia 1979 guerra 1h39’
Regia: Enzo G. Castellari
Sceneggiatura: Sandro Continenza, Sergio Grieco, Franco Marotta, Romano Migliorini, Laura Toscano
Fotografia: Giovanni Bergamini
Montaggio: Gianfranco Amicucci
Musiche: Francesco de Masi
Scenografia: Pier Luigi Basile, Aurelio Crugnola
Costumi: Ugo Pericoli
Bo Svenson: tenente Yeager
Peter Hooten: Tony
Fred Williamson: Lou Canfield
Michael Pergolani: Nick Colasanti
Jackie Basehart: Burt Basehart
Ian Bannen: colonnello Buckner
Raimund Harmstorf: Adolf
Michel Constantin: Veronique
Debra Berger: Nicole
Flavio Andreini: caporale
Manfred Freyberger: ufficiale SS della colonna
Donald O’Brien: maggiore SS al castello
Mauro Vestri: partigiano francese
Massimo Vanni: partigiano francese
Mike Morris: colonnello Hauser
TRAMA: Alcuni militari americani di stanza nelle Ardenne hanno un conto in sospeso con la giustizia. Approfittando di un bombardamento che disperde il plotone, cercano di raggiungere il confine svizzero. A loro si unisce presto un tedesco disertore, ma gli eventi li portano a sostituirsi a una pattuglia speciale di soldati americani incaricati di neutralizzare un treno blindato che trasporta materiale di enorme importanza strategica.
VOTO 6,5

In un’Europa devastata dalla Seconda Guerra Mondiale, cinque soldati americani condannati per crimini militari fuggono durante un bombardamento e si ritrovano, loro malgrado, a incarnare un’eroica missione contro le forze naziste. Ma non aspettiamoci la retorica patriottica o il rigore storico: è un film che sfreccia fuori dai binari del war movie convenzionale, con la stessa furia anarchica dei suoi protagonisti.


Enzo G. Castellari, maestro del cinema di genere, costruisce un’opera che mescola western, azione e pulp ante litteram. Il titolo originale inglese, Inglorious Bastards, è già una dichiarazione programmatica, perché questi bastardi non sono eroi per vocazione, ma per necessità, e il loro cammino è segnato da sangue, polvere e ironia. La regia è difatti muscolare, dinamica, con un uso audace del montaggio e della macchina da presa. Il regista gioca con gli stereotipi del cinema bellico americano, li rovescia e li sporca, creando un’estetica che anticipa Tarantino di decenni. Non a caso, Quentin Tarantino lo omaggerà esplicitamente nel suo Bastardi senza gloria, riprendendone il titolo pensato inizialmente, come anche lo spirito e lo stile ribelle.


Il cast internazionale incarna con carisma la mascolinità ruvida e disillusa di questi antieroi. Non c’è spazio per sentimentalismi: la guerra è un caos da attraversare con furbizia, rabbia e un pizzico di follia. La colonna sonora, firmata da Francesco De Masi, alterna marce belliche a temi più lirici, contribuendo a quell’atmosfera da fumetto sporco e vibrante. E il treno blindato, più che un oggetto narrativo, diventa simbolo di un destino da sabotare. È l’epica sporca della resistenza secondo Castellari.


Attenzione: è un film che non cerca la verità storica, ma la verità comoda per un film che deve dare spettacolo e quindi: corpi che esplodono, paesaggi, dialoghi secco, taglienti e adatti allo scopo. È diventato un cult non catalogabile, spunto e riferimento filosofico per il cinema esplosivo di Quentin Tarantino.


Riconoscimenti? A Castellari non credo proprio che interessassero: è cinema per le nostre sale degli anni Settanta, quando si riempivano facilmente soprattutto nei fine settimana.





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