Regalo di Natale (1986)
- michemar

- 2 giorni fa
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Regalo di Natale
Italia 1986 dramma 1h41’
Regia: Pupi Avati
Sceneggiatura: Pupi Avati
Fotografia: Pasquale Rachini
Montaggio: Amedeo Salfa
Musiche: Riz Ortolani
Scenografia: Giuseppe Pirrotta
Costumi: Maria Teresa Venturini, Raffaele Curi
Diego Abatantuono: Franco Mattioli
Carlo Delle Piane: Antonio Santelia
Gianni Cavina: Ugo Bondi
Alessandro Haber: Gabriele Bagnoli
George Eastman: Stefano Bertoni
Kristina Sevieri: Martina
Gianna Piaz: Adriana
Ferdinando Orlandi: assistente
Rossella Como: amica
TRAMA: Quattro amici di vecchia data si ritrovano la notte di Natale per una partita di poker, che si rivela ben presto tutt’altro che amichevole.
VOTO 7,5

Metti, una sera particolare, cinque personaggi, cinque pseudo-amici che si danno appuntamento per una partita di poker che è più un regolamento di conti che altro, approfittando anche dell’invito ad un avvocato che è ben noto per le sue pesanti perdite al gioco. Ognuno di loro, ottimamente scritti dalla sceneggiatura dello stesso regista Pupi Avati, ha un carattere che li distingue dagli altri.

Il primo è Franco Mattioli, interpretato da Diego Abatantuono, un manipolatore elegante, capace di leggere gli altri come carte scoperte, dal fascino ambiguo, cortese, affabile, ma sempre con un secondo fine. Vive di strategie psicologiche: ogni parola è una mossa, ogni silenzio un bluff. Lo si può definire il vero perno della partita e della serata, un uomo che ha fatto della seduzione mentale la sua professione.

Poi c’è Ugo Cavara (Carlo Delle Piane), apparentemente duro ma internamente fragile. Si trascina addosso un senso di fallimento che lo rende suscettibile, rancoroso, ma anche sorprendentemente umano. È il più allo scoperto del gruppo: non sa bluffare, non sa mentire bene, non sa proteggersi e la sua rabbia è un modo per non mostrare la delusione verso sé stesso.

Se si osserva bene Stefano Bertoni (Gianni Cavina) si deduce che è il più razionale, il più adulto del tavolo. Ha un carattere pragmatico, quasi da contabile: osserva, calcola, pesa. Un uomo che ha rinunciato ai sogni e si è rifugiato nella gestione del quotidiano e sa usare la calma come forma di autodifesa da quando, coscientemente, non vuole più farsi male.

Ecco poi Gabriele Laganà (Alessandro Haber). Impulsivo, emotivo, sempre sopra le righe, vive di entusiasmi e crolli, senza equilibrio. Per questo, forse, è il più vero, nel bene e nel male e non sa trattenersi, non sa fingere, non sa giocare sporco. Va a finire che la sua fragilità emotiva lo rende tenero e pericoloso allo stesso tempo.

Ed infine l’avvocato Santelia (George Eastman), una figura esterna, quasi estranea al contesto, un’ombra che osserva. Ha un carattere freddo, professionale, impenetrabile. È il simbolo del potere che non si espone e quindi parla poco, giudica molto, dotato di una particolarità: la sua presenza altera gli equilibri senza mai intervenire direttamente.

Ed eccoli qui riuniti, la notte della Vigilia di Natale, amici di vecchia data, che decidono, di nascosto delle rispettive famiglie, di riunirsi in una villa per giocare a poker. Alla partita è stato invitato un misterioso e danaroso industriale, l’avvocato Antonio Santelia. Lele è un perdente nato; Ugo, separato da una moglie che non vede mai, così come i quattro figli, è uno sfortunato venditore di articoli per la casa; Stefano è un istruttore di ginnastica in sospetto di omosessualità; Franco è oppresso dai creditori. Si cominciano subito a giocare forti somme: immediatamente si delineano i due veri antagonisti, l’avvocato Santelia e Franco.

I caratteri prima descritti si riflettono perfettamente nel loro modo di giocare. Durante la lunga notte, che lunga sarà, Franco tiene il controllo del tavolo fin dall’inizio: parla poco, osserva molto e usa ogni ricordo o frase per mettere gli altri in difficoltà. Ugo arriva con il desiderio di batterlo, ma finisce per lottare soprattutto contro la propria frustrazione: si agita, si arrabbia, si scopre troppo, e Franco ne approfitta. Stefano prova a mantenere la calma e a tenere insieme il gruppo, ma capisce presto che quella non è solo una partita: è un regolamento di conti, che rischia di far saltare vecchi equilibri. Gabriele è il più emotivo: passa dal ridere al crollo in un attimo, e questa instabilità rende tutto più teso, perché basta poco per far degenerare la situazione. L’avvocato, che non fa parte del loro passato, osserva in silenzio e rende l’atmosfera ancora più pesante: la sua presenza fa capire che ciò che succede al tavolo ha un peso reale. Così la partita diventa un modo per tirare fuori rancori, ferite e verità nascoste, più che per vincere con le carte.

Un film più che mai psicologico, dove il tavolo verde, per il regista, è solo un modo per squarciare una notte di duelli mentali ed esistenziali e si dipana lentamente mentre Avati riesce in un gioco non facile: quello di far coinvolgere il pubblico con un lavoro sottile di scrittura e direzione degli attori, che, anche mediante i primi piani, alla fine conosceremo uno ad uno.

Attori superlativi su cui primeggia il buon Carlo Delle Piane, che, come sappiamo bene, è stato il modello di interprete su cui Avati ha costruito buona parte della sua produzione.

Riconoscimenti
Mostra di Venezia 1986
Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile a Carlo Delle Piane
David di Donatello 1987
Migliore brano originale
Miglior suono
Candidatura al miglior film
Candidatura alla miglior regia
Candidatura al miglior produttore
Candidatura alla miglior sceneggiatura
Candidatura al miglior attore protagonista a Diego Abatantuono
Candidatura al miglior musicista
Candidatura al miglior montatore
Nastro d’Argento 1987
Migliore attore non protagonista a Diego Abatantuono
Candidatura al regista del miglior film
Candidatura alla miglior sceneggiatura
Qui l’intero film






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