Ritratto di famiglia (2022)
- michemar
- 19 ore fa
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Ritratto di famiglia
(Les miens) Francia 2022 dramma 1h25’
Regia: Roschdy Zem
Sceneggiatura: Roschdy Zem, Maïwenn
Fotografia: Julien Poupard
Montaggio: Pierre Deschamps
Musiche: Maxence Dussère
Scenografia: Rabeir Ourak
Costumi: Hyat Luzspinski
Sami Bouajila: Moussa
Maïwenn: Emma
Roschdy Zem: Ryad
Rachid Bouchareb: Salah
Meriem Serbah: Samia
Abel Jafri: Adil
Nina Zem: Nesrine
Carl Malapa: Amir
Lila Fernandez: Lila
Anaïde Rozam: Anna
Farida Ouchani: Zohra
TRAMA: Moussa è sempre stato gentile, altruista e presente per la sua famiglia. A differenza del fratello Ryad, noto giornalista televisivo che viene criticato per il suo egoismo da chi lo circonda.
VOTO 6,5

Moussa (Sami Bouajila) è il direttore di un reparto presso un’impresa finanziaria molto stimato ed efficiente, un uomo gentile, padre e affezionato devoto a tutti i familiari che lo stimano come punto di riferimento affidabile. Divorziato, si è risposato con una donna marocchina che però è rientrata da un anno in patria e non risponde più alle sue accorate telefonate. Capendo che il rapporto ha preso una fine inaspettata, deluso e rammaricato decide di svuotare gli armadi dei suoi effetti personali e li fa regalare a chi ne ha bisogno. Di carattere opposto, il fratello Ryad (Roschdy Zem) presenta un programma televisivo dedicato al calcio, costantemente preso dal suo lavoro e poco disponibile con la numerosa famiglia fatta da fratelli, sorelle, figli, cognate, i quali lo rimproverano per il suo egocentrismo.
Una sera, mentre festeggiava il compleanno di un dipendente, invitato da una collega che mostra attrazione, Moussa cade misteriosamente dopo il party (alcol? pasticche? una brevissima sequenza pare rivelatrice) e batte violentemente la testa. Lo ritrova profondamente addormentato sul divano di casa la sorella Samia, una donna iperattiva sempre a disposizione del nucleo numeroso, che, preoccupata dal fatto che non riesce a far rinvenire il fratello, chiama il pronto soccorso e il medico diagnostica un trauma cranico con commozione cerebrale: un bernoccolo sulla fronte ma un trauma sulla nuca. Cosa è successo? Nessun testimone e lui non parla, non reagisce. Dorme e basta. Ore, giorni. Con le prime cure migliora appena ma ciò che sconvolge la famiglia è che la sua personalità è cambiata completamente.
Se prima era gentile, disponibile, educato, rispettoso, ora critica violentemente la devota sorella e ognuno che gli sta vicino per stimolare il suo “ritorno”. Come risvegliatosi dopo un periodo di benevole menzogne, ora è scatenato in una serie di sincerità sconcertanti, ma offensive per i cari. Non ne risparmia uno. La povera Samia, costantemente sollecitata da chi le sta intorno, ma a volte anche un po’ invasiva per troppo affetto, si ritrova a litigare con gli altri. L’uomo, che ricorda vagamente le cose dette e accettate in precedenza, litiga anche con sua figlia Nesrine, i cui studi in Canada ora trova troppo costosi, e suo figlio Amir, novax, no Big Pharma, complottista, forse persino terrapiattista, con cui viene addirittura alle mani. È arrabbiato anche con Samia e suo fratello Salah che hanno donato i vestiti della moglie marocchina a un ente di beneficenza, anche se inizialmente aveva dato il suo consenso. Le sue esplosioni di rabbia seminano discordia all’interno della famiglia, soprattutto perché Ryad è d’accordo con Moussa.
Quando i miglioramenti sono evidenti ma non sufficienti, ma la maretta familiare è ancora in profonda agitazione, il giornalista approfitta di un viaggio lavorativo per portare con sé Moussa a trascorrere qualche giorno in Normandia. Le condizioni di questi migliorarono ancora di più, tanto da accettare il fallimento del suo matrimonio e decidere di avviare le pratiche del divorzio, ormai atteso dalla moglie che solo così si fa viva online per la pratica burocratica presso una notaia. La calma dopo la tremenda tempesta è finalmente in arrivo e la famiglia trova gradualmente un nuovo e antico equilibrio.
Ancora un film corale, stavolta caratterizzato dalla forte mentalità e tradizione dei tanti maghrebini francesi di seconda, terza e forse quarta generazione, che si riuniscono amabilmente sempre in tanti attorno ad una tavola imbandita di ogni bendidio e lì discutono, scherzano e, come succede qui, litigano furiosamente dal momento di quell’accidente che nessuno sa spiegare. Si amano ma ognuno ha il suo carattere e la bella e fitta sceneggiatura dei dialoghi, firmata dal regista Roschdy Zem e dalla bravissima Maïwenn, che qui interpreta la donna di Ryad in un rapporto che si sta rovinando per via del modo antipatico dell’uomo, ci concede la possibilità di conoscere da vicino tutti uno per uno, spingendo lo spettatore a farsi coinvolgere e a parteggiare per l’uno o per l’altra.
Come reazione personale, mi capita in queste occasioni di ritrovare l’armonia – anche agitata – della mia famiglia meridionale, che trovo così simile alle persone che sono emigrate da quel Nordafrica in Francia e qui fotografate da Zem con passione e dedizione. Marocchini e pugliesi come me, uniti da passionalità e melodramma, gioia di stare assieme e tavole con tante pietanze. Ci sarà senz’altro chi si annoierà per le tante parole che scorrono tra i parenti franco-marocchini ma il pubblico che si farà partecipe sarà coinvolto emotivamente ed ogni svolta diventa un cambio di speranza. Volersi bene vuol dire spesso dirsele in faccia e dopo, rasserenati, tutto torna come prima. Anzi, nel nostro caso, il piccolo ed umano miracolo avviene felicemente a dimostrazione che, quando ci si aiuta, tutto va per il verso giusto.
La morale che se ne ricava va anche più in là, diventando una lezione di umanità e fratellanza, di amore familiare. Il miracolo è che, se serviva uno sforzo da parte di tutti per rendersi utili ai fini della guarigione dell’infermità di Moussa, è proprio questi che, pur avendo scatenato involontariamente le polemiche, ha fatto risvegliare la disponibilità nel fratello egoista, che non solo se lo porta in giro per fargli respirare aria nuova ma fa anche lui il “rientro” come ci si aspettava dal malato. A dimostrazione che far del bene fa sentire bene e si avverte dentro di sé la soddisfazione di sentirsi utili, ci si sente migliori e con un umore che trasmette serenità ai vicini.

Non è un film memorabile ma il buono e prolifico Roschdy Zem (cresciuto in una baraccopoli di Nanterre), che conosce bene l’ambiente e la gente dei suoi avi, descrive con sapienza quel mondo e la sua mentalità, ma soprattutto diventa direttore di un coro che recita a dovere, con naturalezza, con una camera a mano che si muove agile tra i personaggi facendoci vivere in mezzo a loro, che mangiano con gusto e sorrisi le loro tante pietanze, masticando e parlando come gente comune come si è, non con i finti pranzi mai masticati solitamente sulle scene di cinema. Vederli riuniti e uniti alla fine del film riempie il cuore.

Bravi tutti, un applauso a Roschdy Zem (al secolo Roschdy Zamzem, in omaggio a Rouchdi Abaza [1926-1980], un carismatico attore egiziano) e alla bellissima Maïwenn che seguo sempre con interesse. Perché hanno saputo mescolare gli ingredienti della loro gente: sceneggiatura, interpretazione, ritmo, umorismo, tristezza, ferocia e solidarietà, un “insieme” che fa collante dove, in fondo, ci si vuol bene davvero, come in una famiglia forte e compatta, nonostante la sincerità spiazzante che viene fuori dalla bocca di uno che ha battuto la testa e gli scappano le verità.

Da evidenziare l’aspetto autobiografico dell’opera: l’attore e regista si è ispirato a un incidente accaduto a suo fratello per firmare Les miens (che bel titolo!), cronaca familiare agrodolce che esplora i legami, le dinamiche interne e le tensioni tra i membri, con uno sguardo critico sulla società moderna e le relazioni interpersonali. Si dice spesso che la realtà supera la finzione, ed è vero che regolarmente gli scenari sembrano così assurdi che faremmo fatica a crederci se non trovassero la loro fonte nella vita reale. Basti immaginare che nel maggio 2020, alla fine del lockdown, l’autore venne a sapere che suo fratello era stato vittima di un incidente e che, in seguito a un forte colpo alla testa, aveva perso ogni inibizione ed all’improvviso raccontò ai suoi cari le sue verità.
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