Rob Peace (2024)
- michemar

- 26 set
- Tempo di lettura: 4 min

Rob Peace
USA 2024 dramma biografico 2h
Regia: Chiwetel Ejiofor
Soggetto: Jeff Hobbs (libro)
Sceneggiatura: Chiwetel Ejiofor
Fotografia: Ksenia Sereda
Montaggio: Masahiro Hirakubo
Musiche: Jeff Russo
Scenografia: Dina Goldman
Costumi: Deirdra Elizabeth Govan
Jay Will: Rob Peace
Chiwetel Ejiofor: Skeet
Mary J. Blige: Jackie
Camila Cabello: Naya Vazquez
Michael Kelly: Padre Edwin Leahy
Curtis Morlaye: Tavarus Heston
Caleb Eberhardt: Curtis Gamble
Mare Winningham: professoressa Durham
Gbenga Akinnagbe: Carl Robertson
Juan Castano: Oswaldo Gutierrez
Benjamin Papac: Jeff Hobbs
TRAMA: La vita di un ragazzo dei quartieri poveri di Newark che frequenta Yale ma che alla fine soccombe alla dura realtà economica e ai demoni del suo passato.
VOTO 6

Dopo due corti e l’esordio da regista nel lungo con Il ragazzo che catturò il vento, Chiwetel Ejiofor resta nei paraggi dei biopic che esaltano le virtù dei giovani neri: lì un ragazzino africano del Malawi che diviene quasi un eroe civile, qui un giovane dal sicuro avvenire scientifico che paga carissimo il prezzo della dedizione alla famiglia, in particolare alla salvezza del padre – da lui interpretato – che prima incorre in una trappola amara del destino e poi in una malattia impossibile da guarire. Entrambe le storie sono vere.

Questo film percorre la vita di Rob DeShaun Peace (Jay Will) dal 1987 al 2011, una storia di cinema afroamericano che emerge attraverso la figura di questo ragazzo geniale di Newark, New Jersey, che, bravissimo a scuola sin dalle prime classi, viene ammesso per meriti alla prestigiosa università di Yale ma rischia e si gioca anche il futuro quando si dedica alla produzione domestica di marijuana che spaccia per ricavare i soldi necessari a far uscire il padre Skeet dal carcere accusato ingiustamente dell’omicidio di due ragazze. Pur mantenendo altre attività e senza mai abbandonare i molto proficui studi scientifici universitari, il giovane stava emergendo come suo solito, apprezzato dalla professoressa Durham (Mare Winningham) che ne aveva intuito le grandi doti di ricercatore nel campo oncologico. Anzi, lui voleva, oltre che procacciarsi il denaro per la battaglia legale, arrivare a scoprire quanto prima una cura contro il cancro che aveva colpito proprio il padre.

La battaglia della sua intelligenza geniale era, però, anche tra il passato difficile, essendo stato cresciuto solo dalla madre Jackie (Mary J. Blige) separata da Skeet, e il presente frenetico per la necessità finanziaria che lo opprimeva. Oltre ad un futuro che si stava prospettando roseo e che invece si andava ingarbugliando per varie vicissitudini non lecite ed anche sfortunate. Nell’insieme, non c’è solo la parabola di un genio, ma anche, e soprattutto, c’è quindi il peso di un’eredità familiare difficile, la presenza di un padre incarcerato per il duplice omicidio mai chiarito e il conflitto continuo tra le possibilità individuali e le richieste di chi lo circondava.


Tanti i pericoli che assediano la sua ancora breve vita, ma quello maggiore è in se stesso. Il carattere disponibile e generoso lo porta ad aiutare sempre gli altri, mai pensando a sé e a costruire egoisticamente il futuro. Era sì capace di dedicarsi fortemente allo studio dove si distingueva su tutti, ma era troppo distratto dai problemi familiari e a nulla serviva l’esortazione sia della professoressa che lo vedeva scienziato nel futuro e neanche le pressioni di Naya (Camila Cabello), la collega di studi di origini brasilo-portoricane che lo amava, ma che aveva sperato fino all’ultimo che abbandonasse la rischiosa attività illecita pur se a fin di bene. Ci si metteva anche la crisi immobiliare americana del 2008 in cui si trovava coinvolto da quando aveva deciso di guadagnare ristrutturando il vecchio quartiere della sua infanzia. Persi gli investimenti nelle case da ristrutturare, la ripresa dell’attività di spaccio in grande stile lo portò in guerra con le gang locali, che non hanno mezze misure. La fine sarà tragica.


Gli spunti di riflessione morale non sono pochi e una regia più incisiva li avrebbe esaltati maggiormente. Peccato che, nonostante la buona volontà che Chiwetel Ejiofor sta evidenziando nei suoi primi passi da regista, il film dimostri ancora la sua inesperienza, che causa un certo appiattimento narrativo, mai potenziando i pericoli della giungla delle strade di periferia e limitando la forza emotiva dei vari personaggi. Oltre a qualche errore superficiale come, per esempio, la figura della madre troppo simile ad una diva da palcoscenico che ad una donna non benestante (unghie troppo curate!). Diciamo che un regista più scafato e cattivo avrebbe reso più avvincente il film, ad per esempio un tipo come Antoine Fuqua che pur figura tra i produttori, assieme, tra i tanti, alla celebre cantante Mary J. Blige che interpreta la madre affannata tra tre o quattro lavori per tirare avanti la baracca familiare e far studiare l’adorato figlio. Le potenzialità c’erano nel film ma il regista, sempre bravo nella recitazione, le ha poco sfruttate e questo suo secondo lavoro arriva al termine con qualche scossone emotivo ma poca incisività. Il lato più triste della vicenda è che è tutta vera e che a 30 anni la storia di Rob si avvia verso un finale che il giovane protagonista doveva saper evitare, quando il suo futuro brillante (è l’aggettivo che più ricorre nel copione) di biologo lo attendeva.

Rob DeShaun Peace ci ricorda che il talento, da solo, non basta a sfuggire alle trappole di un sistema che spesso confonde merito con privilegio. La sua parabola ci interroga su quanto siamo disposti, come società, a riconoscere e sostenere la complessità degli individui, soprattutto quando non rientrano nei modelli rassicuranti del successo. È una storia che ci chiede di guardare oltre le etichette, e di non smettere mai di cercare giustizia anche dove sembra impossibile. Lo dimostra l’innocenza del padre Skeet e la generosa ingenuità del protagonista, che doveva assolutamente badare meglio a se stesso e mantenere le promesse e le aspettative di tutta quella gente – la madre che si sacrificava, il sacerdote Edwin (Michael Kelly) che lo esaltava, la bella Naya che sperava di metter su famiglia con lui – che lo ha atteso invano.

Film che, come detto, poteva sviluppare meglio il potenziale ma che fa comunque piacere guardare: è solo una opera seconda, coraggio Chiwetel!




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