Senso (1954)
- michemar

- 13 mar 2022
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 4 mag

Senso
Italia 1954 dramma 1h58’
Regia: Luchino Visconti
Soggetto: Camillo Boito (romanzo)
Sceneggiatura: Suso Cecchi D'Amico, Luchino Visconti, Carlo Alianello, Giorgio Bassani, Giorgio Prosperi, Paul Bowles, Tennessee Williams.
Fotografia: Aldo Graziati, Robert Krasker
Montaggio: Mario Serandrei
Musiche: Anton Bruckner, Giuseppe Verdi
Scenografia: Ottavio Scotti
Costumi: Piero Tosi, Marcel Escoffier
Alida Valli: contessa Livia Serpieri
Farley Granger: Franz Mahler
Massimo Girotti: Roberto Ussoni
Heinz Moog: conte Serpieri
Rina Morelli: Laura
Christian Marquand: ufficiale boemo
Sergio Fantoni: Luca
Tino Bianchi: Meucci
Ernst Nadherny: comandante austriaco a Verona
Tonio Selwart: colonnello Kleist
Marcella Mariani: Clara
TRAMA: Venezia, 1866. La nobildonna Livia Serpieri si innamora del tenente austriaco Franz Mahler e ne diventa l'amante. Il cugino di Livia, un patriota, consegna alla donna i fondi necessari all'insurrezione, ma lei li dà a Franz per corrompere un medico. Quando però raggiunge l'amante a Verona, lui la respinge. Livia allora lo denuncia come disertore.
Voto 8

Il quarto film del regista è il primo a colori ed è ambientato tra Venezia e Verona nel 1866, subito dopo la cacciata degli austriaci da parte di Giuseppe Garibaldi e la creazione del moderno Stato d’Italia, ma soprattutto, dal punto di vista artistico, segna un punto d’incontro tra il neorealismo che si andava esaurendo e il melodramma, che è stato il vero filone di Luchino Visconti.

Alida Valli è la contessa Livia Serpieri, una sostenitrice di Garibaldi, che intercede per aiutare il cugino quando questi sfida a duello, firmando così la propria morte, un ufficiale austriaco. Il tenente Franz Mahler (Farley Granger) evita stranamente lo scontro. Bello e seduttore senza scrupoli, egli conquista la contessa che, per amore, tradirà sconsideratamente il marito, il suo onore e anche il suo Paese.

Pietra miliare del cinema italiano, il maestro Visconti cominciava ad interessarsi alla sua distaccata e lucida revisione del mondo aristocratico oramai sul viale del tramonto, mondo che fotografò nel pieno decadentismo nei film seguenti, in maggior misura con La caduta degli dei (1966), titolo quanto mai esplicativo.

Con la partecipazione alla sceneggiatura anche di Tennessee Williams e Paul Bowles, in una squadra di autori composta da ben sette firme, il film è un quindi un elegante melodramma aristocratico, mentre Alida Valli era al suo apice, occhi fiammanti e sorriso smagliante. Un dubbio personaggio che quasi non presta fede alle sue stesse azioni mentre getta al vento – oltre ai soldi ricevuti dal cugino patriota necessari all’insurrezione - la prudenza e scommette tutto su un inetto personaggio che non fa mistero della propria codardia. Il comportamento e il carattere della protagonista Livia furono messi maggiormente in risalto dal titolo con cui il film fu distribuito negli USA, The Wanton Countess (la contessa sfrenata, dissoluta). Farley Granger, sei anni dopo l’affermazione personale in Nodo alla gola di Alfred Hitchcock, è intenso, soprattutto nella grande scena di tensione in cui si presta, disgustato, all’intrigo.

Il difficile e straniante rapporto tra i due personaggi rasenta anche, almeno dal punto di vista della relazione e del modo di trattarsi, quasi un senso di sadomasochistico, seppur mai chiaro, ma ripreso appunto nel film su citato del 1966. Ma ciò che colpisce maggiormente è la sensazione che l'amore della contessa Serpieri per quel giovane tenente austriaco possa racchiudere e rappresentare il crollo ineluttabile di un mondo. La mano di Visconti è ancora esemplare, la sua visione lucidissima, la sua misura narrativa e compositiva rigogliosa ma non ridondante. Un classico melodramma, insomma. Meravigliose le prime sequenze, come l'apertura del film alla Fenice di Venezia durante una rappresentazione del ‘Trovatore’, le fughe e gli inseguimenti attraverso le calli, la battaglia di Custoza, ispirata alla pittura ottocentesca. Località che in primo momento doveva il titolo al film, ma la produzione alla fine ebbe timore che ricordare una battaglia finita malissimo per gli italiani avrebbe nuociuto in fase di promozione.
Fu oggetto di censura ed enormi polemiche anche politiche.






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