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Siccità (2022)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 30 gen 2023
  • Tempo di lettura: 6 min

Aggiornamento: 29 mag 2023


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Siccità

Italia 2022 commedia 2h4’


Regia: Paolo Virzì

Sceneggiatura: Francesca Archibugi, Paolo Giordano, Francesco Piccolo, Paolo Virzì

Fotografia: Luca Bigazzi

Montaggio: Jacopo Quadri

Musiche: Franco Piersanti

Scenografia: Dimitri Capuani

Costumi: Ottavia Virzì


Silvio Orlando: Antonio

Valerio Mastandrea: Loris

Elena Lietti: Mila

Tommaso Ragno: Alfredo

Claudia Pandolfi: Sara

Vinicio Marchioni: Luca

Monica Bellucci: Valentina

Diego Ribon: prof. Del Vecchio

Max Tortora: Jacolucci

Emanuela Fanelli: Raffaella Zarate

Gabriel Montesi: Valerio

Sara Serraiocco: Giulia

Emma Fasano: Martina

Emanuele Maria Di Stefano: Sebastiano

Malich Cissé: Sembene

Paola Tiziana Cruciani: madre di Loris

Gianni Di Gregorio: padre di Loris

Andrea Renzi: il Presidente


TRAMA: A Roma non piove da tre anni e la mancanza d'acqua stravolge regole e abitudini. Nella città che muore di sete e di divieti si muove un coro di personaggi, giovani e vecchi, emarginati e di successo, vittime e approfittatori. Le loro esistenze sono legate in un unico disegno beffardo e tragico, mentre ognuno di loro cerca la propria redenzione.


Voto 5,5

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Roma muore di sete e pure di sonno a causa di una soporifera epidemia di mosca tse-tse, inopinatamente giunta alle nostre surriscaldate latitudini. Medici, attori, infermieri, autisti, avvocati, politici faccendieri, detenuti, politici, studenti, secondini fanno del loro meglio o del loro peggio in una Roma prosciugata. Non piove da tre anni e pure i rapporti umani paiono inariditi da questa emergenza idrica. Il pianeta blu rischia di trasformarsi in un qualcosa di arido con insetti che minacciano il genere umano. Ma gli abitanti della capitale, ormai schiavi dello smartphone, continuano a scambiarsi foto, anche delle parti intime, oppure a postare improbabili tutorial per acchiappare una manciata di like o catturare qualche follower in più.

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In verità non so se iniziare a scrivere del film, come da prassi, oppure della curva artistica e creativa discendente del regista livornese. Il quale dopo film molto apprezzabili e soprattutto il trittico che secondo me rappresenta il meglio del suo cinema (Tutti i santi giorni, Il capitale umano, La pazza gioia, tutti tra il 2012 e il 2016) non è stato più su livelli degni del nome che si era guadagnato. Ella & John - The Leisure Seeker (2017) e Notti magiche (2018) non sono degni neanche di essere ricordati. Ora è tornato alla commedia all’italiana di cui è un meritevole rappresentante moderno e attuale, sempre caratterizzata dal suo umorismo toscano e adeguatamente graffiante come deve essere un cinema che vuol fare satira di costume. Per quest’ultimo lavoro ha preso come punti di riferimento due temi che hanno pesantemente influenzato e condizionato la nostra vita negli ultimi anni: la pandemia da Covid, che aleggia nel film senza mai farsi veramente chiara (alcuni hanno la mascherina protettiva) e la pesante mancanza di piovosità che ha prosciugato fiumi e riserve d’acqua in molte regioni in particolar modo nel Lazio, che nel film prende forma di assoluta aridità fino a rendere il Tevere un canalone sabbioso da cui emergono enormi statue dell’epoca romana. Una esagerata siccità (che dà il nome al film) che spinge la città e tutta la zona in un clima da apocalisse mai vissuto prima: la gente vaga sudata e assetata, pronta a compiere qualsiasi atto, anche violento, pur di assicurarsi qualche litro in più di quello previsto dalle autorità mediante la distribuzione curata dall’acquedotto pubblico solo negli orari previsti.

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Basta così? Non proprio, dal momento che anche le blatte imperversano per la città e per le case, spargendo, senza che nessuno si accorga - tranne la dottoressa Sara che lavora esausta e assetata nel pronto soccorso di un ospedale -, un’epidemia che colpisce le persone con sintomi di pericolosi cali di pressione, sudorazione e colpi di sonno, specialmente quelle che subiscono le noie di improvvise mosche tse-tse comparse chissà come, che si tramutano in collassi anche mortali. In pratica, una manifestazione simile al Covid ma originato da insetti che hanno invaso la vita metropolitana. Città abitata da gente incattivita da queste piaghe moderne. In verità, Paolo Virzì ci sta mostrando come in altre occasioni le miserie umane di persone egoiste, arriviste, ingorde, potenzialmente criminali, in misura maggiore che in altri film. Ci sta forse dicendo che siamo diventati, nei tempi attuali meno facili da vivere per le disavventure sanitarie e ambientali, più cattivi di prima: i nervi delle persone sono scoperti e sensibili e Roma deve prendere acqua da altre regioni d'Italia. Vedi quanto ora è particolarmente apprezzata l'acqua potabile della Valtellina che arriva con i camion! Roma, e forse anche tutta l’Italia, è desertificata nell’anima e nel corpo, è annebbiata dal caldo e dalla malvagità di gente che pensa solo a se stessa. Mariti e mogli fedifraghi, attori falliti che intrattengono i follower con elucubrazioni assurde, disoccupati disposti a lavorare ma pronti a infrangere la legge e la fiducia accordata. Su tutti emerge la figura fantasma di un detenuto, Antonio (Silvio Orlando), che è in carcere da tanti anni e che non vuole neanche fare domanda per ottenere i domiciliari (“Io non ce l’ho un domicilio!”, unica vera battuta comica riuscita in tutto il film).

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Tante storie indipendenti con alcuni incroci tra cui Virzì ci fa fare la spola, tanti casi, tantissimi personaggi, ognuno con i suoi guai, nessuno che abbia un minimo di quiete e serenità. Tutti scarseggiano di qualcosa di essenziale per essere felici e soddisfatti. Forse l’unico è giusto il detenuto che si sente a casa solo quando è in cella svolgendo con lena i suoi compiti di assistente in lavanderia, in cucina e servendo messa. Solo al termine capiremo che invece soffre per un passato sbagliato, per cui è stato condannato, e di cui forse è pentito; alla stessa stregua, nel finale multiplo, per ognuno scopriamo i motivi della loro infelicità familiare e sociale.


L’esplorazione caratteriale dei tantissimi personaggi, i conflitti familiari e coniugali, le varie situazioni sociali, l’ambientazione di tempi non facili in cui ognuno combatte egoisticamente per la personale sopravvivenza, sono quindi gli elementi che Paolo Virzì ha voluto evidenziare in questo clima secco e malato, arido nei cuori, nelle strade e nelle case, tutti incarogniti dalle estreme condizioni di vita e dove pare essere ritornati alla lotta di classe: la gente comune deve fare file sotto il sole implacabile e il cielo senza nuvole per una sacca di acqua per dissetarsi (lavarsi è un lusso che non ci si può permettere) mentre i facoltosi (vedi la famiglia proprietaria dell’hotel di lusso dove non ci sono limitazioni o l’attrice che ha la piscina con idromassaggio sul superattico) godono di tutti i privilegi che la gente comune ha dimenticato. L’aspetto distopico e apocalittico è quindi creato dal regista con questi motivi, con queste differenze sociali, maggiormente evidenziate dalla siccità.

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Un po’ troppo poco per il film che ci si poteva attendere e non è sufficiente se ha un vago sentore altmaniano propagato dalla coralità dei personaggi o se il regista segue in maniera parallela soggetti che hanno qualcosa in comune (ma lo si scopre con lo sviluppo della trama) come accadeva nel riuscitissimo Il capitale umano, oppure se il bestiario che lo abita è ricco di caratterizzazioni, tutto ciò non è bastato (nonostante i nomi importanti che hanno scritto il copione) a costituire il materiale soddisfacente per produrre un’opera veramente apprezzabile o abbastanza divertente pur nella sua scarsa comicità: sono maschere che fanno pena e su questo l’obiettivo è raggiunto, ma la sostanza è debole e arida come il letto del Tevere. Film che risulta perfino superficiale e mai cattivo sul serio, come ci si attenderebbe, dove si crogiolano diversi argomenti (dall’ecologia alla sanità in affanno, dal senso civico perduto alla giustizia sociale) che non vengono mai approfonditi più di tanto. Ma soprattutto è la coralità che non funziona del tutto.

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Chi si salva sono sicuramente alcune prestazioni attoriali (Silvio Orlando e Valerio Mastandrea su tutti, ovviamente e come sempre, bravissima Claudia Pandolfi, Monica Bellucci che fa la diva che rifà se stessa – confesso, mi fa pena questa scelta, ma sa davvero recitare? –, l’eccellente Sara Serraiocco che mi conferma l’apprezzamento che le avevo tributato sin dalla prima apparizione (basta andare a riguardare Cloro) e grande elogio per la fotografia del direttore Luca Bigazzi, con il predominante giallo-deserto che fa venir sete solo a guardare il film e che ha il merito di esaltare le estreme condizioni ambientali. Il film termina e ci si accorge di essere rimasti senza nulla in mano.

Che fine ha fatto l’autore dei bei film degli anni ’10?


Riconoscimenti

Festival di Venezia 2022

Premio Pasinetti al miglior film

Soundtrack Stars Award 2022 per la migliore colonna sonora

David di Donatello 2023

Migliore attrice non protagonista Emanuela Fanelli

Candidatura miglior attrice protagonista Claudia Pandolfi

Candidatura miglior compositore

Candidatura migliori effetti speciali visivi


 
 
 

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