Sir - Cenerentola a Mumbai (2018)
- michemar

- 19 set
- Tempo di lettura: 3 min

Sir - Cenerentola a Mumbai
(Sir) India, Francia 2018 dramma 1h39’
Regia: Rohena Gera
Sceneggiatura: Rohena Gera
Fotografia: Dominique Colin
Montaggio: Jacques Comets, Baptiste Ribrault
Musiche: Pierre Aviat
Scenografia: Parul Sondh
Costumi: Kimneineng Kipgen, Chetna Rawat
Tillotama Shome: Ratna
Vivek Gomber: Ashwin
Geetanjali Kulkarni: Laxmi
Chandrachoor Rai: Vicky
Bhagyashree Pandit: Choti
Anupriya Goenka: Ankita
Dilnaz Irani: Nandita
Akash Sinha: Raju
Ahmareen Anjum: Devika
Rahul Vohra: Haresh
Rahul Vohrha: padre di Ashwin
Divya Seth Shah: madre di Ashwin
Rashi Mal: Sabina
TRAMA: Un ricco giovane indiano si innamora della sua serva, una vedova che sogna di diventare stilista.
VOTO 6,5

Ratna è una giovane vedova che lavora come cameriera in un lussuoso appartamento di Bombay, di proprietà del ricco Ashwin. Se dopo la morte del marito fosse rimasta nel suo villaggio, avrebbe condotto un’esistenza da morta in vita, esclusa dalla società, ai margini della sua stessa famiglia. A Bombay invece può lavorare, guadagnare abbastanza per far studiare la sorella minore e trovare persino piccoli spazi per coltivare la sua passione. La vita di Ratna cambia quando Ashwin lascia la fidanzata ad un passo dalle nozze, perché alla ricerca di un coinvolgimento più profondo e di una partner più autentica. Nonostante le barriere sociali e culturali, tra i due nasce un legame profondo fatto di rispetto, empatia e sogni condivisi. Lei aspira a diventare sarta e stilista e lotta per la propria indipendenza, mentre l’uomo affronta il dolore e le aspettative familiari per la malattia grave del fratello. Quando l’attrazione tra loro si trasforma in sentimento, lei è costretta a confrontarsi con le rigide convenzioni sociali che ostacolano la loro relazione.
Quando l’amore non basta, ma il rispetto sì. Questo è la riflessione che mi è venuta in mente dopo la visione, in cui mi sono impegnato a guardare il film con l’occhio di una persona del luogo, perché se non ci si immedesima non si recepiscono i sentimenti né dell’opera né quelli dei personaggi. Ritengo essenziale guardare un film straniero in questa maniera. Mi è capitato di vederlo in un momento in cui cercavo qualcosa di semplice, ma sincero, non artefatto come tanti film tecnologici di oggi. E questo film indiano, diretto da Rohena Gera (oh, come si nota la mano e la scrittura femminile!), mi ha sorpreso per la sua delicatezza. Non è una storia d’amore come le altre: è una storia di sguardi trattenuti, di sogni cuciti a mano, di silenzi che dicono più di mille parole.
Lei è una domestica, vedova, venuta da un villaggio di contadini per lavorare a Mumbai. Ma non è solo questo. Ratna è una donna che sogna, che lotta, che non si lascia definire dal ruolo che le è stato assegnato. È umile ed è cosciente di appartenere ad una classe ritenuta inferiore e che non può permettersi di uscire con il suo padrone perché la società non lo ammette, ma sogna di affermarsi ugualmente. “Sei ardita” le dice Ashwin, e quando si accorge di essere di troppo si allontana. Tillotama Shome la interpreta con una grazia che commuove: ogni gesto è misurato, ogni parola pesa. È un’attrice che entra nel personaggio in punta di piedi, come il suo ruolo. Lui è il datore di lavoro, ricco, educato, ferito. Vivek Gomber gli dà voce con una recitazione sottile, quasi timida. Ashwin non è il classico “salvatore”, ma un uomo che impara a guardare oltre le apparenze, che se ne infischia delle aspettative imposte dalla famiglia e dalla società indiana. E proprio lì, nel rispetto reciproco, nasce qualcosa di raro. Lui ha una bella dote, quella di osservare e ascoltare con attenzione.
La regia di Gera non invade, è discreta, quasi invisibile. Non ci sono effetti speciali, né colpi di scena urlati. Solo una macchina da presa che osserva, lasciando spazio ai personaggi. La fotografia è calda, intima, e trasforma gli spazi quotidiani in luoghi di trasformazione. Il pregio è quello di non concedere facilmente al lieto fine. Ci si chiede piuttosto di credere nella possibilità di essere visti, ascoltati, rispettati. E ci ricorda che l’amore, da solo, non basta se il mondo intorno non è pronto ad accoglierlo. Insomma, tutti hanno il diritto di sognare e attendere con pazienza che si possano realizzare le aspettative.
“Tutti hanno diritto ai propri sogni”

Riconoscimenti (su 13 vittorie e 17 candidature totali)
Cannes 2018
Candidatura nella Settimana della critica
Candidatura per il Premio Fondazione Gan
Filmfare Awards (Premio cinema indiano) 2021
Miglior attrice protagonista Tillotama Shome
Miglior sceneggiatura
Candidatura miglior soggetto
Candidatura miglior montaggio
Candidatura miglior film


















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