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L'amore secondo Isabelle (2017)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 11 gen 2023
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 29 mag 2023


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L'amore secondo Isabelle

(Un beau soleil intérieur) Francia/Belgio 2017 dramma 1h34’


Regia: Claire Denis

Soggetto: Roland Barthes (romanzo)

Sceneggiatura: Claire Denis, Christine Angot

Fotografia: Agnès Godard

Montaggio: Guy Lecorne

Musiche: Stuart Staples

Scenografia: Arnaud de Moleron

Costumi: Judy Shrewsbury


Juliette Binoche: Isabelle

Gérard Depardieu: Denis

Valeria Bruni Tedeschi: la donna in auto

Xavier Beauvois: Vincent

Josiane Balasko: Maxime

Philippe Katerine: Mathieu

Sandrine Dumas: Ariane

Nicolas Duvauchelle: l'attore

Alex Descas: Marc

Laurent Grévill: François

Bruno Podalydès: Fabrice

Paul Blain: Sylvain


TRAMA: Isabelle, divorziata e madre di un bambino, cerca l'amore. Ma un vero amore che possa definitivamente sconvolgerle la vita.


Voto 6

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Isabelle (Juliette Binoche), bellissima cinquantenne madre e divorziata, è alla continua ricerca dell'amore, quello vero. Fanno da sfondo la vita ed il respiro di Parigi con i suoi rumori e le sue luci, e la Tour Eiffel che sembra illuminarla come se fosse un set. Isabelle è una donna che si sente sola e, invece, è tutte le donne, e non solo le donne. Soffre, si illude, spera, dubita, desidera, piange, ama. È irrequieta nel suo cercare, nel sentirsi perennemente bisognosa. Per descrivere una donna così complessa o forse, all’opposto, così semplice nelle sue necessità mentali e fisiche, era necessario che la direzione del film fosse in mani solidamente femminili, quelle di una cineasta che abbia il talento di Claire Denis. Banalmente, non è argomento da uomini. Anche di uomini, ma non da uomini.

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La prima sequenza è la sintesi del momento e del periodo che attraversa Isabelle. È una scena intima, di sesso tra lei e un uomo della sua stessa mezza età la cui espressione indica la preoccupazione di portare la partner all’orgasmo, sensazione che sicuramente attraversa la mente anche dell’altra. Ma il rapporto termina con una impressione di scarso soddisfacimento, di gesto con limitata felicità. La regista li inquadra esplicitando non tanto l’atto quanto lo spazio tra i due, rilievo che si ripeterà continuamente tra Isabelle e i vari uomini che incontrerà e frequenterà nel corso della trama. Lei è un’artista visiva di successo e mamma divorziata, lui un banchiere sposato, Vincent, a cui piace fare sesso con lei ma è legato emotivamente a sua moglie. Viene spontaneo osservare che ci risiamo, ancora una volta il cinema francese che ci porta alle problematiche di una donna insoddisfatta che cerca un’ancora affettiva in una vita che non è più ordinata, di uomini che amano tradire la propria moglie per darsi un tono e per divagazione. Vincent è solo il primo di una serie di amanti con cui Isabelle avrà a che fare. Ci sarà in seguito un attore che non si è ancora separato dalla consorte, quindi tornerà con il marito, fallendo il tentativo di riconciliazione, poi ancora un geometra dalle pretese semplici ed infine Marc, persona del suo ambiente artistico che sembra quello giusto ma che chiede tempo. Non ne va mai bene uno.

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Una ricerca di stabilità non affannosa ma infruttuosa, ondeggiante, che non fa bene a Isabelle, che la regista segue cercando di trasmettere allo spettatore le emozioni momentanee e le indecisioni. Anche queste ultime preponderanti, che porteranno la donna a consultare addirittura un sensitivo, il quale la esorta a non mollare: prima o poi, l’uomo giusto lo deve trovare. Claire Denis non nasconde i tratti di autoanalisi presenti nella sceneggiatura, scritta da lei assieme a Christine Angot e lo dichiara apertamente: “La donna, nel momento in cui appare nella sceneggiatura, siamo prima di tutto noi, Christine Angot e io. I nostri pezzi di vita, le nostre frazioni di storie. È allora che Juliette Binoche si è materializzata nelle nostre menti. Lei si è affermata come intermediaria ideale nel ruolo di Isabelle. Avevamo bisogno di un corpo femminile cremoso, voluttuoso e desiderabile. Una bella donna di volto e di carne, in cui non c'è sconfitta annunciata, per la quale, nelle battaglie d'amore, la vittoria è possibile, senza suggerire che sia vinta in anticipo.

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Che l’autrice ci voglia dire che è colpa degli uomini? Beh, forse. Perché questi uomini sono improbabili, egocentrici, non si sa mai quando li puoi definire maturi, incapaci di prendersi un impegno solo per comodità. Ma anche questa donna ha le sue responsabilità non essendo ancora capace di capirsi appieno e darsi un indirizzo nella vita chiaro e leggibile, o quando spera di fare l’amore con buone intenzioni e poi nello stesso tempo estraniarsi per osservare e giudicar male chi la sta toccando. Ed è, soprattutto, una contraddizione in termini di comportamento e di decisioni: quando sono sensuali le paiono innaturali, quando dice loro di andarsene spera che ritornino e quando le lasciano libera scelta non sa che farsene.

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Un film che parla dello scetticismo femminile, del disincanto al tempo dell’instabilità, un po’ come era successo un anno prima con il bel Le cose che verranno di Mia Hansen-Løve. D’altronde, chi mai può affermare che l’amore è una cosa semplice, anche se qualcuno lo può pensare? (i più fortunati?). Anzi, come vuole dimostrare questo film, ciò che salta evidente agli occhi è quanto sia difficile trovare felicità in amore: piuttosto, come affermò la regista stessa, “l’agonia divenne la parola chiave per parlarne e scriverne”. La scelta caduta sulla bravissima Juliette Binoche trova giustificazione nel fatto che la Denis l’ha subito giudicata adatta in quanto incarna alla perfezione il personaggio di Isabelle, che è “una donna ancora molto bella e con un corpo voluttuoso, una donna per cui la vittoria nelle battaglie amorose è ancora possibile: lei ha una forte carica erotica ed è una donna senza tabù. Però, sa anche che se vuole trovare il vero amore, dovrà anche soffrire. Conosce bene la differenza tra ciò che cerca negli uomini e quello che invece trova.”

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Difficile affermare se sia un film riuscito. Anzi pare incompleto (Claire Denis ha fatto di meglio), come il finale che non sembra chiuda granché. Difatti, nella foto emblematica del film, lei balla da sola.



 
 
 

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