Sommersby (1993)
- michemar

- 3 set
- Tempo di lettura: 3 min

Sommersby
Francia/USA 1993 dramma 1h54’
Regia: Jon Amiel
Sceneggiatura: Nicholas Meyer, Sarah Kernochan
Fotografia: Philippe Rousselot
Montaggio: Peter Boyle
Musiche: Danny Elfman
Scenografia: Bruno Rubeo
Costumi: Marilyn Vance
Richard Gere: John Robert “Jack” Sommersby / Horace Townsend
Jodie Foster: Laurel Sommersby
Bill Pullman: Orin Meecham
James Earl Jones: giudice Barry Conrad Issacs
Lanny Flaherty: Buck
William Windom: reverendo Powell
R. Lee Ermey: Dick Mead
Brett Kelley: Rob Sommersby
Wendell Wellman: Travis
Clarice Taylor: Esther
Frankie Faison: Joseph
TRAMA: Un contadino torna a casa dalla guerra civile, ma sua moglie inizia a sospettare che l’uomo sia un impostore.
VOTO 6

Film drammatico ambientato dopo la Guerra Civile americana che segue il personaggio chiamato Jack Sommersby (Richard Gere) che torna a casa dopo sei anni, trovando una fattoria in rovina e una moglie, Laurel (Jodie Foster), molto perplessa e forse persino scontenta di rivederlo perché era stato un marito sgradevole e violento, tanto da pianificare, nell’assenza, un nuovo matrimonio con un suo vicino. Ma all’improvviso riecco appunto Jack, stranamente molto cambiato, che ora, però, deve dimostrare di non essere più quello di prima. Per via di questo motivo, sorgono dubbi sulla sua vera identità.
Il film si ispira a Il ritorno di Martin Guerre, pellicola francese del 1982, e riesce nell’impresa rara di non sminuire il suo modello. Pur mantenendo la struttura narrativa di base, si distingue per ambientazione e tono. La storia si sposta dalla Francia del XVI secolo all’America postbellica del XIX, una transizione che funziona sorprendentemente bene e offre nuove sfumature anche a chi conosce l’originale.
Al centro del film c’è la relazione tra Jack e Laurel, raccontata con delicatezza e pazienza. Non ci sono colpi di scena improvvisi, ma sguardi, gesti e silenzi che costruiscono lentamente un legame profondo. Il ritmo è lento, quasi contemplativo, lontano dalle convenzioni hollywoodiane. L’azione è minima, ma il coinvolgimento emotivo è massimo, dato che la storia d’amore che cresce pian piano.
Ottimi i due attori protagonisti: Richard Gere sorprende con una delle sue performance più intense, dando al suo personaggio una nuova profondità; Jodie Foster, da parte sua, offre una prova d’attrice potente e sfaccettata, capace di fondere forza e fragilità in modo credibile. E ciò, sappiamo bene, le è congeniale. In un contesto storico dove le donne forti rischiano di sembrare fuori luogo, lei è invece perfettamente inserita, grazie a una sceneggiatura solida e una recitazione impeccabile.
Per quello che riguarda l’estetica, la cura dei dettagli d’epoca è evidente e la fotografia regala buoni momenti, valorizzando i paesaggi della Virginia. La colonna sonora dell’esperto Danny Elfman offre un accompagnamento musicale sobrio, anche se non sempre perfettamente in sintonia con le scene. In definitiva è un’opera che riesce a coinvolgere, un mix riuscito di romanticismo, mistero e dramma, privo dei cliché hollywoodiani più abusati. Più che un semplice remake, è un tributo rispettoso che conserva lo spirito dell’originale, arricchendolo con nuove emozioni. Sufficientemente ben realizzato, Jon Amiel, abituale regista di mistery tipo Entrapment e Copycat - Omicidi in serie, riesce a combinare il romanticismo - che non tarda ad arrivare con il progressivo innamoramento della donna verso l’uomo - con l’essenza vera dell’opera, e cioè il mistero e il lato molto drammatico che si insinua assieme ai dubbi e alle certezze stabilite nel finale.























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