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Spencer (2021)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 31 lug 2022
  • Tempo di lettura: 5 min

Aggiornamento: 31 ago

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Spencer

UK, Germania, USA, Cile 2021 dramma biografico 1h57’


Regia: Pablo Larraín

Sceneggiatura: Steven Knight

Fotografia: Claire Mathon

Montaggio: Sebastián Sepúlveda

Musiche: Jonny Greenwood

Scenografia: Guy Hendrix Dyas

Costumi: Jacqueline Durran


Kristen Stewart: Lady Diana Spencer, Principessa di Galles

Jack Farthing: Carlo, Principe di Galles

Timothy Spall: magg. Alistar Gregory

Sean Harris: Darren

Sally Hawkins: Maggie

Stella Gonet: Regina Elisabetta II

Richard Sammel: Principe Filippo, Duca di Edimburgo

Jack Nielen: Principe William

Freddie Spry: Principe Harry

Elizabeth Berrington: Principessa Anna

Niklas Kohrt: Principe Andrea, Duca di York

Olga Hellsing: Sarah Ferguson, Duchessa di York

Mathias Wolkowski: Principe Edoardo

Thomas Douglas: Conte John Spencer

Oriana Gordon: Lady SarahArmstrong-Jones

Emma Darwall-Smith: Camilla Parker-Bowles

Amy Manson: Regina Anna Bolena


TRAMA: La principessa Diana trascorre le festività natalizie insieme alla famiglia reale nella tenuta di Sandringham nella contea di Norfolk. Durante il corso di un intenso fine settimana, maturerà la decisione di porre fine al suo matrimonio con il principe Carlo.


Voto 7


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Accingendosi a vedere questo film è inevitabile andare col pensiero all’altro biopic di grande successo di Pablo Larraín, Jackie, di 5 anni prima, opera che si distaccava di netto dal suo cinema incentrato sulla narrazione cilena, sia storico-politica che sociale, anche per il motivo che fu un film realizzato su commissione, cioè proposto dalla produzione sull’onda, appunto, delle precedenti notevoli affermazioni del regista. Fu ritenuto idoneo per un’opera specifica, anche se fuori dai soliti parametri. Forse l’autore ci ha provato gusto e quindi si è dedicato su un’altra figura altamente iconica che è quella della compianta ed amatissima principessa Diana Spencer, consorte del principe Carlo di Galles. Potrebbe sembrare strano, eppure ci sono attinenze tra le due celebri donne.


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Entrambe hanno in comune un destino di abbandono, seppure per lampanti motivazioni molto differenti. La first lady americana restò sola all’improvviso, abbandonata vedova per un efferato attentato al presidente USA nella tragica giornata di Dallas. Diana (pronuncia Dàiana) era ugualmente abbandonata, ma perché trascurata, rifiutata, da un marito distratto, come viene appunto definito nei dialoghi scritti dall’espertissimo sceneggiatore/regista Steven Kinight. Distratto di carattere ma anche di comportamento volutamente indisponente: perché regalare per la festività del Santo Natale sia alla moglie che all’amante Camilla Parker-Bowles due collane di grosse perle perfettamente identiche non è solo un gesto di distrazione. Jackie e Diana, due donne che si sono trovate sole, una inaspettatamente, l’altra lentamente come in un processo di tortura psicologica.


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Il film si incentra sui tre giorni del Natale da trascorrere nella regale tenuta della regina a Sandringham nel Norfolk: la cena della Vigilia, il giorno della Festa in cui è previsto dal rigido protocollo l’apertura dei pacchi dei regali, la giornata di Santo Stefano da trascorrere nei prati e nei boschi circostanti per la rituale caccia ai fagiani, allevati all’uopo. Diana non ha voglia di partecipare a questi ipocriti festeggiamenti dove è previsto tutto nei minimi particolari, talmente programmati che tutti gli ospiti vengono pesati all’arrivo dal rigido e severo responsabile della sicurezza, perché, come prevede la tradizione, si dovrà ingrassare di 1 chilo; gli abiti da indossare etichettati a seconda dell’occasione in cui ella si deve presentare (l’abito per la cena, per il pranzo, e così via); i comportamenti da tenere; i posti a tavola; l’orario degli appuntamenti. Un programma tanto particolareggiato da urtare la sensibilità e la voglia di ribellione che Diana ormai prova da molto tempo, e che arriva, un po’ per errore, un po’ volutamente, in ritardo già al primo impegno, persino dopo il solenne arrivo della Regina. Non sopporta l’idea di trascorrere tre giorni con persone che non la capiscono, non la sopportano e che sono convinti che abbia bisogno di uno psicologo che l’aiuti per le sue fobie sociali.


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I primi minuti del film, ma anche quelli seguenti, mostrano tutto il disagio che la agita e che non la fa vivere bene, tutta l’indisposizione che prova verso quell’entourage di nobili come lei ma distanti nella mentalità. Le poche ancore di salvezza sono i due affezionati figli William e Harry, con cui si intrattiene per donare e ricevere finalmente l’amore che non trova altrimenti sfogo: con loro apre i piccoli doni natalizi la sera della Vigilia, così come piace ai ragazzi, con loro scherza, li bacia, li coccola, ricambiata con l’entusiasmo con cui i due si danno alla madre. Nel gruppo reale sono compìti e tristi, con la mamma sono scatenati e divertiti come ogni adolescente è giusto che sia. L’altra persona nelle cui mani si affida ciecamente è la fidata cameriera Maggie (Sally Hawkins), l’unica che la comprende, che conosce i suoi problemi di solitudine, che sa consigliarle l’abbigliamento consono ai momenti della giornata e dell’umore, che la asseconda fino al punto di essere cacciata dal maggiore Alistar Gregory (il solito straordinario Timothy Spall), preposto alla sicurezza del sito e assoluto gestore-padrone della situazione, come un’ombra sempre presente e onnipresente. Cacciata perché non rispetta il rigore imposto dalla famiglia reale alla persona di Diana, che è troppo anticonvenzionale, troppo naturista, troppo innamorata degli animali che loro invece vogliono colpire con i fucili da caccia (si intrometterà durante la battuta di caccia facendo rimanere allibiti tutti, compreso il marito ormai prossimo all’esaurimento nervoso, compresa la Regina Elisabetta che la guarda sempre senza cambiare espressione, in silenzio con uno sguardo severo che non ammette repliche. Prima lo stop al sanguinoso divertimento degli uomini, poi la fuga liberatoria con i figli verso quello più semplice, divertente e ribelle: un hamburger come tutti i comuni mortali. E adesso basta anche al fantasma di Anna Bolena che la perseguita nei peggiori momenti di soggiorno in quella tenuta, quale monito per una moglie non più desiderata, donna che andò dignitosamente al patibolo per perdere la testa fisicamente quando il marito Enrico VIII l’aveva persa mentalmente per un’altra donna.



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Diana è prigioniera di un destino che forse non ha scelto ma che poi si è rivelato una trappola in cui si sente stretta, come gli abiti che le fanno provare, come la via della vita che deve percorrere solo perché la obbligano, come gli orari che deve rispettare. Il suo sogno è liberarsi dai doveri istituzionali, trovare l’affetto sincero, combattere le convenzionalità. A Pablo Larraín non interessa proseguire la storia oltre quei tre giorni, gli sono sufficienti le ore del definitivo distacco tenendo in primo piano la figura esile della Principessa per tutta la durata del film per far esprimere ad un’attrice mimetica come Kristen Stewart tutto il malessere che le sta rovinando la vita e in cui si sente prigioniera. Se la bravissima Natalie Portman aveva indossato la figura di Jackie come un vestito, parlando con una voce modificata per essere il più possibile simile all’originale (senza mai voler essere né una caricatura né una imitazione), qui Kristen Stewart è forse se stessa: conosciamo il carattere non facile e poco glamour dell’attrice cresciuta con i teen-movie gotici ma maturata alla corte di grandi autori come Olivier Assayas (Sils Maria, Personal Shopper), Kelly Reichardt (il meraviglioso Certain Women), Woody Allen (Café Society) e forse il film che le si confà di più Seberg - Nel mirino, con la regia di Benedict Andrews. Un’attrice che mi colpì molto presto e che aveva sicuramente molto da dire nel cinema moderno, dallo stile e dalla personalità unici, che si è adattata su richiesta del regista cileno ad un modo di pronunciare i dialoghi che caratterizzano l’intera interpretazione, del tutto particolare, ciondolando la testa, cercando di evitare di incrociare lo sguardo con le donne che la odiano (Regina e Camilla). Una interpretazione notevolissima da gustare necessariamente assolutamente in originale, tanto da catalizzare il film solo e tutto su di sé: Diana (ricordate, Dàiana) è Kristen Stewart, e Kristen Stewart è Diana. Ma soprattutto è Spencer, come tiene a precisare, nel nome e nel ricordo di un padre che non dimentica, che possedeva un giaccone di pelle rossa oggi adatto a far da spaventapasseri o da spaventacacciatori. Ma sempre Spencer!



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Riconoscimenti

Oscar 2022

Candidatura miglior attrice Kristen Stewart

Golden Globe 2022

Candidatura miglior attrice in un film drammatico Kristen Stewart



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