Still Life (2013)
- michemar

- 10 set 2020
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 2 nov

Still Life
UK, Italia 2013 dramma 1h32'
Regia: Uberto Pasolini
Sceneggiatura: Uberto Pasolini
Fotografia: Stefano Falivene
Montaggio: Tracy Granger, Gavin Buckley
Musiche: Rachel Portman
Scenografia: Lisa Hall
Costumi: Pam Downe
Eddie Marsan: John May
Joanne Froggatt: Kelly Stoke
Karen Drury: Mary
Andrew Buchan: Mr. Pratchett
Neil D'Souza: Shakthi
TRAMA: Meticoloso e organizzato al punto da rasentare l'ossessione, John May è un lavoratore comunale incaricato di rintracciare il parente più vicino di coloro che sono morti in piena solitudine, entrando a pieno nei dettagli delle loro esistenze. Quando il reparto per cui lavora viene sottoposto a dei tagli, John deve sforzarsi per portare a termine il suo ultimo caso, andando incontro a un liberatorio viaggio che gli permetterà infine di cominciare a vivere appieno la sua vita.
Voto 8

Un vecchissimo detto recita che l’unica cosa certa della vita è la morte, detto che nessuno può eccepire. Ciò che potrebbe consolare è che aldilà potremmo ritrovarci in un Paradiso o in uno stato di quiete rassicurante, oppure il nulla. Ma come dare pace al corpo che abbandoniamo? Come dare dignità soprattutto a quelle povere persone sole (e sono tante) che giungono alla fine della loro vita senza che abbiano un giusto e meritato tributo? Diverse volte se ne è occupato il cinema orientale, mostrando quale devozione abbia quel popolo verso i cari estinti e quanto siano premurosi nel preparare il corpo verso l’ultimo viaggio.

Still life, ancora vita… eh, magari! Invece lo strano, stralunato, meticoloso, efficientissimo, inarrendevole piccolo protagonista, John May, un impiegato del dipartimento di Kensington della città di Londra, non si dà pace fin quando non ha dato fondo a tutte le sue ricerche e riesce a organizzare un minimo e dignitoso funerale alla persona deceduta, che, avendo vissuto gli ultimi anni della sua vita in solitudine, non ha alcun familiare che se ne sia occupato. John è così testardo in queste piccole operazioni che non si ferma davanti a nulla e porta sempre il compito a termine. Non mostra grandi emozioni, non lo vediamo gioire perché ogni volta ci riesca, ma un lampo di minima soddisfazione, appena accennata dai suoi occhi, lo si può cogliere, ma velocemente perché purtroppo la sua scrivania è piena di questi dossier. Gente sola che spicca l’ultimo volo e per lui, che sente l’incarico come un dovere non solo di lavoro ma forse anche ormai civico e civile, è importante che riesca a dare degna sepoltura a tutti.

È un ossimoro: nell’attimo della morte, John allunga la vita, trattiene per il tempo della triste cerimonia l’esistenza della persona morta. Solo per quei pochi minuti, ma succede, perlomeno egli fa sì che quella vita abbia un breve allungamento. È una elegia del prolungamento di una vita che non c’è più. All’opposto, osserviamo invece la vita intima anonima e solitaria di John, il quale, come le persone di cui si occupa, conduce una vita mesta e deserta, in un appartamentino in cui esegue le ripetute cerimonie di un uomo solo: una cena costituita da poco cibo, i gesti di chi vive solo, la precisione della posizione degli oggetti, la sveglia, l’impermeabile immancabile, la borsa da impiegato comunale, il ritorno in ufficio ogni mattina e così via. Nessun lampo di vita sociale, nessun cambiamento, nessuna donna. E lì, sulla scrivania ad esaminare il nuovo dossier che lui stesso ha completato dopo aver fatto un sopralluogo nell’abitazione del morto: una piccola foto, un oggetto che lo conduca ad un parente lontano, se ci riesce lo contatta – in chissà quale città – e lo invita a presenziare le cerimonia funebre, oppure un animale lasciato in casa. Il tutto almeno per poter preparare un elogio funebre da leggere velocemente in chiesa davanti al feretro, dove immancabilmente saranno solo in due. Lui ed il parroco. E di lui chi si occuperà quando sarà il momento?

Inaspettatamente ecco che compare all’orizzonte della sua vita anonima e grigia una donna, Kelly, un’altra anima in pena, abbastanza carina, socievole. Non è facile per lui avvicinarla, non è avvezzo a certi riti, ma la scintilla scoppia, può succedere qualcosa. Quando quel “qualcosa” sta accadendo veramente ecco la svolta, il dispetto del destino, il pugno nello stomaco.

Film così dolce e mesto che tocca il cuore fin nel profondo e rimane nella mente, perché è una pellicola elegante e intelligente, che miscela toni della commedia con il racconto amaro di un uomo solo e spento, trovando una scintilla di vita nel suo mestiere. Alla fine il tocco scioccante, un finale che ci fa sobbalzare e ci fa rimanere inebetiti mentre scorrono i titoli di coda.
Chi è l’impiegato? È Eddie Marsan, finalmente alla prima da protagonista! È una vita che lo osservo in seconda fila, sempre un passo indietro ed invece eccolo in primo piano, perfetto esemplare d’attore nella parte giusta, portata a termine in maniera esemplare, che lo fa diventare ancora più stimabile. Bravissimo!!! Lei è la brava Joanne Froggatt: la sua Kelly è una donna forte e fragile al contempo, solitaria, positiva e con un passato doloroso. Un’accoppiata che si fa ricordare a lungo.
Seconda prova per il regista italiano ma inglese di adozione, Uberto Pasolini firma un’opera incantevole, girata con la delicatezza di un esperto autore.

Riconoscimenti
Festival di Venezia 2013
Premio Orizzonti per la regia
Premio Pasinetti al miglior film
Premio CIVITAS VITAE – Rendere la longevità risorsa di coesione sociale
Premio CICAE - Cinema d'Arte e d'Essai






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