The game - Nessuna regola (1997)
- michemar
- 20 mar 2021
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 25 mag 2023

The game - Nessuna regola
(The Game) USA 1997 thriller 2h9'
Regia: David Fincher
Sceneggiatura: John Brancato, Michael Ferris
Fotografia: Harris Savides
Montaggio: James Haygood
Musiche: Howard Shore
Scenografia: Jeffrey Beecroft
Costumi: Michael Kaplan
Michael Douglas: Nicholas Van Orton
Sean Penn: Conrad Van Orton
Deborah Unger: Christine
James Rebhorn: Jim Feingold
Carroll Baker: Ilsa
Anna Katarina: Elizabeth
Armin Mueller-Stahl: Anson
TRAMA: Nicholas Van Orton è un uomo d'affari che riscuote molto successo e che è abituato a tenere sotto controllo ogni aspetto dei suoi investimenti. La sua vita, fin troppo ordinata, cambia improvvisamente corso nel momento in cui suo fratello Conrad, in occasione del suo compleanno, gli organizza una sorpresa, un vero e proprio gioco di ruolo. Appena entrato nel gioco Nicholas si rende conto che i rischi sono altissimi e scopre di essere tenuto sotto controllo, perfino dentro casa, da cospiratori sconosciuti che lo vogliono annientare.
Voto 7,5

Il diabolico David Fincher ci porta dentro ad una storia di inganno, un gioco fatale, un gioco che forse gioco non è, o forse sì, o forse ancora un gioco per finta (ma ne esistono per finta?), che per lunghi momenti sembra anche reale! Ma cosa sta succedendo? Accade che un businessman ricco e annoiato, Nicholas Van Horton accetta di partecipare a un gioco esclusivo propostogli dal fratello Conrad: precipiterà in un incubo dove realtà e fantasia non avranno più soluzione di continuità.

Il fatto curioso che mi ha indotto sempre a non capire come mai all’uscita del film e per tanti anni la critica – in generale, quella ufficiale e quella degli appassionati – l’abbia considerato una pellicola di secondo livello, quasi un b-movie di livello mediocre, opera di un regista che si era montato la testa con il successo di Seven (leggi qui). Un film subito giudicato troppo artatamente costruito e che quindi veniva presto liquidato e messo da parte. Ci son voluti anni, molti sicuramente lo hanno riguardato e si son dovuti rimangiare le parole scritte in precedenza, sempre con mio grande rincrescimento, perché invece io ne ero rimasto attratto e incantato sin dalla prima visione. Per andare a fondo, è successo che l’ho ordinato e riguardato, restandone ancora una volta affascinato e arrabbiato per la scarsa considerazione che ne avevano avuto gli altri. Credo proprio che sia arrivato il momento di celebrarlo, essendo come minimo all’altezza dei film più famosi del regista americano, anche perché, come ben si sa, il tempo spesso rimedia agli errori commessi.

Eppure, sin dalla prima visione risaltava appieno come guardasse con acume alla società del XX secolo che andava a terminare piena di illusioni, meccanismi contorti, comportamenti falsi e falsati dalle circostanze, egoismo e opportunismo. Mettere in difficoltà una persona dalla vita agiata, che crede di essere protetto in toto dalle difficoltà della vita, di poter disporre del tempo e dei beni in assoluta padronanza, e poi scoprirsi debole e indifeso e non sapersela cavare come aveva sempre pensato, beh, è una gran rivincita, è un ribaltamento che sa quasi di vendetta. Non solo. È anche una amara considerazione della fragilità dell’intero sistema rampante che era esploso con le bolle finanziarie, con le riuscite speculazioni in borsa. Della debolezza e della insicurezza dell’intera società moderna. I saggi hanno storicamente messo in guardia l’umanità verso l’effimero e il temporaneo, indicando la strada che porta alla consapevolezza dei propri gesti e delle scelte necessarie per una esistenza utile anche al cosiddetto “prossimo”. Se un intoccabile, così come si sente il protagonista Nicholas, precipita in un vortice da cui non sa minimamente come uscire, poi non gli resta che riflettere sulla propria vita e riconsiderare le priorità delle scelte personali. L’importante è che alla fine se ne tragga una lezione utile, che non si torni a compiere gli stessi errori di prima, altrimenti la straniante esperienza non sarà servita a nulla. Come si guarderà in giro alla fine dell’incubo il protagonista? Stiamo ad osservare.

Il "gioco", almeno quello filmico, riesce appieno, eccome che riesce! Suspense, intensità, mistero, sorprese, disavventure ansiogene, invenzioni di regia, come è sempre accaduto con David Fincher. Può anche dare l'idea di un eccesso di ingegnosità di intrigo (ma non sarebbe lui, altrimenti!) che diventa quasi una stravaganza o che ci sia una enorme sproporzione tra il mezzo messo su dal fratello per il fine a cui serve. Forse, ma fino alla fine si rimane costantemente sorpresi, dopo essere restati incollati alla poltrona per tutto il film.

Il merito è principalmente del regista e dei suoi due sceneggiatoti John Brancato e Michael Ferris, ma va doverosamente ascritto anche all’attore che ha il giusto appeal per il personaggio oggetto delle mire del costruttore del gioco: Michael Douglas sembra perfetto, tra l’atterrito e l’indignato, con la sua espressione di duro che (de)cade lungo un pendio che ad ogni curva non permette di vedere un minuto più in là; Sean Penn ha, dal suo canto, il ghigno idoneo a dualizzare un personaggio equivoco, continuamente border line, inaffidabile e scettico, che alla fine ci sembrerà il conduttore di un moderno e atroce reality capace di cancellare di botto tutte le scemenze che vanno in onda 24 ore al giorno in TV. Diabolico. E la scelta della bella Deborah Unger, donna ancor più enigmatica per via del taglio dei suoi occhi, è un altro elemento azzeccato dal regista.

Forse vi sembrerà un film non perfetto ma intanto per me resta tutto da gustare, almeno per rendergli giustizia per il lungo periodo di dimenticanza da parte di tutti.
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