Zodiac (2007)
- michemar

- 11 mar 2019
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 28 set

Zodiac
USA 2007 thriller 2h37'
Regia: David Fincher
Soggetto: Robert Graysmith
Sceneggiatura: James Vanderbilt
Fotografia: Harris Savides
Montaggio: Angus Wall
Musiche: David Shire
Scenografia: Donald Graham Burt
Costumi: Casey Storm
Jake Gyllenhaal: Robert Graysmith
Robert Downey Jr.: Paul Avery
Mark Ruffalo: David Toschi
Anthony Edwards: William Armstrong
Brian Cox: Melvin Belli
Elias Koteas: serg. Jack Mulanax
Chloë Sevigny: Melanie
John Carroll Lynch: Arthur Leigh Allen
Dermot Mulroney: cap. Marty Lee
John Getz: Templeton Peck
Philip Baker Hall: Sherwood Morrill
Donal Logue: Ken Narlow
TRAMA: San Francisco, 1969: un serial killer uccide sette persone e sfida la polizia con lettere e messaggi criptici. Gli ispettori David Toschi e William Armstrong conducono le indagini, ma anche la stampa inizia a interessarsi al caso: in particolare i giornalisti Paul Avery e Robert Graysmith, che a poco a poco ne diventano ossessionati e non si vogliono arrendere.
Voto 7,5

L’inizio è senza preamboli o introduzioni. Quando una giovane coppia, il 4 luglio 1969 a Vallejo in California, giorno della festa dell'Indipendenza statunitense, parcheggia l’auto in un prato pregustando la solitudine e la tranquillità per la loro serata al buio della campagna, un’altra macchina si ferma a pochi metri e l’uomo che scende punta una torcia elettrica contro di loro. Come ipotizzerà in seguito la polizia, quella mano stringe anche una pistola che spara diversi colpi contro i due passeggeri: il serial killer che terrorizzò lo stato alla fine degli anni ’60 comincia la sua orribile serie di omicidi. David Fincher subito dopo ci illustra il momento storico con un incipit rock travolgente facendo partire il commento musicale con i brani più famosi di Donovan e Carlos Santana.

Siamo già nel clima del thriller di un assassino psicopatico che passa immediatamente a scrivere lettere ai quotidiani più importanti della regione in cui minaccia e preannuncia altri atti simili a quello commesso quella notte. Siamo già dentro anche nel panico degli editori che non sanno decidere se pubblicarle e spaventare così la popolazione oppure mettere a tacere l’assassino. Sono due gli ambienti che si buttano a capofitto nella storia, ognuno con finalità diverse. Prima di tutto, ovviamente, la polizia che deve far luce, mediante le indagini di Dave Toschi e Bill Armostrong, e poi due dipendenti del San Francisco Chronicle, il redattore Paul Avery e il vignettista Robert Graysmith, che si interessano subito della faccenda. Sono quindi due coppie che il regista segue da vicino, alternando le sequenze delle loro ricerche: chi per arrestare l’omicida, chi per scoprire elementi da pubblicare sul giornale. Quattro persone di carattere molto differente che lo spettatore imparerà a conoscere nel prosieguo dello sviluppo del film, che viaggiano in parallelo ma inevitabilmente arriveranno ad incrociarsi, anche per scambiarsi i risultati del loro rispettivo lavoro: ma, badiamo bene, non per collaborare ma per ottenere altre informazioni rispetto a ciò che ognuno è riuscito a scoprire.

La storia degli omicidi è lunga e articolata e tutti brancolano solo nel campo delle ipotesi, che presto vengono stravolte sia dal comportamento del misterioso uomo sia dai nuovi particolari che saltano fuori, che portano ad altre piste. Il mistero si infittisce e richiede un impegno sempre maggiore, fino al punto di condizionare la vita dei quattro. Fino al punto che dopo anni di indagini l’impegno stravolgente diventa quasi una corsa ad eliminazione: Bill, esausto e lontano spesso dalla famiglia, preferisce chiedere il trasferimento ad altra sezione, mentre Paul, già sbandato di suo, affoga la sua vita nell’alcol e nelle droghe. Restano imperterriti e soggiogati dal mistero Dave e il disegnatore Robert, vero protagonista del film, che si rivela il più intuitivo e testardo, uomo che però finirà di rovinare la sua vita familiare. Il suo impegno è totale, sfibrante, che esaurisce ogni forza di cui dispone. Se si andrà vicino alla soluzione, ma solo vicino, il merito è solo suo, per la disperazione dell’agente Dave che è stato estromesso dalle indagini dal suo capo ma tirato dentro di nuovo dalle insistenze delle personali indagini di Robert.

Il passaggio di David Fincher da un modo di inquadrare una trama di contatti e sangue come Fight Club e Seven ad una con un serial killer praticamente assente e invisibile, quasi impalpabile come un fantasma, come un personaggio inesistente, è la prima cosa che può venire in mente; e non solo: l’orrore si vede e non si vede, si racconta, si protrae per anni e anni, accompagnandosi da una fotografia giallastra come se fosse la nebbia che appanna le indagini. Indagini che iniziano come tutte le altre ma che poi, anche per i continui insuccessi, diventano paranoia, giù giù fino alle intuizioni di un vignettista appassionato di enigmistica, dote essenziale per poter interpretare le ermetiche lettere anonime dell’uomo che si firma con una sigla, quella del cerchio con una croce all’interno, già utilizzato da una famosa marca di orologi. Belli i personaggi, quasi staffettisti nella maratona in cui il regista ci lancia, con una sceneggiatura di ferro, perfetta, anche se alla fine sembra non arriveremo mai. Perché alla fine non si arriva veramente. E se il film è un abbastanza lungo non bisogna spaventarsi: con David Fincher (che lo è sempre) c’è un gran vantaggio: non ci si stanca, non ci si annoia. D’altronde con un assassino seriale che spaventò per anni la California tra gli anni ’60 e ’70 si poteva essere brevi?

Dice Fincher a proposito dei personaggi serial killer al centro di varie trame come questa: “Questi assassini sono persone in realtà molto tristi, che spesso sono cresciute in circostanze orribili. Non dico questo per sottolineare l'empatia o la simpatia che bisogna avere per loro, è semplicemente un fatto. Abbiamo visto spesso questa sorta di stereotipo letterario, per cui c'è una linea molto sottile tra il cacciatore e la preda e ho deciso che era arrivata l'ora di allontanarsene e chiarire che la ragione per cui siamo davvero affascinati da questi assassini è che non siamo minimamente come loro. Sono insondabili”. Verissimo. I quattro principali attori recitano con molto impegno e rendono appassionante il film dal primo all’ultimo minuto. Pur in assenza di scene di azione, tipiche dei polizieschi, il film non fa mai cadere l’attenzione, con un ritmo costante e con una sola scena che alza la tensione a livelli alti, ed è quando il testardo Robert si reca nell’abitazione di un ex proiezionista di cinema che può fornirgli importanti elementi utili alle sue personali indagini, scena che diventa l’unico momento in cui si avvertono attimi di paura. Ottimi Robert Downey Jr., che veste i panni del giornalista nel modo a lui più congeniale, Mark Ruffalo, attore sempre diligente capace di essere chiunque sia un brav’uomo, e poi tutta la schiera di eccellenti comprimari come Anthony Edwards, Brian Cox, Elias Koteas, Chloë Sevigny, Dermot Mulroney, Philip Baker Hall e l’adattissimo John Carroll Lynch, ma su tutti si leva il magnifico Jake Gyllenhaal.

Tutto è un eccellente meccanismo di precisione come sempre ci ha abituati David Fincher, che condisce la sua opera con una selezione musicale fortemente rockeggiante che comprende i nomi e i brani che veleggiavano in quegli anni: oltre ai citati Donovan e Sanata, Miles Davis, Marvin Gaye, Sonny Bono, Eric Burdon & The Animals, Gerry Rafferty, The Four Tops, Sly and the Family Stone, Isaac Hayes, John Coltrane ed altri ancora.

Per la cronaca. Prima dei titoli di coda e accompagnati dalla voce di Donovan nel bellissimo Hurdy Gurdy Man, si viene a sapere quanto segue. Dopo l'identificazione di Arthur Leigh Allen da parte di Mike Mageau, le autorità fissarono un incontro per discutere la sua incriminazione. Allen morì per un attacco cardiaco prima che l'incontro avesse luogo. Nel 2002 un parziale profilo del DNA che non era quello di Allen fu tracciato da una busta di Zodiac di 33 anni prima. Gli investigatori di San Francisco e Vallejo rifiutarono di escludere Allen come indiziato sulla base di quel test. Nel 2004 la polizia di San Francisco ha chiuso la sua indagine su Zodiac. Oggi il caso rimane aperto nelle contee di Napa, Solano e nella città di Vallejo, dove Arthur Leigh Allen è ancora il principale e unico indiziato. L'ispettore Dave Toschi andò in pensione dalla polizia di San Francisco nel 1989 e fu prosciolto da tutte le accuse di aver scritto la lettera di Zodiac del 1978. Paul Avery morì il 10 dicembre del polmonare. Aveva 66 anni e le sue ceneri furono disperse dalla famiglia nella baia di San Francisco. Robert Graysmith vive a San Francisco e ha un ottimo rapporto con i figli. Afferma di non aver più ricevuto telefonate anonime da quando Allen è morto.






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