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The Terminal (2004)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 2 feb 2022
  • Tempo di lettura: 2 min

Aggiornamento: 3 dic

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The Terminal

USA 2004 commedia 2h8’


Regia: Steven Spielberg

Sceneggiatura: Sacha Gervasi, Jeff Nathanson

Fotografia: Janusz Kaminski

Montaggio: Michael Kahn

Musiche: John Williams

Scenografia: Alex McDowell

Costumi: Mary Zophres


Tom Hanks: Viktor Navorski

Catherine Zeta-Jones: Amelia Warren

Stanley Tucci: Frank Dixon

Diego Luna: Enrique Cruz

Barry Shabaka Henley: Ray Thurman

Chi McBride: Joe Mulroy

Kumar Pallana: Gupta Rajan

Zoe Saldana: agente Torres


TRAMA: Viktor Navorski, proveniente dall'Europa dell'Est, si ritrova bloccato all'aeroporto JFK di New York perché a causa di un colpo di stato il suo Paese d'origine è stato cancellato. Ciò significa che il passaporto e i documenti dell'uomo non sono più validi. Senza un posto a cui fare ritorno, Viktor si sistema nel terminal dell'aeroporto, diventando amico delle persone che ci lavorano e innamorandosi di una hostess, Amelia Warren.


Voto 7


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Le favole di Steven Spielberg (sono spesso favole, questo è indiscutibile) hanno sempre una morale, tanto che non è raro che il regista venga accusato di essere troppo buonista, ma è forse un giudizio affrettato e soprattutto immeritato. Prendiamo il mitico “sogno americano”, per esempio: il cinema ce lo racconta sempre, ma quante volte riesce al protagonista di realizzarlo? Tante volte sbatte il grugno sulle oggettive difficoltà o sul razzismo o persino (come in questo caso) sulla burocrazia (in Italia siamo campioni del mondo).


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Viktor, proveniente dall’Europa dell’Est, si ritrova bloccato all’aeroporto di New York perché, a causa di un colpo di stato, il suo Paese d’origine è cancellato. Ciò significa che il passaporto dell’uomo non è più valido. E adesso che fa? È chiuso nel grande recinto chiamato aeroporto chiamato JFK e non può né tornare indietro (ma dove?) né uscire: l’unica soluzione è adeguarsi con pazienza e aspettare gli eventi favorevoli. E chi è l’attore più idoneo ad adattarsi per Spielberg? Ma Tom Hanks, perdinci! Il suo jolly immancabile, l’attore che deve al regista le sue fortune ma anche il contrario, perché nessuno come Hanks sa interpretare l’uomo medio e la persona perbene, il capitano coraggioso o il buon padre di famiglia.


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Con il suo tocco di ordinarietà che sa trasformarsi in piccolo eroe, il passo è breve e la sua simpatia straripante lo aiuta sempre. Ingenuo e trasparente sa conquistarsi le simpatie di quella tribù che vive clandestina negli innumerevoli corridoi e sale dell’aeroporto, tutta gente che il “sogno” ha portato a trovarsi prigioniera per chissà quanto tempo. L’importante è adeguarsi, altrimenti quella terra di nessuno in cui Viktor è ostaggio diventa un carcere: dall’American Dream alla no man’s land, altro passo breve.


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Le espressioni di Tom Hanks, a seconda dell’evolversi della strana situazione, sono un manuale per attori: sbalordito davanti alle news della TV, frastornato dagli intoppi che non comprende, candido davanti ai funzionari e poliziotti, sorridente quando il destino pare e lo illude di risolvergli le complicazioni, impacciato con la donna che lo ha fatto innamorare, radioso di compiere il primo passo fuori, sul marciapiede americano.


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Il film non è solo lui, è soprattutto lui, ma poi c’è la bellezza di Catherine Zeta-Jones che è abbagliante, e, continuando, pochi come Stanley Tucci sanno essere perfetti funzionari diligenti, la scrittura di Andrew Niccol (il soggetto è suo) è implacabile quando la fantasia deve galoppare, come ben sappiamo. Al resto ci pensa una regia che non sbaglia mai.



 
 
 

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