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The Village (2004)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 12 nov
  • Tempo di lettura: 3 min
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The Village

USA 2004 dramma / thriller psicologico 1h48’

 

Regia: M. Night Shyamalan

Sceneggiatura: M. Night Shyamalan

Fotografia: Roger Deakins

Montaggio: Christopher Tellefsen

Musiche: James Newton Howard

Scenografia: Tom Foden

Costumi: Ann Roth

 

Bryce Dallas Howard: Ivy Walker

Joaquin Phoenix: Lucius Hunt

Sigourney Weaver: Alice Hunt

Adrien Brody: Noah Percy

William Hurt: Edward Walker

Brendan Gleeson: August Nicholson

Cherry Jones: Mrs. Clack

Celia Weston: Vivian Percy

John Christopher Jones: Robert Percy

Judy Greer: Kitty Walker

Jayne Atkinson: Tabitha Walker

Fran Kranz: Christop Crane

Michael Pitt: Finton Coin

Jesse Eisenberg: Jamison

 

TRAMA: Fine XIX secolo: la comunità di Covington, in Pennsylvania, vive isolata dal resto del mondo sotto la guida degli anziani e circondata da un bosco popolato da misteriose creature, con le quali è stato stretto un patto di reciproco rispetto. Ma improvvisamente la situazione precipita: gli strani esseri della foresta violano i confini e seminano il panico nel villaggio

 

VOTO 7,5


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Il film di M. Night Shyamalan è un’opera che sfida le etichette di genere, mescolando horror, dramma, in una fiaba gotica dal cuore profondamente umano, perché non è etichettabile come un semplice horror essendo più che altro un’allegoria sociale che fa riflettere.


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Ambientato in una comunità rurale apparentemente ottocentesca, il lungometraggio ci immerge in un microcosmo isolato, dove gli abitanti vivono secondo regole rigide e rituali ancestrali per tenere lontane le misteriose creature che abitano il bosco circostante. La narrazione si sviluppa attorno a Ivy (Bryce Dallas Howard), una giovane cieca, e Lucius (Joaquin Phoenix), il fabbro taciturno, il cui amore innocente diventa il motore di una ribellione silenziosa contro la paura e il controllo. Una figura che pare secondaria ma che si prende il suo spazio è anche Noah un Adrien Brody perfettamente adatto per il personaggio che quasi non si rende conto dell’atto commesso nel momento più drammatico del film.


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Shyamalan, autore che predilige questo tipo di cinema a cavallo tra racconti di paura e riflessioni morali, costruisce il film come un puzzle emotivo e visivo, dove ogni dettaglio – dai colori simbolici ai silenzi carichi di tensione – contribuisce a un’atmosfera sospesa. Il regista non cerca lo spavento facile, ma usa il linguaggio dell’horror per parlare di paura come strumento di potere, di innocenza come forma di resistenza, e di verità come trauma. Il colpo di scena, marchio di fabbrica del regista, non è fine a se stesso: è una rivelazione che cambia la prospettiva dello spettatore, costringendolo a riconsiderare ogni scena precedente sotto una nuova luce. A molti capita di volerlo rivedere alla luce di ciò che piano piano si rivela fino al finale e trarne le giuste conclusioni. È come un gioco della percezione che si completa sicuramente con una seconda visione.


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È, come detto, stato spesso frainteso come un horror convenzionale, ma in realtà è una riflessione profonda sull’isolamento volontario e sulla costruzione di miti per proteggersi dal dolore del mondo esterno. In un’America segnata dagli attentati dell’11 settembre, Shyamalan propone una parabola sulla fuga dalla realtà, sull’illusione della sicurezza e sul prezzo della purezza. Il villaggio diventa metafora di una società che si chiude in se stessa, sacrificando la libertà per la tranquillità.


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Il cast, nutrito per via dei tanti personaggi, a cui il regista affida una parte per il tutto, è straordinario: Bryce Dallas Howard, al suo debutto, regala una performance intensa e vulnerabile; Joaquin Phoenix è magnetico nella sua introversione; gli eccellenti William Hurt e Sigourney Weaver incarnano con ambiguità il peso del potere e della responsabilità. La regia è misurata, quasi ascetica, e la fotografia di Roger Deakins, vero artista dei quadri e dei colori, dipinge il villaggio come un luogo fuori dal tempo, dove la bellezza si mescola all’angoscia. Tant’è che si fa fatica a collocare la trama in un periodo storico ben preciso. Molto belle le musiche di James Newton Howard e gli abiti di Ann Roth contribuiscono a perfezionare le inquadrature. Tra cast e regia, in definitiva, si crea un equilibrio delicato tra paura e poesia.


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Una cosa è chiara: non è un film per chi cerca risposte semplici. È un’opera che invita alla riflessione, che parla di scelte morali, di illusioni collettive ma anche di amore come atto rivoluzionario. Sì, proprio così, è una presa di coscienza con un finale sorprendente, degno dell’intero film. Che è come il suo bosco: va attraversato con coraggio, accettando di perdersi per ritrovarsi, per capire, per aprire se stessi e la comunità al mondo.

Un villaggio, un bosco, un segreto.


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Riconoscimenti

Oscar 2005

Candidatura per la miglior colonna sonora

 


 
 
 

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cinefilo da bambino

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