Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto (1974)
- michemar

- 13 ago
- Tempo di lettura: 3 min

Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto
Italia 1974 commedia 1h56’
Regia: Lina Wertmüller
Sceneggiatura: Lina Wertmüller
Fotografia: Ennio Guarnieri
Montaggio: Franco Fraticelli
Musiche: Piero Piccioni
Scenografia: Enrico Job
Costumi: Enrico Job
Mariangela Melato: Raffaella Pavone Lanzetti
Giancarlo Giannini: Gennarino Carunchio
Riccardo Salvino: Pavone Lanzetti
Isa Danieli: signora Carunchio
Aldo Puglisi: Pippo
Anna Melita: amica
Eros Pagni: un giornalista
TRAMA: Una ricca signora milanese, Raffaella Pavoni Lanzetti, è in crociera nel Mediterraneo. Non si fa scrupolo di snobbare crudelmente la ciurma, ma quando naufraga su un’isola deserta con l’unica compagnia del marinaio Gennarino Carunchio, siciliano rude e comunista, la gerarchia di poteri si capovolge. Dopo un primo momento di paura, la signora ci prende anche gusto.
VOTO 7,5

Raffaella Pavone Lanzetti (Mariangela Melato), una ricca borghese di Milano, anticomunista e repubblicana, passa le sue vacanze su uno yacht in mezzo al mar Mediterraneo assieme ai suoi ricchi e viziati amici. Durante la crociera non fa altro che rimarcare il proprio elevato rango sociale, umiliando i suoi sottoposti, tra cui Gennarino Carunchio (Giancarlo Giannini), marinaio siciliano comunista e dal carattere scontroso, che nutre sentimenti di insofferenza e disprezzo verso i ricchi turisti, ma che deve suo malgrado servire per sopravvivere.

Gennarino deve soddisfare le richieste della “padrona”, fino a che, per un guasto al motore di un gommone, i due si ritroveranno soli in mare aperto. Approdati su un’isola deserta, i ruoli si invertono e la Pavone Lanzetti, col suo fare spocchioso e non potendo da sola provvedere alla propria sopravvivenza in quanto incapace di pescare e costruire un rifugio, si vede costretta a elemosinare l’aiuto di Gennarino, attirando a sé, da parte di lui, attenzioni di rivalsa al limite della violenza, che sfociano in rapporti sessuali consensuali. Gennarino l’aiuta perciò dandole da mangiare e offrendole rifugio nella capanna da lui trovata sull’isola, ma solo a seguito della resa della ricca donna. Con il tempo si stabilisce così un rapporto sempre più stretto e passionale, finché non finiscono per innamorarsi l’uno dell’altra. Sino al punto, mai immaginabile prima, che la donna afferma di non essere mai stata così felice e così donna: è il trionfo della classe considerata inferiore.
Sì, perché il film è la trasposizione della lotta di classe, che normalmente in quegli anni ‘70 avveniva con le battaglie sindacali, gli scioperi e i cortei di protesta, in un ambiente imprevisto, in un luogo fuori dal mondo, via – citando il titolo di un film di tutt’altro contenuto ed epoca – dalla pazza folla, quasi in un universo parallelo. Tra due persone distanti in tutto ma isolate dal resto dell’umanità, dove la personalità esibita fino a quel momento della fanatica donna non serve alla sopravvivenza. E si cambia idea, totalmente.
Se si vuole cercare un film che incarni brillantemente il genio di Lina Wertmüller, questo è forse il più adatto, il più paradigmatico, almeno per il modo in cui ha cercato di esplorare con audacia e satira le dinamiche di classe e il conflitto dei sessi. Perché non è solo, come è evidente, una questione di classe ma anche di supremazia dei sessi basata non sulla ricchezza materiale ma sulla capacità personale.
La regista tesse una narrazione che è al tempo stesso intima e universale, con personaggi vividi che rimangono impressi nella memoria dello spettatore. Mariangela Melato e Giancarlo Giannini offrono interpretazioni memorabili, incarnando due individui di classi sociali opposte la cui relazione si evolve in modi inaspettati e provocatori. Operazione totalmente riuscita perché la regista prima di tutto si appoggia a una delle coppie più ottimamente assortite della storia del cinema italiano (con Giannini ha formato il duo regista-attore tra le più fortunate del tempo) ma poi perché mette in scena l’apice della sua vena grottesca, dai sapori forti e dal sarcasmo feroce.

Il film, per buona parte ambientato nella splendida Cala Luna nel golfo di Orosei in Sardegna, utilizza il mare come metafora della libertà e dell’isolamento, sottolineando il divario tra i protagonisti e il mondo esterno. Con un finale che lascia lo spettatore a riflettere sulla natura delle relazioni umane e sulle strutture sociali che le modellano, indubbiamente, il film rimane significativo e provocatorio. Un piccolo capolavoro di ingegneria della commedia all’italiana.

Oltre a qualche riconoscimento negli Stati Uniti, dove fu stato particolarmente apprezzato, il film ha vinto un David di Donatello nel 1975 per le musiche di Piero Piccioni.
“Brutta bottana industriale socialdemocratica!”


















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