Un eroe (2021)
- michemar

- 26 mag 2022
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 21 ago

Un eroe
(Ghahreman) Iran, Francia 2021 dramma 2h7’
Regia: Asghar Farhadi
Sceneggiatura: Asghar Farhadi
Fotografia: Ali Qazi, Arash Ramezani
Montaggio: Hayedeh Safiyari
Costumi: Negar Nemati
Amir Jadidi: Rahim Soltani
Mohsen Tanabandeh: Braham
Alireza Jahandideh: Hossein
Fereshteh Sadr Orafai: Radmehr
Sarina Farhadi: Nazanin
Sahar Goldust: Farkhondeh
Maryam Shahdaei: Malileh
Ehsan Goodarzi: Nadeali
TRAMA: Rahim è in carcere a causa di un debito che non è riuscito a ripagare. Durante un permesso di due giorni, cerca di convincere il suo creditore a ritirare la denuncia in cambio di una parte della somma. Le cose però non vanno come previsto.
Voto 8

Asghar Farhadi, dopo la parentesi fuori i confini (Tutti lo sanno) - che non a tutti è piaciuta ma che meriterebbe maggiore attenzione (in Italia il doppiaggio lo ha rovinato completamente) - torna a parlare del suo Paese e dei suoi mali, dei protagonisti delle sue storie sempre sfortunati, indecisi, a cui non ne va mai bene una, sempre in trame drammatiche tinte di giallo. Così era successo in Il cliente, Il passato, Una separazione, ovunque con litigi, discussioni, incomprensioni, aule di tribunale e la giustizia iraniana che incombe severa con le leggi islamiche. Parrebbe che il super premiato regista, nato nella regione dei pregiati tappeti di Isfahan, sia monopolizzato da trame simili e da personaggi che si rassomigliano ed invece ci sorprende ogni volta con storie differenti, per giunta, questa volta, caratterizzando il racconto con gli aspetti più moderni della nostra vita attuale.

Eroe. Un termine spesso usato a sproposito, in ogni caso troppo spesso usato. Da sempre, si diventa eroi con facilità, aiutati una volta dalla stampa, a cui si aggiunsero decenni fa i notiziari televisivi. Oggi la fanno da padrone i social media: si può creare un mito in poche ore e distruggerlo entro il calar del sole del giorno seguente. Siamo passati dall’eroe mitico se non proprio epico, capace di gesti di grande combattente, coraggioso sino all’inverosimile, a quello momentaneo nato per un solo atto di onestà e civiltà: il povero che restituisce un portafogli pieni di banconote, il bagnino che salva un nuotatore incapace e via discorrendo. Il nostro è Rahim Soltani, un abitante di Shiraz che soggiorna nel carcere della città a causa di un prestito che non è riuscito a restituire (nei paesi occidentali sarebbe in galera una buona parte delle persone per questo motivo). Per giunta, quei soldi li aveva avuti addirittura dall’ormai ex suocero Braham, che ha una avviata attività commerciale. Rahim non andava molto d’accordo con la moglie e lo strascico si è allungato anche nei rapporti con il padre di lei, tanto che non riscuotendo il credito, lo ha denunciato alle autorità e il giovane uomo è stato condannato a diversi anni di carcere (!).

La nuova partner a cui si è legato Rahim è Farkhondeh, la quale rinviene per caso una borsa da donna smarrita alla fermata di un autobus in cui trova 17 monete d’oro: la loro unione è segreta perché sarebbe uno scandalo far sapere di avere una relazione con un detenuto ma quelle monete potrebbero servire a pagare almeno una parte del debito dell’uomo e, nel caso il creditore accettasse, quest’ultimo potrebbe ritirare la denuncia e far uscire il fidanzato dal carcere. Necessita, nei due giorni di permesso che Rahim gode fuori dalle sbarre, realizzare il contante dalle monete e convincere il severissimo suocero di accontentarsi dell’anticipo. Una coincidenza casuale e un ripensamento di coscienza inducono però il detenuto a ripensarci e mettersi alla ricerca della donna che ha perso la borsa con il prezioso contenuto. La prigione approfitta delle buone intenzioni per far giungere la notizia alla televisione locale, per far modo che questa possa coprire lo scandalo di un suicidio avvenuto in cella: una bella novità sostituirà la disgrazia carceraria e il buon nome della prigione non sarà compromesso. La TV e i social hanno creato così un eroe.

Se esistono i veri o finti profili social che smontano l’affidabilità dei politici o dei vaccini o delle cure mediche, altrettanto facile viene a chiunque cominciare a diffidare della veridicità della storia di Rahim e a smontarne l’onda a suo favore. Lì come qui, in Iran come in Italia, in Medioriente come nel mondo occidentale. True news o fake news poco importa, in tutti i casi è un torrente in piena che travolge ogni buon senso e le notizie false diventano vere e quelle vere vengono smontate da argomentazioni fasulle. Troppo facile e troppo di moda. Perché una bugia, ripetuta mille volte, spesso viene scambiata per verità. Osservando il film, è facile accorgersi come almeno la metà dei vari personaggi trascorrano il tempo con la testa piegata sullo smartphone, incominciando dal funzionario della Prefettura che aveva promesso di far assumere il nostro protagonista una volta liberato dal suo onere, ed invece, una volta ricevuto nell’ufficio, questi lo maltratta avendo appena letto che i social si sono rivoltati contro l’uomo e che nessuno crede più alla sincera rinuncia e restituzione del tesoretto rinvenuto.

Asghar Farhadi esamina i modi in cui la società costruisce un mito, quindi un eroe, per poi abbatterlo con la medesima velocità e facilità. Ci dimostra come una storia semplice come questa possa svolgersi in modi inaspettati, costringendoci a riconsiderare i nostri giudizi affrettati e le nozioni che avevamo memorizzato come sicure. Rahim poteva essere catalogato facilmente come un truffatore, un taccheggiatore, ed invece è una persona ordinaria che quindi è complicata come ognuno di noi, che, come tutti, in una situazione non facile, si trova a percorrere un sentiero scivoloso: non ci sono risposte facili per nessuno, neanche per un ente di beneficenza che vuole assistere Rahim ma deve anche proteggere la propria reputazione per far sì che le donazioni continuino ad arrivare per gli altri casi. Sono quindi tre le tracce del tema proposto dal regista iraniano: la facilità con cui si può costruire un modello ideale di persona e come altrettanto lo si può distruggere, la pericolosità dei media in generale che contribuiscono a questi processi di (dis)informazione sociale e la obiettiva difficoltà a stabilire la verità. Già, qual è la verità? Chi può stabilire con certezza quale sia la versione realmente accaduta? Chi sta fornendo la testimonianza più affidabile? E poi, esiste una verità assoluta? Il colmo è che, tra i tanti personaggi della trama, l’unico che cerca di attenersi ai fatti è proprio il creditore, cioè quello che risulta il più indisponente e antipatico allo spettatore. Tanto poi, lo sappiamo, ci si ferma volentieri solo ai titoli (chi ha la pazienza di leggere l’articolo intero?), ai tweet perché sono più brevi del post di facebook, alle prime note dei video musicali per passare presto ad altro.

A proposito di verità e realtà, chissà come risulta al pubblico il protagonista Rahim la cui maggiore caratteristica che salta subito agli occhi è il suo perenne sorriso che rivolge a tutti (lo smette solo nei momenti in cui è in seria difficoltà). È sincero? è una persona falsa? è una smorfia di un deficiente? è un sorriso ipocrita che porta stampato sulla faccia per farsi voler bene? Oppure è davvero empatico, un brav’uomo che il destino sta rendendo martire? Di certo è uno dei tanti antieroi di Asghar Farhadi, uno dei tanti iraniani che devono arrabattarsi per campare in una società che per molti versi è simile alla nostra, che si sforza di abbandonare il chador, ma che per altri motivi è ferma ad una giustizia sommaria e ad una società che tende a privilegiare chi ha un ruolo dietro una scrivania rispetto a chi deve chiedere i soldi in prestito per avviare una semplice attività.
Un momento. Siamo mica anche in Occidente nelle stesse condizioni? Dov’è la verità?

Che bel film e che bravo Farhadi! E che bravi gli attori! Spontanei, credibili, in molte circostanze sembra un documentario, con tutte quelle comparse che parteggiano per questo o per quello, intervengono, discutono. Sembra un pezzo di vita reale documentato per le strade in mezzo al traffico caotico e ad un viavai ininterrotto di gente comune. Tanto, alla fine, tutto rientra nel trantran quotidiano e Rahim si avvia rassegnato, ma sempre con il suo sorriso splendente.
Il fatto più curioso, comunque, è la nemesi del destino: il 5 aprile 2022, un tribunale iraniano ha riconosciuto il regista colpevole di aver sottratto l'idea del film a una sua ex allieva, Azadeh Masihzadeh, dopo la denuncia per plagio da parte di quest'ultima. Nella fattispecie, Farhadi si sarebbe ispirato al documentario diretto dalla regista All Winners All Losers. Il regista, in seguito, ha ammesso di essersi ispirato alla vicenda della Masihzadeh, senza citarla nei crediti.
Non è fantastico?
Grand Prix Speciale della Giuria a Cannes 2021.






























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