Una famiglia all’improvviso (2012)
- michemar

- 17 mar
- Tempo di lettura: 4 min

Una famiglia all’improvviso
(People Like Us) USA/India 2012 commedia drammatica 1h54’
Regia: Alex Kurtzman
Sceneggiatura: Alex Kurtzman, Roberto Orci, Jody Lambert
Fotografia: Salvatore Totino
Montaggio: Robert Leighton
Musiche: A.R. Rahman
Scenografia: Ida Random
Costumi: Mary Zophres
Chris Pine: Sam
Elizabeth Banks: Frankie
Olivia Wilde: Hannah
Jon Favreau: Richards
Michelle Pfeiffer: Lillian
Mark Duplass: Ted
Michael Hall D’Addario: Josh
Philip Baker Hall: Ike Rafferty
Sara Mornell: d.ssa Amanda
Barbara Eve Harris: sig.ra Haney
TRAMA: È un giorno particolarmente difficile per l’intraprendente Sam, che, dopo aver fallito una contrattazione di lavoro, apprende la notizia della scomparsa del padre. Immediatamente si reca presso la casa di famiglia per mettere a posto alcune documentazioni necessarie all’eredità e qui scopre di avere una sorella trentenne, Frankie, di cui ignorava l'esistenza.
VOTO 6

I due personaggi principali, Sam e Frankie, sono persone come tutti: imperfette e tante volte in difficoltà. Le loro vicende portano lo spettatore su montagne russe emotive che capitano alle persone normali. Né ci sono effetti speciali. Nessuna azione. Nessun set esotico. L’unica attrazione del film, oltre a quelle emozioni, è l’ordinarietà dei personaggi.

Sam (Chris Pine), giovane uomo d’affari, felicemente fidanzato con Hannah (Olivia Wilde), si rifà vivo a casa della madre Lillian (Michelle Pfeiffer) per assistere ai funerali del padre, ricco produttore discografico, oltre che all’apertura del testamento. Con l’occasione trova però una sorpresa: una sorella, Frankie (Elizabeth Banks), di cui non sapeva nulla. E la sorpresa non finisce qui: questa persona è da rintracciare prima di tutto per informarla, ma anche per la consegna di una cospicua somma di denaro. Una volta scovata, senza però rivelare che in realtà è suo fratello, Sam si fa carico della situazione difficile della donna, alle prese con qualche bicchiere di troppo e con un problematico figlio dodicenne, riscoprendo lentamente il valore della famiglia e le proprie origini.

Il film, in pratica, racconta la storia di un giovane uomo che, venendo a conoscenza della morte del padre, si accorge che ormai si è fatto una vita sua autonoma e l’idea che debba tornare a Los Angeles per vedere la sua famiglia non lo entusiasma ma bisogna anche fare il proprio dovere e dire addio al padre che per lui era un individuo assente, perché non si è mai sentito trattato come un vero figlio. Tuttavia, decide di andare e durante quel breve soggiorno scopre di avere una sorella, il cui figlio ha ereditato molti soldi: in verità scopre anche che il padre in passato aveva avuto altri due figli da un precedente matrimonio. Anche la sorella ha avuto pochi contatti con il padre e non conosce l’uomo arrivato da New York a Los Angeles per incontrare una famiglia che non gli piace. L’imbarazzo e la riluttanza dominano la prima parte, ma lentamente l’orizzonte si apre.

Comincia, cioè, a nascere quasi forzatamente un rapporto prima impensabile e inatteso che pian piano avvicina le due persone. Ma invece di confessare i loro legami familiari, Sam si insinua nelle loro vite fino a quando, mentre tutto filava liscio, si accorge che quella sorella sbandata lo tratta diversamente da ciò che si aspetta. Lei sta innamorandosi di lui. Questo è il classico espediente della trama che accade sempre e solo nei film a buon mercato, e impedisce al film di fare ciò che vuole veramente fare, ovvero ritrarre persone vere, autentiche danneggiate che lottano per venire a patti con una crisi emotiva.

È un’opera semplice che punta ai sentimenti e al bisogno, magari scoperto in ritardo, dei benefici che si ricevono dalla famiglia, per quanto possa essere complicata o imperfetta. Specialmente quando non la si ha. Ma anche gli individui sono imperfetti e questo è normale: ciò che conta è fare del proprio meglio e lasciare che tutto il resto vada al suo posto. E quindi il film diventa serioso, quasi un dramma che esplora le dinamiche familiari e i segreti nascosti.

Questo è uno dei messaggi che il film di Alex Kurtzman cerca di spiegare. Il progetto e il soggetto del film partono da un motivo personale, perché è una trama parzialmente autobiografica. Cioè, il regista sa di cosa parla. Infatti, rivelò all’uscita del film che aveva incontrato la sua sorellastra quando aveva 30 anni e aveva sentito un bisogno indescrivibilmente forte di scriverne in qualche maniera, mantenendo essenzialmente il concetto di raccontare una storia disordinata perché era una situazione disordinata in cui si trovavano i personaggi. Ha scritto, cioè, la sua storia. Una trama senza fronzoli, effetti speciali o azione: semplicemente parla di persone e di sentimenti umani, a cavallo tra realtà e finzione, riscrivendo i personaggi coinvolti.

Meraviglia un po’ annotando che il regista esordiente non è solito a queste tematiche, essendo più che altro lo sceneggiatore rinomato di molti film d’azione, di blockbuster di successo, tipo The Island (2005), Mission: Impossible III (2006), Star Trek (2009), in seguito ha scritto per Into Darkness - Star Trek (2013), The Amazing Spider-Man 2 - Il potere di Electro (2014), tutti argomenti lontanissimi da questo soggetto drammatico e personale.

Nulla di speciale, quindi, ma un discreto intrattenimento, appena sufficiente, fatto di emozioni, quelle vitali, come un diario intimo, però con un cast importante in cui emerge meglio Elizabeth Banks del protagonista Chris Pine. Un cast di nomi noti che aiuta di certo l’esordio alla regia.






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