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Qualcosa di personale (1996)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 21 feb 2023
  • Tempo di lettura: 2 min

Aggiornamento: 19 mag 2023


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Qualcosa di personale

(Up Close & Personal) USA 1996 dramma 2h4’


Regia: Jon Avnet

Sceneggiatura: Joan Didion, John Gregory Dunne

Fotografia: Karl Walter Lindenlaub

Montaggio: Debra Neil-Fisher

Musiche: Thomas Newman

Scenografia: Jeremy Conway

Costumi: Albert Wolsky


Robert Redford: Warren Justice

Michelle Pfeiffer: Tally Atwater

Stockard Channing: Marcia Mac Grath

Joe Mantegna: Bucky Terranova

Kate Nelligan: Joanna Kennelly

Glenn Plummer: Ned Jackson

James Rebhorn: John Merino

Scott Bryce: Rob Sullivan

Raymond Cruz: Fernando Buttanda

Dedee Pfeiffer: Luanne Atwater

Miguel Sandoval: Dan Duarte

Noble Willingham: Buford Sells


TRAMA: ‎Tally Atwater viene preso sotto l'ala protettrice di Warren Justice in una redazione di Miami e diventa una star delle notizie in televisione. Nonostante il suo amore per lui, lei coglie la grande occasione e si trasferisce a Filadelfia e lui la segue per salvare la sua carriera vacillante a spese della sua. Mentre lei si alza in volo, lui cade.‎


Voto 6

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L'anchor-woman Telly Atwater è una delle donne più amate degli Stati Uniti. Eppure, non molto tempo prima era una cameriera e aveva anche lavorato al tavolo dei dadi in un casinò di Reno, in Nevada. A quei tempi si faceva chiamare Sallyanne, aveva molte ambizioni e un talento sul punto di sbocciare. Di lei si accorse Warren, un brillante giornalista televisivo, che divenne in breve tempo suo protettore ed amante. Così da “ragazza delle previsioni del tempo” di un network di provincia, l'inesperta Sallyanne si trasforma nell'attraente Tally Atwater. L’ascesa professionale diventerà causa di dissidi, la minaccia per dividerli.

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Se questa è l’ossatura centrale della trama, facile intuire che segue il solco di A Star Is Born (una qualsiasi delle versioni): una stella si alza prepotentemente nel firmamento della celebrità, chi l’ha scoperta e lanciata con convinzione si ritrova in seconda fila e quindi ne soffre fino al punto di eclissarsi e di deprimersi. Ma non è tutto qui, perché Jon Avnet sfrutta i due importanti fattori del set: la bellezza luminosa di Michelle Pfeiffer e l’influenza di Robert Redford nel cinema politicamente impegnato, utilizzandoli la prima come trampolino di lancio dell’attrice, la seconda per lo spirito liberal in cui filma non solo l’ambiente del giornalismo televisivo, ma soprattutto il modo in cui viene costruita e poi data la notizia, fino al punto da far pensare che l’attore abbia avuto notevole peso nelle scelte, come se fosse una seconda regia occulta del film.

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Tutto bene, o forse no: in fondo è solo un film che viaggia tra il sentimentale e il dramma delle aspirazioni e degli amori che restano condizionati dalle carriere e dall’ambizione. Ovvio che con due attori di questa portata il film va avanti da sé.



 
 
 

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