White Oleander (2002)
- michemar

- 19 feb 2022
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 3 set

White Oleander
USA 2002 dramma 1h49’
Regia: Peter Kosminsky
Soggetto: Janet Fitch (romanzo)
Sceneggiatura: Mary Agnes Donoghue
Fotografia: Elliot Davis
Montaggio: Chris Ridsdale
Musiche: Thomas Newman
Scenografia: Donald Graham Burt
Costumi: Susie DeSanto
Alison Lohman: Astrid Magnussen
Michelle Pfeiffer: Ingrid Magnussen
Robin Wright: Starr Thomas
Renée Zellweger: Claire Richards
Patrick Fugit: Paul Trout
Cole Hauser: Ray
Noah Wyle: Mark Richards
Svetlana Efremova: Rena
Kali Rocha: Susan Valeris
Liz Stauber: Carolee
Amy Aquino: miss Martinez
TRAMA: A 15 anni Astrid assiste all'arresto della madre Ingrid, affascinante donna che in un impeto di collera ha ucciso l'amante infedele. Inizia così per la ragazza l'odissea tra una serie di famiglie che la accolgono in affidamento. Starr, la prima madre affidataria, è una ex-ballerina di topless bar ed ex-alcolizzata che ha scoperto il cristianesimo e convince Astrid a battezzarsi. Dopo che questa prima esperienza si conclude tragicamente, Astrid viene affidata a Claire, una donna tenera e vulnerabile che si lega profondamente alla ragazza. Ma per conquistare la propria autonomia, Astrid dovrà liberarsi dal passato e scoprire il valore dell'indipendenza e del perdono.
Voto 6

La bionda artista Ingrid Magnussen viene condannata a trentacinque anni di carcere dopo aver avvelenato il proprio amante con una sostanza estratta dall'oleandro bianco, lasciando sola la figlia adolescente Astrid, che non ha mai conosciuto il padre, uomo che infatti ha abbandonato la famiglia per un'altra donna quando la figlia aveva solo sei mesi.

Il libro di Janet Fitch dal quale Peter Kosminsky ha tratto il film - sponsorizzato dalla potente star della televisione americana Ophra Winfrey, per cui il romanzo diventò un best seller – ha due percorsi differenti. Il primo è quello del rapporto tra la mamma e la figlia, che a causa di questa vita turbolenta familiare, è cresciuta molto vulnerabile e insicura, sia del presente che per il suo futuro di donna e che nonostante tutto sente la madre come un punto di riferimento di cui non vorrebbe fare a meno.

Il secondo tracciato è quello del melodramma tutto al femminile caratterizzato dai vari personaggi che intervengono e influiscono sulla crescita della giovanissima Astrid, i tanti intrecci narrativi e i caratteri e le psicologie di quei personaggi che vanno e vengono nella trama, ognuno con una storia personale. Pare una soap-opera piena di svolte e di speranze disattese: ogni volta che la ragazza crede di aver trovato una sistemazione nella sua esistenza, succede un fatto, un cambiamento. Il che rende più arduo trovare stabilità e tranquillità.

Come può fare Astrid a trovare la sua strada se periodicamente la madre interviene con veemenza nella sua vita, se altre “madri” entrano ed escono dalla sua esistenza, se ogni volta vuol dire un altro letto, un’altra stanza, un altro quartiere, se ogni volta deve ricominciare? Addirittura capita persino che si trovi costretta ad adottare una nuova religione a causa di una di queste donne. Il cammino della crescita è tortuoso e tutte le tappe rappresentano i momenti per scartare ciò che non serve più (almeno apparentemente) e considerare nuovi elementi. Per sua fortuna trova una sponda, giusta o sbagliata, nel ragazzo a cui si appoggia, perlomeno come angolo di sfogo e di libertà mentale. Se è vero che è nelle vere difficoltà della vita che si matura e si cresce, Astrid lo capirà sulla sua pelle

Il cast a disposizione della regia di Peter Kosminsky, che cerca un’architettura fruttuosa in una storia così complessa, è di prim’ordine: Michelle Pfeiffer, Robin Wright, Renée Zellweger, brave ognuna a rappresentare le problematicità dei personaggi femminili, ma è anche un buon banco di prova per la maturità di una giovane attrice emergente, Alison Lohman, che regge bene il confronto con le più titolate colleghe.






































Commenti