Una storia vera (1999)
- michemar

- 21 apr 2021
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 11 giu 2023

Una storia vera
(The Straight Story) Francia/UK/USA 1999 dramma 1h52'
Regia: David Lynch
Sceneggiatura: John Roach, Mary Sweeney
Fotografia: Freddie Francis
Montaggio: Mary Sweeney
Musiche: Angelo Badalamenti
Scenografia: Jack Fisk
Costumi: Patricia Norris
Richard Farnsworth: Alvin Straight
Sissy Spacek: Rosie Straight
Harry Dean Stanton: Lyle Straight
Everett McGill: Tom
Donald Wiegert: Sig
TRAMA: Il 73enne Alvin Straight conduce un'esistenza tranquilla con la figlia Rosie, quando una sera viene allertato da una telefonata che suo fratello Lyle, con il quale non ha rapporti da molti anni, ha avuto un infarto e non sta affatto bene. Alvin decide così di andarlo a trovare ma non avendo più la patente, intraprende il viaggio a bordo di un lento tagliaerba. Attrezzatosi con un rimorchio, una tenda e alcuni generi di conforto, l'anziano contadino parte per raggiungere il fratello. Durante il lungo itinerario l'uomo incontrerà una galleria di personaggi. Lo sterminato paesaggio americano lo accompagnerà fino all'arrivo alla casa del fratello.
Voto 8,5

David Lynch è un regista cult per eccellenza, amato soprattutto per i suoi film iniziali, tra il metafisico e l’onirico, l’horror e lo psicologico. Ci aveva portato - e ci condurrà ancora in seguito con il misterioso Mulholland Drive – nei meandri più bassi della nostra mente, nelle viscere della nostra psicologia che non vogliamo riconoscere come nostra. Raramente però ci si ricorda di questo gioiellino di cinema, una storia facile e vera, un road-movie a 15 all'ora, come venne definito. Dove, invece che affogarci in quei meandri sotterranei, ci porta in superficie, sulla strada asfaltata addirittura, per una storia vera, così vera e “diritta” (come dice il titolo) che pare non sua. Pare. Perché anche in questa occasione non manca di ricordarci i rimpianti, il desiderio di quiete e soprattutto di riconciliazione con noi stessi e con chi dovrebbe ancora essere al nostro fianco.

Nel viso stanco e consumato di Alvin Straight si legge la storia di una vita intera, malinconico e sorridente ma inesorabile come il cammino che intraprende. Un anziano dallo sguardo limpido e soddisfatto che non ha più il ritmo, troppo veloce per lui, della vita che passa, una vita che scorre quando invece vorrebbe rallentarla. Lo incontriamo all’inizio del film quando dice: “Ho solo bisogno di una mano per rialzarmi”. Come succede a tanti vecchi che ci circondano quando avvertono la vicinanza della fine, Alvin ha un solo desiderio: rivedere il lontano fratello Lyle, che abita isolato in un bosco a 240 miglia, una distanza enorme per un uomo che possiede, come mezzo meccanico, solo un tosaerba. Potrebbe mai essere un mezzo di trasporto per un viaggio così lungo? Beh, per lui potrebbe diventarlo. Non ha fretta, non concepisce la velocità dell’oggi, si accontenta e, soprattutto, non ha altro e quindi si prepara a farlo, candidamente.

Non è incoscienza né ignoranza, è solo semplicità e voglia di riconciliazione e quel lunghissimo viaggio, specialmente come tempo da impiegare, assume anche la forma di un ultimo sguardo alla sterminata campagna che lo ha accompagnato per tutta la vita: le fattorie sparse, l’accoglienza della gente che lungo la strada lo rifocilla, gli ripara il motore sottoposto ad uno sforzo a cui non era preparato, il cielo stellato che mette serenità. Un viaggio materiale che diventa natura e spirito, umanità e amicizia. Chiunque incontra, dopo il primo momento di meraviglia, resta ammirato da tanta tenacia e lo incoraggia, donandogli ulteriore convinzione che ha intrapreso un giusto viaggio. “Qual è la cosa peggiore della vecchiaia?” gli chiede uno dei pochi giovani che incontra nel suo tragitto. “La cosa peggiore della vecchiaia è il ricordo di quando eri giovane”, risponde placido Alvin, ricordando le stelle che aveva ammirato con il fratello, immaginando che ripeterà quel rito quando giungerà finalmente a destinazione.


Una storia malinconica e struggente, una storia vera, reale di un vecchio agricoltore che si mette in strada per andare a trovare il fratello morente. Il perfetto attore protagonista è Richard Farnsworth, scandalosamente non premiato a Cannes e morto suicida un anno dopo l'uscita del film. Come malinconico è anche lo sguardo della sempre inappuntabile Sissy Spacek che guarda fuori dalla finestra in attesa di rivedere il suo caro vecchio.
Riconoscimenti
2000 - Premio Oscar
Candidatura al miglior attore protagonista a Richard Farnsworth
2000 - Golden Globe
Candidatura al miglior attore in un film drammatico a Richard Farnsworth
Candidatura alla miglior colonna sonora






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