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Welcome (2009)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 5 feb 2019
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 2 ott

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Welcome

Francia 2009 dramma 1h50'


Regia: Philippe Lioret

Sceneggiatura: Philippe Lioret, Emmanuel Courcol, Olivier Adam, Serge Frydman

Fotografia: Laurent Dailland

Montaggio: Andréa Sedlácková

Musiche: Nicola Piovani

Scenografia: Yves Brover-Rabinovici

Costumi: Fanny Drouin


Vincent Lindon: Simon

Firat Ayverdi: Bilal "Bazda" Kayani

Audrey Dana: Marion

Derya Ayverdi: Mina

Thierry Godard: Bruno

Selim Akgül: Zoran

Firat Celik: Koban

Murat Subasi: Mirko

Olivier Rabourdin: ten. Caratini

Yannick Renier: Alain

Mouafaq Rushdie: padre di Mina

Behi Djanati Ataï: madre di Mina

Jean-Pol Brissart: giudice


TRAMA: Per riconquistare la sua donna che lo ha lasciato, Simon, istruttore di nuoto alla piscina di Calais, si carica di un rischio aiutando in segreto un giovane rifugiato curdo che vuole attraversare la Manica a nuoto in segreto.


Voto 8,5


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Bilal ha 17 anni, un ragazzo curdo dell'Iraq. Parte per un viaggio avventuroso attraverso l'Europa perché vuole andare in Inghilterra per vedere la sua ragazza che vive lì. Finalmente raggiunge Calais, ma come si fa a percorrere i 32 chilometri del Canale della Manica quando non si sa nuotare? Il ragazzo scopre presto che il suo viaggio non sarà facile come immaginava. La comunità di clandestini in lotta di sopravvivenza a Calais è catturata con autenticità dal punto di vista delle persone che sono arrivate lì senza sapere nulla dell’Europa e della Francia, delle enormi difficoltà che incontreranno. Questo dramma sugli immigrati, con le meravigliose interpretazioni degli attori, è una storia forte che usa l'austerità del documentario e lo stile minimalista per creare un grande impatto emotivo.


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Il cinema si è spesso occupato della questione immigrati, delle tragiche storie di chi per necessità varca più o meno legalmente le frontiere con il cuore pieno di speranza, di un futuro senza fame e senza guerra. Il tranello in questi casi è cadere inevitabilmente nella facile drammaturgia per toccare le deboli corde della emozione dello spettatore, o peggio nella falsa retorica. Questo film invece suona come una sinfonia spietata, tocca livelli di grande cinema e lascia, letteralmente, impietriti. Perché non è un semplice racconto di emigrazione, perché qui non c’entra il lavoro e la ricerca del benessere: perché in questo caso ciò che fa partire avventurosamente il giovane curdo Bilal è l’amore, L’amor che move il sole e le altre stelle, che gli fa intraprendere un viaggio disperato, un'odissea in cui non gli importa della difficoltà degli ostacoli che deve incontrare pur di raggiungere la sua amata Mina in Inghilterra.


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Il coraggio e l’incoscienza di Bilal è commovente, addirittura straziante, pari solo al travaglio interno di Simon, l’istruttore di nuoto che, prima poco sensibile davanti alla tragedia dei mediorientali in fuga, prende a cuore il ragazzo e la sua storia e fa la scelta della vita senza badare alle conseguenze, meravigliando anche la moglie da cui si sta separando ma a cui vuol tornare. Sullo sfondo quindi del serio problema di cui sentiamo parlare tutti i giorni i notiziari, della tragedia di chi non ce la fa, dei cadaveri raccolti in fondo al mare, Philippe Lioret si concentra sul forte rapporto che nasce tra l’uomo che osserva, solo in un primo momento, apatico il flusso di uomini disperati e un giovane dalla faccia spaventata e incosciente che guarda dritto al suo obiettivo; come anche quello tra un uomo che sta perdendo la donna che aveva sposato e che ama ancora e un giovane disposto a rischiare la vita per attraversare la Manica e sedersi accanto al suo amore. Il curdo Firat Ayverdi è commovente come il suo Bilal, il suo sguardo da gazzella solitaria nella savana europea tocca il cuore, ma il viso del miglior Vincent Lindon mai visto esprime tutta l’essenza del film, le sue espressioni raccontano con grande efficacia prima la sua indifferenza, poi l’affetto per quel povero ragazzo ed infine quasi un senso di invidia per il coraggio di Bilal. Dice alla moglie che lo sta lasciando: “Lo sai perché vuole attraversare? Per rivedere la sua ragazza. Si è fatto 4000 chilometri a piedi, ed ora vuole attraversare la Manica a nuoto. Io non ho saputo nemmeno attraversare la strada per fermarti…”.


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Il finale è un crescendo di dramma e di emozioni, con l’inevitabile presa in carico da parte dell’uomo degli eventi ed il viaggio Oltremanica per incontrare la ragazza. Un film meraviglioso purtroppo sempre attuale dove allo spettatore diventa impossibile restare indifferente. Un film delicato e potente.


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Il 25 novembre 2009, il film vince il Premio LUX del Parlamento Europeo: una somma di 87.000 euro destinati alla sottotitolazione dell'opera nelle 23 lingue dell'Unione Europea, e alla produzione del DVD o di una copia in 35 mm per ogni Paese dell'UE.

Un premio che vale molto più di un Oscar.



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Il Cinema secondo me,

michemar

cinefilo da bambino

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