Quando sei nato non puoi più nasconderti (2005)
- michemar

- 27 feb
- Tempo di lettura: 3 min

Quando sei nato non puoi più nasconderti
Italia/Francia/UK 2005 dramma 1h55’
Regia: Marco Tullio Giordana
Soggetto: Maria Pace Ottieri (romanzo)
Sceneggiatura: Marco Tullio Giordana, Sandro Petraglia, Stefano Rulli
Fotografia: Roberto Forza
Montaggio: Roberto Missiroli
Scenografia: Giancarlo Basili
Costumi: Maria Rita Barbera
Alessio Boni: Bruno
Matteo Gadola: Sandro
Michela Cescon: Lucia
Rodolfo Corsato: Popi
Ester Hazan: Alina
Vlad Alexandru Toma: Radu
Marcello Prayer: Tore
Giovanni Martorana: Barracano
Simona Solder: Maura
Andrea Tidona: padre Celso
Fuschia Sumner: Diana
Adriana Asti: giudice
TRAMA: Il tredicenne Sandro è in vacanza in barca nel Mediterraneo con il padre, un ricco imprenditore bresciano. Una notte, il ragazzino finisce in acqua e viene salvato da uno scafo di clandestini in rotta verso l’Italia.
VOTO 6,5

Accoglienza e rifiuto. Solidarietà e diffidenza. Tolleranza e razzismo. Ospitalità e disprezzo. Assieme alla crisi economica, che attanaglia il mondo moderno e l’Italia in particolare, sono le migrazioni e di conseguenza il razzismo conseguitone gli argomenti attuali di tante discussioni e affrontare in maniera errata il problema non fa che acuirlo. Perché, secondo il mio modesto parere, le migrazioni fanno parte della storia dell’uomo, sono cicliche e inarrestabili. Ci sono sempre state in ogni angolo del mondo e l’errore è quello di combatterlo invece che disciplinarlo, almeno umanamente. Bisogna cioè trovare soluzioni e non ostacolarlo e basta.
Oggi ci sembra come un nuovo tema ma invece è vecchio come l’uomo, solo che in questi tempi le dicotomie tra i termini su indicati si sono risvegliate vigorosamente e non solo nel mondo occidentale. Eppure, il cinema ne parla da sempre, prendendo spunto da eventi di ogni tempo e luogo. Perché sono avvenimenti che interessano i registi e che i produttori trovano interessanti per soggetti che emozionano o che semplicemente creano coinvolgimento.
Prendiamo questo film del 2005 (tratto dal romanzo omonimo di Maria Pace Ottieri) di Marco Tullio Giordana, regista sempre sensibile agli argomenti sociali: ce ne parla eccome. Anzi ponendoci una pesante ipotesi che ogni tanto capita di fare come paradosso: e se fosse uno di noi indigeno a trovarsi nella posizione opposta, capovolgendo i ruoli? Sappiamo tutti bene che dove si nasce non lo si sceglie e, quindi, se ci trovassimo noi in quelle condizioni, come vedremmo il fenomeno?
Prendi un adolescente figlio di un ricco industriale bresciano, tipica zona italiana in cui il benessere non è storicamente mancato, che per un caso estremo si trova ad essere trattato come un “alieno” perché ritenuto migrante, come reagiremmo? Paura, eh?
Tuffiamoci in questa storia, anzi, immedesimiamoci. Guardando il film vengono i brividi. Anche se in non pochi frangenti il regista e i due sceneggiatori perdono lo smalto migliore, il film ha il suo effetto e raggiunge quindi il suo scopo: riflettere. Su cosa ce lo dice immediatamente il titolo, perché quando esisti non puoi scomparire.
Bene fa Marco Tullio Giordana a non voler per forza dare delle risposte, ma a porci il problema e ad aprire una sorta di dibattito. E pensare che nel 2005 eravamo ancora lontani da come oggi il fenomeno si è ingigantito e divenuto uno dei problemi principali dei Paesi occidentali. Difatti, al proposito diceva: “Volevo fare un film sul presente, ho pensato di prendere spunto da uno dei fenomeni che più ci riguardano: l’irruzione dei migranti nella nostra vita. Una delle cose che più ha cambiato la fisionomia delle nostre città e il tessuto delle nostre relazioni. Con Petraglia e Rulli pensavamo che servisse un punto di vista ‘innocente’, come di qualcuno che guardasse ai migranti fuori dagli schemi del razzismo o della solidarietà di maniera, uno sguardo senza ideologia. Per questo il protagonista è un adolescente.”
La regia si fa anche apprezzare per la ricerca di equilibrio tra il taglio cronachistico, necessariamente dolente e ruvido, e quello più riflessivo, il che significa cercare di mantenere in primo piano sia l’argomento centrale – rappresentato dagli immigrati e i centri di accoglienza - sia quello altrettanto significativo delle nuove realtà urbane italiane, e quindi il nord, le fabbriche dove ormai sono numerosi gli extracomunitari, la ricchezza di cui si parlava nell’incipit. Inoltre, il film mette in evidenza i problemi che nascono tra la necessità dei soccorsi e l’aspetto burocratico che inceppa ogni meccanismo d’aiuto. La scena finale dello scambio del pane tra due bambini è una lezione per gli adulti.
Bravi gli attori, anche il giovanissimo Matteo Gadola. Alessio Boni ci mette l’anima.

Riconoscimenti
Nastri d’Argento 2006
Miglior produttore
Candidatura miglior attore non protagonista a Rodolfo Corsato
Candidatura miglior suono in presa diretta






























Commenti