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Womb (2010)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 8 feb 2019
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 11 set

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Womb

Germania, Ungheria, Francia 2010 dramma/fantasy 1h51'


Regia: Benedek Fliegauf

Sceneggiatura: Benedek Fliegauf

Fotografia: Péter Szatmári

Montaggio: Xavier Box

Musiche: Max Richter

Scenografia: Erwin Prib

Costumi: Mariano Tufano

 

Eva Green: Rebecca

Matt Smith: Thomas

Lesley Manville: Judith

Peter Wight: Ralph

István Lénárt: Henry

Hannah Murray: Monica

Ruby O. Fee: Rebecca a 9 anni

Tristan Christopher: Thomas a 10 anni

Jesse Hoffmann: Thomas a 5 anni

Natalia Tena: Rose

Ella Smith: Molly

Ingo Hasselbach: Walter

Wunmi Mosaku: Erica


TRAMA: Quando Rebecca e Tommy si rincontrano da adulti, la scintilla fa riaccendere il loro amore. Ma la fortuna non è dalla loro parte: Tommy muore presto in un incidente. Il dolore di Rebecca è tale che decide di usare i discussi servizi offerti dal "Dipartimento di Replicazione Genetica", un istituto che le impianta nell'utero un clone di Tommy cui lei darà la vita. La (ri)nascita del suo amato la rinchiude in una vita a due dove le sembra di aver trovato tutto ciò che chiedeva. Ma le conseguenze di quest'amore non mancheranno di farsi sentire e di pesare man mano che il tempo passa e Tommy cresce.


Voto 7,5


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Clonazione umana, complesso di Edipo, amore per sempre, morte come inizio. Ordinariamente quattro fenomeni, scientifici o filosofici, molto distanti l’uno dall’altro; quattro strade che divergono e che non si dovrebbero mai incrociare. Invece un coraggioso regista ungherese, Benedek Flieguaf, li ha messi in fila, in maniera ordinata e logica, secondo una logica che può sembrare poco razionale ma che invece fa da cordoncino per infilare le quattro perle in modo tale che ne scaturisce una storia disperata, un amore che vuole andare oltre i confini che la natura umana impone. L’amore a volte è una grande bugia che inganna due persone dando l’idea che possa essere eterno, almeno per l’intera vita e quando uno della coppia si dilegua dal sentimento o dalla vita, l’aggettivo perde valore, si cancella. Il dileguamento unilaterale può portare l’altro alla profonda delusione fino a cercare soluzioni impensabili, ma pur sempre umane e realizzabili. Qui no.


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Womb è la straordinaria ed impensabile storia di due bambini, Rebecca e Thomas, che si piacciono da subito ma che si perdono seguendo due strade diverse con le loro famiglie e quando, non avendo mai dimenticato l’un l’altra, si ritrovano di fronte capiscono che il loro affetto adolescenziale è stato concimato e accresciuto dalla lontananza e che adesso è diventato amore. Se è durato tanto vuol dire anche che sarà eterno. Ma il destino che li fece conoscere da bambini e che li aveva divisi per tanti anni riserva ancora un colpo teatrale e mortale e tutto sembra finire. Invece ecco l’idea di chi non si vuole rassegnare, ecco le altre perle da infilare nel cordoncino: la clonazione può riprodurre e riproporre l’uomo che ha perso Rebecca? Può ritrovare l’amore interrotto e prolungarlo? Può lei mettere un “a capo” dopo il punto scritto da un incidente stradale? E soprattutto, e siamo al nocciolo del film, è lecito e ammissibile ricreare l’uomo perso, tramite un artifizio scientifico e portare in grembo (womb!) l’embrione derivato dalle cellule della persona amata e perduta? per giunta amarlo non come un figlio, anzi vederlo come il prolungamento nel tempo – eterno appunto – di un amore interrotto? Irrompe a questo punto in maniera inevitabile e drammatica, una volta che il bimbo è diventato un uomo ignaro della storia, l’attrazione di Rebecca verso il doppio/sosia/riprodotto del suo Thomas, a cui il giovane risponde dapprima con spavento poi con curiosità. L’incesto è in agguato e la tragedia incombe.


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L’argomento è difficile e scomodo ma la mano del regista non trema e ha la bravura di raccontare questa tremenda storia con linearità e dolcezza, con pochi dialoghi e molti sguardi, accompagnati da inquadrature meravigliose su uno scenario naturale che è la fotografia dei sentimenti che provano i protagonisti. Panorami larghi e profondi, acque schiumose dei mari del nord Europa, venti che spazzano le menti. Benedek Flieguaf ha usato una mano lieve e delicata e se la sua pulita regia riesce a non strafare e a trasmettere perfettamente la bellezza e l’anomalia della storia, Eva Green merita ogni elogio per aver saputo esprimere la complessità del suo personaggio.


Dolce ed espressiva, ha contribuito notevolmente alla riuscita del film. Bella e affascinante, sia Eva che la storia.



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Il Cinema secondo me,

michemar

cinefilo da bambino

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