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A Single Man (2009)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 11 feb 2019
  • Tempo di lettura: 3 min

A Single Man

USA 2009, drammatico, 1h39'


Regia: Tom Ford

Soggetto: Christopher Isherwood

Sceneggiatura: Tom ford e David Scearce

Fotografia: Eduard Grau

Montaggio: Joan Sobel

Musiche: Abel Korzeniowski

Scenografia: Dan Bishop

Costumi: Arianne Phillips


Colin Firth: George

Julianne Moore: Charlotte

Nicholas Hoult: Kenny

Matthew Goode: Jim

Jon Kortajarena: Carlos


TRAMA: George Falconer è un uomo solo. Professore inglese di letteratura all'università, George ha perso in un incidente il compagno amato da sedici anni. Incapace di reagire al lutto e all'afflizione, riordina carte, oggetti e sentimenti e decide di togliersi la vita con un colpo di pistola. Proveranno a "ripararlo" e a trattenerlo sul baratro, Charley, una vecchia amica delusa e disillusa, e Kenny, uno studente disponibile e sensibile. Spiegati i missili nucleari a Cuba e puntata l'arma alla tempia, la "crisi" pubblica e privata è destinata a esplodere o a rientrare.


Voto 8,5


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Un film è sempre l’espressione personale di un regista, del suo modo di interpretare e vivere una data situazione o un sentimento, tranne proprio nei casi in cui viene tirato per i capelli a dirigere un soggetto poco sentito. In questo caso siamo davanti ad un romanzo che pare scritto su misura per uno stilista che forse non avrebbe mai pensato di dirigere un film e che invece sembra cucito addosso a lui come fosse uno dei suoi abiti realizzati alla perfezione. L'ex stilista di Gucci, TomFord, co-sceneggiatore e produttore delle pellicola, ha dichiarato di aver letto per la prima volta il romanzo di Isherwood – da cui è tratto il film -  all'inizio degli anni ottanta, quando aveva poco più di vent'anni, rimanendo "toccato dall'onestà e dalla semplicità della storia". Nel 2007 Ford si ritrova spesso a pensare al romanzo e al protagonista omosessuale George e decide così di rileggere il libro. Nello stesso anno acquista i diritti del romanzo con l'intenzione di realizzare un adattamento cinematografico ed esordire alla regia. Oggi si può affermare tranquillamente che mai esordio dietro la mdp di un artista che eccelle in altri campi fu più felice, come se quello del regista fosse stato sempre il suo vero lavoro: una regia attenta e precisa, totalmente british style, senza un attimo di cedimento, nonostante potesse sembrare all’inizio un racconto lento e monotono. Bello ed emozionante come un abito di lusso che tutti possono indossare e che fa piacere sempre tirar fuori dall’armadio e rimettere.


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Gran merito va anche all’attore protagonista, uno straordinario Colin Firth (Coppa Volpi a Venezia), la cui recitazione calibrata ed efficace diventa il fulcro iconico dell’operazione. Il suo è un monologo affascinante ed elegante interrotto ora dalla meravigliosa Julianne Moore, la sua intima amica, ora dall’ambiguo e attraente studente interpretato da Nicholas Hoult. Su tutto sovrastano prima di tutto il concetto di eleganza, nello stile, nell’arredamento, nell’abbigliamento, nei colori, nella musica, nei dialoghi, e poi la voglia dello sfiduciato protagonista di andare incontro alla Signora in Nero, nella maniera giusta, col mezzo appropriato ma sempre elegantemente. Ormai diventata scena cult per eccellenza la chiusura di una lezione di George, professore universitario, quando prima di salutare per il weekend i suoi giovani studenti si lascia andare ad un discorso che pare il suo testamento.


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Bellissimo insegnamento di libertà e generosità verso gli altri, tutti, nessuno escluso:

“Certo i nazisti sbagliavano ad odiare gli ebrei, ma il loro odio non era senza ragione: solo non era una ragione reale. Era immaginaria. La ragione? Era la paura. Lasciamo da parte gli ebrei per un momento, pensiamo ad un’altra minoranza, una che possa passare inosservata, se necessario. Esistono minoranze di ogni sorta: i biondi per esempio, le persone con le lentiggini. Ma una minoranza è considerata tale solo quando costituisce una qualche minaccia per la maggioranza, minaccia reale o immaginaria. Ed è lì che si annida la paura. E se questa minoranza è in qualche modo invisibile, allora la paura è maggiore. E quella paura è la ragione per cui le minoranze vengono perseguitate: quindi c’è sempre una ragione. La ragione è la paura. Le minoranze non sono che persone, persone come noi.  …E parliamo un po’ della paura. La paura dopotutto è il nostro vero nemico. La paura sta invadendo il nostro mondo. La paura viene usata per manipolare la nostra società: è così che i politici spacciano la loro politica.  … Pensateci su: la paura di essere attaccati, la paura che ci siano comunisti in agguato dietro a ogni angolo, la paura che un piccolo paese dei Caraibi che non condivide il nostro stile di vita costituisca una minaccia, la paura che la cultura nera possa conquistare il mondo, la paura dei fianchi di Elvis Presley! Forse di quelli dovremmo aver paura! la paura che l’alito cattivo possa rovinarci le amicizie, la paura di invecchiare, di essere soli, la paura di essere inutili, che non interessi ciò che abbiamo da dire. Passate un buon weekend!”



 
 
 

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