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Addio, signor Haffmann (2021)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 26 ott 2022
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 15 set 2023


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Addio, signor Haffmann

(Adieu Monsieur Haffmann) Francia/Belgio dramma 1h55’


Regia: Fred Cavayé

Soggetto: Jean-Philippe Daguerre (pièce teatrale)

Sceneggiatura: Fred Cavayé, Sarah Kaminsky

Fotografia: Denis Rouden

Montaggio: Mickael Dumontier, Stéphane Garnier

Musiche: Christophe Julien

Scenografia: Philippe Chiffre

Costumi: Chloé Amirouche, Didier Despin, Anna Lalay, Sandrine Langen, Marie-Laure Lasson, Marion Morice


Daniel Auteuil: Joseph Haffmann

Sara Giraudeau: Blanche

Gilles Lellouche: François Mercier

Nikolai Kinski: comandante Jünger

Mathilde Bisson: Suzanne

Anne Coesens: Hannah

Tiago Coelho: Maurice Haffmann

Néma Mercier: Dora Haffmann

Alessandro Lanciano: André Haffmann


TRAMA: Parigi 1942. François Mercier è un uomo normale che aspira sposare il suo amore, Blanche. Lavora per il signor Haffmann, ma dopo l'occupazione tedesca, i due uomini fanno un patto che cambierà il destino delle loro vite.


Voto 6,5

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Adattando l'opera teatrale di Jean-Philippe Daguerre, vincitrice del Premio Molière, il regista e co-sceneggiatore Fred Cavayé ha portato sullo schermo il dramma raccontando una storia piena di sfaccettature di carattere morale. Ambientato a Parigi nel 1941 e nel '42 quando era sotto l'occupazione tedesca, è la storia di un gioielliere ebreo, Joseph Haffmann (Daniel Auteuil), che manda in salvo moglie e figli quando i nazisti dichiarano che gli ebrei dovranno registrarsi presso le autorità. È un pericolo evidente e bisogna scappare. Intende seguire la sua famiglia, ma prima deve prendere accordi per quanto riguarda l’attività e quindi, si offre di vendere fittiziamente il negozio-laboratorio al suo dipendente mutilato e poco dotato per quel lavoro manuale, François Mercier (Gilles Lellouche), a condizione che questi glielo rivenda quando la guerra sarà finita. Quindi, nessun denaro ha bisogno di passare di mano. E così il finto nuovo proprietario e sua moglie Blanche (Sara Giraudeau) si trasferiscono nell'appartamento sopra la bottega, anche se lei è scettica sull'accordo nonostante l'evidente gioia del marito. I piani di Haffmann vengono però annullati per la pressante presenza dei nemici e non è in grado di fuggire, per cui torna al negozio e insiste con la coppia per nascondersi nel seminterrato fino a quando non è sicuro riprovare.

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Sfortunatamente le abilità del dipendente nel creare gioielli non corrispondono a quelle del suo capo e quando il comandante tedesco Jünger (Nikolai Kinski) visita il negozio e ordina un design specifico per la sua ragazza francese, deve convincere Haffmann ad aiutarlo e confezionare i gioielli continuamente richiesti, ma quando quest’ultimo scopre che sta lavorando con gemme sequestrate agli ebrei deportati, si rifiuta e il rapporto degli uomini si deteriora. Improvvisamente si rende conto che il suo seminterrato non è più un nascondiglio me è diventata una prigione. In più c'è anche un altro compito imbarazzante che Mercier vuole che l’uomo divenuto suo ospite svolga e ciò destabilizza ancor più i loro rapporti.

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La strana situazione crea una situazione anomala dal momento che l’ex dipendente, sempre servile anche per codardia, aumenta il volume degli affari con gli oppressori e lo si nota facilmente osservandolo vestito con abiti più eleganti, accumulando denaro e ritirando la moglie dal servizio di stiratrice della lavanderia dove lavora, mentre il padrone si sente vieppiù prigioniero. Ma nessuno si accorge dei cambiamenti, tranne forse i pochi negozianti vicini, anch’essi ebrei non ancora caduti nei controlli dei soldati ma ormai prossimi a subire la sorte degli altri. E mentre la collaborazione di Mercier è sempre più fitta, per via di quello scomodo “favore” che ha chiesto al vero gioielliere nasce un importante senso di amicizia tra questi e la giovane Blanche, che, persona buona e sottomessa per amore, avverte la gentilezza e la nobiltà d’animo di Haffmann, fino al punto che lo aiuterà nel momento più difficile della forzata permanenza. Situazione che, accentuata dal comportamento sempre più nervoso del marito, porta inevitabilmente ad un suo irrigidimento e allontanamento mai pensato prima. Cambiamento evidenziato maggiormente dalla improvvisa e mai immaginata violenza subita dopo una serata che lui ha trascorso con gli ufficiali, atto odioso proprio dopo che lei ha apprezzato invece la gentilezza e l’interessamento di Haffmann per le sue aspirazioni giovanili quando sognava di diventare dattilografa.

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A tutto ciò si somma la sofferenza della donna notando che le lettere che l’ebreo scrive per rassicurare la moglie non vengono mai spedite dal marito e il danaro accluso viene invece accantonato e si somma ai ricchi incassi. La nuova condizione ha portato il passaggio dalle ristrettezze all’agiatezza economica ma nel contempo il forte sentimento d’amore che abita nella modesta casa dei coniugi si sta spegnendo per lo scarso coraggio partigiano e per l’ingordigia dell’uomo. Il relativo benessere, ammesso che si possa definire così quello provato in quei tempi e in quelle condizioni, causa la caduta progressiva ma inesorabile dei legami, sia tra marito e moglie sia tra il negoziante e l’aiutante falsamente fedele, costretto dalle circostanze e dalle richieste dei tedeschi a chiedere sempre aiuto al suo datore di lavoro per la sua abilità artigianale.

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L'eccellente sceneggiatura di Cavayé e Kaminsky porta brillantemente in superficie complicate questioni di moralità ed empatia, oltre ad essere piena dei prevedibili – dati i tempi e le condizioni - colpi di scena che portano alla sua sorprendente conclusione. Se la prima parte del film parte come una bella storia antinazista come tante udite e viste, al precipitare degli eventi il film acquista la reale conformazione di opera drammatica, con le colorazioni spietate dei tempi bellici. Si prova l’impressione che la mansueta ma, nei momenti necessari, intraprendente Blanche rappresenti in un certo qual modo la Storia, la Partigianeria, l’oppresso che si ribella, che nel momento topico prende una grave ma giusta decisione. Che è pesante, sorprendente, definitiva, ma liberatoria e soprattutto ritenuta appropriata per aiutare quell’uomo che aveva dato loro del lavoro sicuro, che era stato sempre generoso e che aveva stabilito un patto d’onore con il marito. Forse in qualche momento la sceneggiatura preferisce scorciatoie comode per il filo narrativo, forse qui e là il film cerca la soluzione guidata e, pur rientrando nelle storie già raccontate, è un’opera fatta bene e recitata benissimo da Daniel Auteuil (mai in un ruolo così, anche per l’età raggiunta) e da Gilles Lellouche, come anche dalla poco conosciuta Sara Giraudeau che sa interpretare ottimamente la dolce moglie, ma già notata nell’apprezzato Petit paysan - Un eroe singolare: la sua Blanche è timida ma ferma al momento apicale e finale.

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Daniel Auteuil spiega il suo punto di vista: “È una relazione in cui la dinamica del potere cambia immediatamente. È quello che mi è piaciuto quando ho letto per la prima volta la sceneggiatura. L'accordo che il signor Haffmann cerca di concludere è incivile. Ma erano tempi terribili e niente era normale. Non c'era un comportamento normale. Era la legge della sopravvivenza. La guerra e il pericolo creano un contesto in cui reagisci come puoi alla folle violenza che ti circonda”.

Perché “La fortuna è come la guerra, non dura sempre!”



 
 
 

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