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L’amico fedele (2024)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 21 minuti fa
  • Tempo di lettura: 4 min
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L’amico fedele

(The Friend) USA 2024 dramma 1h59’

 

Regia: Scott McGehee, David Siegel

Soggetto: Sigrid Nunez (romanzo)

Sceneggiatura: Scott McGehee, David Siegel

Fotografia: Giles Nuttgens

Montaggio: Isaac Hagy

Musiche: Jay Wadley, Trevor Gureckis

Scenografia: Kelly McGehee

Costumi: Stacey Battat

 

Naomi Watts: Iris

Bill Murray: Walter

Sarah Pidgeon: Val

Constance Wu: Tuesday

Ann Dowd: Marjorie

Noma Dumezweni: Barbara

Felix Solis: Hektor

Owen Teague: Carter

Carla Gugino: Elaine

Josh Pais: Jerry

Bing: Apollo

 

TRAMA: La vita newyorkese comoda e solitaria della scrittrice e professoressa Iris viene sconvolta dopo che il suo più caro amico e mentore Walter si suicida e le lascia in eredità il suo amato alano, Apollo. La bestia, regale ma ingombrante, crea immediatamente problemi pratici ma anche più esistenziali.

 

VOTO 6


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Partiamo da una considerazione più generica su cui però, penso, in tanti saranno d’accordo. Non possiedi mai davvero un cane: quando entra nella tua vita, non diventi il suo padrone, diventi la sua persona, il suo punto di riferimento, il suo compagno. E lui diventa famiglia, presenza, conforto questo è il vero significato del film di Scott McGehee e David Siegel. Il cinema spesso riduce questo legame a una questione di proprietà, come se un cane fosse un oggetto da gestire. Questo emozionante film (forse troppo lavorato per farlo diventare semplice ed emozionante per un pubblico facile e predisposto alla lacrima), invece, è una rarità: un film che capisce davvero cosa significhi condividere la vita con un animale, e lo fa con una sincerità così limpida da distinguersi immediatamente da tutte le storie che trattano questo rapporto in modo superficiale.



La storia è semplice e profondamente umana: una scrittrice newyorkese si ritrova, quasi per caso, a prendersi cura di un gigantesco alano. Da qui nasce un racconto di amicizia, lutto, fiducia e comunità, che cresce piano piano, come un sentimento che non ti accorgi di provare finché non ti travolge. Il film, tratto dal romanzo di Sigrid Nunez, parla a chiunque abbia mai parlato con il proprio cane come se potesse rispondere, a chi ha pianto per la perdita di un animale, a chi trova più conforto nella bava e nelle coccole di un cucciolo che nel mondo esterno. È uno di quei film per cui è meglio portarsi i fazzoletti.



Naomi Watts, che negli ultimi anni non trova, a mio parere, essendo un suo sincero estimatore, ruoli all’altezza della sua sensibilità, qui torna a brillare. La sua Iris è una scrittrice e insegnante che vive in un piccolo appartamento pieno di libri, alle prese con un blocco creativo che la tormenta. Quando il suo amico e mentore Walter (Bill Murray) si toglie la vita, Iris viene coinvolta in una rete di relazioni, ex mogli (ben tre!), amici, colleghi e legami sospesi che compongono un mosaico molto newyorkese, fatto di incontri mancati e connessioni improvvise.



Il nodo centrale è Apollo, un alano arlecchino meraviglioso - interpretato da un cane di nome Bing, proveniente dall’Iowa, che ruba la scena a chiunque - lasciato senza casa dopo la morte di Walter. Barbara (Noma Dumezweni), la vedova, non unica, non ama i cani e lo ha parcheggiato in un canile in attesa di una soluzione. Chiede a Iris di occuparsene, almeno per un po’. Apollo è devastato: non mangia, non beve, non riesce a stare nella casa dove viveva con Walter. È un cane addestratissimo, ma soprattutto è un cuore spezzato.



Il problema è che Iris vive in un appartamento minuscolo, in un palazzo dove i cani non sono ammessi, e il suo portinaio glielo ricorda spesso. Così cerca una sistemazione alternativa, mentre intanto si prende cura di Apollo “solo per qualche giorno”. Ma quei giorni diventano un percorso emotivo: il lutto di Iris si intreccia con quello del cane, i ricordi riaffiorano, i sentimenti cambiano forma. E il film segue questo movimento con una delicatezza che sorprende.


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È chiaro fin dall’inizio che Iris finirà per affezionarsi ad Apollo e tenerlo con sé. Ma il lavoro del duo alla regia non è interessato alla prevedibilità della trama: ciò che conta è il viaggio, il modo in cui due esseri feriti imparano a sostenersi a vicenda. Chi conosce il cinema di McGehee e Siegel (I segreti del lago, Quel che sapeva Maisie) ritroverà il loro tocco: la capacità di prendere una storia familiare e trasformarla in qualcosa di intimo, femminile, sorprendentemente originale. Apollo diventa il confidente silenzioso di Iris, il destinatario dei suoi pensieri più dolorosi, finché lei non capisce - grazie anche a un veterinario illuminato - che anche lui sta attraversando il suo lutto. Quando finalmente Iris e Apollo si incontrano davvero, sullo stesso piano emotivo, il film raggiunge il suo cuore. È un momento piccolo, ma costruito con una grazia: due creature che decidono di essere il porto sicuro l’una dell’altra, in una città che può essere tanto accogliente quanto spietata.


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E poi c’è New York. Non quella frenetica e rumorosa, ma una città fatta di interni caldi, gli scalini in arenaria davanti agli appartamenti che loro chiamano brownstone, parchi, luci natalizie che arrivano come un abbraccio malinconico. Una New York che ricorda quella di Billy Wilder in L’appartamento: nostalgica, gentile, quasi sospesa. È un mondo che ti accoglie e ti consola, proprio come fa Apollo con Iris.


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Il film funziona abbastanza bene perché lavora bene su cosa significhi amare un cane. Non lo idealizza, non lo riduce a un simbolo, non lo usa come espediente narrativo. Lo tratta con dignità e alla fine la donna diventa una vera “persona da cani”, consapevole che l’amore che può dare ad Apollo è limitato nel tempo, ma non per questo meno prezioso. È un film che ti invita a credere in un amore altruista, semplice, quotidiano. Un amore che non chiede nulla se non presenza. Ed è proprio questo che lo rende così commovente. E purtroppo, proprio per questo, ho notato che rimane indigesto per chi non si lascia coinvolgere. Sì, può essere giudicato un film furbo, ma pare sincero, può essere un film troppo “natalizio” e da “abbracciamoci tutti” ma chi ama i cani si commuoverà: è piaciuto a me, che non so trattare gli animali!


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E poi, regia a parte, che cast! Ottimi, in forma, adatti (quando c’è Bill Murray non sai mai come va a finire sul set) e recitano tutti molto bene: Naomi Watts eccellente! Ma quando troverà il film che la premierà come merita?

 


 
 
 

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