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Against the Ice (2022)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 7 mar 2022
  • Tempo di lettura: 5 min

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Against the Ice

Islanda/Danimarca 2022 storico/avventura 1h42’


Regia: Peter Flinth

Soggetto: Ejnar Mikkelsen (romanzo)

Sceneggiatura: Nikolaj Coster-Waldau, Joe Derrick

Fotografia: Torben Forsberg

Montaggio: Morten Højbjerg

Musiche: Volker Bertelmann

Scenografia: Atli Geir Grétarsson

Costumi: Margrét Einarsdóttir


Nikolaj Coster-Waldau: cap. Ejnar Mikkelsen

Joe Cole: Iver Iversen

Charles Dance: ministro Neergaard

Heida Reed: Naja Holm

Gísli Örn Garðarsson: Jörgensen

Þorsteinn Bachmann: Amdrup

Nick Jameson: Holm

Diarmaid Murtagh: Poulsen

Sam Redford: Laub

Ed Speleers: Bessel

Frankie Wilson: Unger


TRAMA: Nel 1909, una spedizione danese guidata dal capitano Ejnar Mikkelsen tenta di confutare le pretese degli Stati Uniti sulla Groenlandia nordorientale. Lasciando l'equipaggio sulla nave, il capitano si sposta portando con sé l'inesperto Iver Iversen. I due riescono a provare che la Groenlandia è un'isola ma rientrare alla nave richiede molto più tempo e fatica del previsto. Combattendo contro la fame estrema, la stanchezza e l'aggressione di un orso polare, arriveranno a destinazione ma troveranno nessuno ad attenderli.


Voto 7

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La figura dell’esploratore ha sempre affascinato e non solo a proposito delle leggendarie spedizioni nei luoghi più lontani ma anche per i tanti libri scritti per descriverle, i tanti film con cui il cinema ha narrato con immagini suggestive le prodezze e i sacrifici a cui quegli spiriti avventurosi e coraggiosi si sottopongono per amore della ricerca e della voglia di mettersi alla prova. Un’attrazione a cui non sanno resistere. C’è una vasta letteratura e una non meno grande cinematografia. Personaggi mitici e meno conosciuti, diffusi soprattutto nelle popolazioni più vicine ai confini delle terre abitate.

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L’ennesimo film che vuole raccontare una spedizione estrema (lo è davvero, come tante altre) è il danese Peter Flinth, un pressoché sconosciuto regista che affronta un bellissimo racconto realmente avvenuto riguardante un coraggioso esploratore connazionale, Ejnar Mikkelsen, uomo che si è sempre occupato della glaciale Groenlandia. Questo personaggio, divenuto mitico nella sua nazione, diventò famoso per una impresa molto difficile che, nello scetticismo in patria – fatta eccezione di pochi suoi amici che non volevano arrendersi all’idea di averlo perso -, riuscì a portare a termine quando ormai lo davano tutti per spacciato, assieme al giovane ed inesperto Iversen: un proibitivo compito in quella terra ghiacciata.

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Basandosi sul romanzo Two Against the Ice dello stesso esploratore, il film narra la storia vera della sua spedizione per il recupero dell'equipaggio della precedente che fu soprannominata la "spedizione danese”, capeggiata da un altro personaggio famoso, Ludvig Mylius-Erichsen, che era finita malissimo e con la morte dell’intero gruppo partito. Lo scopo di quella missione era accertarsi del destino di quegli uomini e mappare la parte nord-orientale della Groenlandia per dimostrare che la stessa era attaccata al resto dell'isola, escludendo l'esistenza del canale di Peary, grazie al quale gli Stati Uniti d'America reclamavano quella parte di territorio. Era quindi una questione anche politica e di prestigio internazionale per la Danimarca. Con il fallimento della spedizione e la morte dei componenti mancava una risposta definitiva e ciò spinse il governo danese ad organizzarne un’altra con lo scopo di reperire almeno i documenti su cui sicuramente Ludvig Mylius-Erichsen aveva annotato gli esiti della sua osservazione. Necessitava recuperarli e avere definitive notizie sulla loro morte.

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Il viaggio sul mare di Ejnar Mikkelsen e il suo equipaggio si fermò in pieno inverno sull’isola di Shannon dove nessuno, a causa delle evidenti difficoltà, voleva seguirlo nella prosecuzione sul ghiaccio ad eccezione di un ingegnere macchinista norvegese (unico straniero) che era salito a bordo a Reykjavík. Questo Iver Iversen era non solo giovane ed inesperto ma non aveva mai affrontato un’impresa di quel genere nella sua vita ma era entusiasta e soprattutto era l’unico che si offriva. Partirono con due slitte, con due mute di cani e viveri sufficienti per poter anche tornare indietro. Intorno a questa straordinaria e quasi disperata impresa si sviluppa l’intero film, dalla felicità iniziale che dimostra quale attrazione mentale avesse la spedizione nei due, fino alle mille vicissitudini a cui andarono incontro. A prescindere dalle condizioni invernali e quindi le peggiori per compiere l’impresa, successe di tutto, tra cui la perdita di parte dei viveri, di alcuni cani, oltre al fatto che, come spiegava all’inizio lo stesso esploratore, man mano che il peso del cibo sarebbe diminuito, diventava superfluo il numero totale degli huskies (anche loro consumavano le riserve di viveri) e bisognava abbatterli dando così da mangiare agli altri animali. Crudele? Sono necessità della vita e degli espedienti per sopravvivere, inevitabile. Pena la morte di tutti.

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L’avventura – non è spoiler, è storia conosciuta – ebbe momenti davvero difficili, prima durante e dopo aver raggiunto l’obiettivo: il diario fu recuperato ma al ritorno non trovarono più l’equipaggio ad attenderli mentre la nave era distrutta e bloccata nel ghiaccio, diventata, utilizzando il legno, una baracca in cui ripararsi. L’inverno stava ricominciando con tutta la sua minaccia e nessuno al mondo era al corrente che loro erano tornati vivi e con i documenti nelle mani. Cosa aspettarsi dal futuro prossimo, quanto tempo occorre affinché gli aiuti possano arrivare, quanta speranza possono riporre: erano i tanti dubbi che assalirono i due. Solo la fiducia e la forza di sopravvivenza li teneva vigili, oltre al lato positivo che in quel capanno d’emergenza c’era cibo per resistere un anno. Ed invece la bianca prigione durò molto di più, persino il Natale festeggiato miseramente due volte, fino a quando inaspettatamente e insperatamente giunse, con il disgelo, una nave norvegese che aveva notato il rifugio e li riportò a casa. Trionfalmente, per il risultato raggiunto e per la loro vita salvata. Due eroi.

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Anche se azione ce n’è poca ed è dovuta alle disavventure ambientali e gli orsi sempre in agguato, tra deliri psicologici e momenti di disperata sfiducia, i momenti di tensione sono tanti e Peter Flinth li ha saputi raccontare, pur con qualche lacuna nella gestione degli effetti speciali non proprio esaltanti. L’ambiente ostile è il terzo protagonista, imponente e spaventoso, dalle condizioni inospitali, con i giorni che passano tutti uguali nell’attesa di un segnale positivo che non arriva mai. Gli attori, per lunga parte, sono solo due ma riempiono la nostra attesa, molto ben interpretati, prima di tutto dall’ottimo Nikolaj Coster-Waldau, che ha tanto creduto nel progetto che ne è il principale attore, il produttore e il co-sceneggiatore. Davvero bravo, una bella sorpresa per un film drammatico del genere, essendo più che altro un interprete di soggetti d’azione, una prova impegnativa senz’altro riuscita. E se la cava egregiamente anche il suo compagno di avventure Joe Cole.

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Un dramma di sopravvivenza, quindi, o meglio, come vengono definiti nel mondo del cinema, un survival movie, con i tipici elementi del period drama, di quelli cioè che trattano vicende reali, veramente o almeno verosimilmente avvenute nel passato e comunque ambientate in un preciso contesto storico, ricostruito nei dettagli in modo da apparire credibile allo spettatore. Un film d’epoca realmente accaduto e il fatto stesso che sia ricavato dal libro dello stesso protagonista, quindi salvo, non toglie nulla alla tensione che si impadronisce nello spettatore. Sicuramente un film coinvolgente, perché l’impresa da compiere era davvero ardua, con le intemperie naturali e le difficoltà oggettive che stimolano la fascinazione tipica dei film d’avventura estrema. In cui tra l’altro non si riesce a godere di attimi di pausa neanche quando la narrazione rallenta, perché ogni evento poteva succedere da un momento all’altro, anche mentre le forze dei due si affievolivano e il cibo scarseggiava. Al regista si può anche perdonare un finale troppo dolce, troppo propenso a piacere per forza, uno spiraglio al romanticismo, termine che fino a quel punto era accostabile solo al senso epico dell’avventura. Svolta inevitabile dal momento che ad attendere l’eroe c’era la sua donna, Naja.

Buon film.


 
 
 

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