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Ai confini del male (2021)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 6 nov 2021
  • Tempo di lettura: 4 min

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Ai confini del male

Italia 2021 thriller 1h41’


Regia: Vincenzo Alfieri

Soggetto: Giorgio Glaviano (romanzo)

Sceneggiatura: Vincenzo Alfieri, Fabrizio Bettelli, Giorgio Glaviano

Fotografia: Davide Manca

Montaggio: Vincenzo Alfieri

Musiche: Andrea Bellucci

Scenografia: Ettore Guerrieri

Costumi: Patrizia Mazzon


Edoardo Pesce: Fabio Meda

Massimo Popolizio: Giorgio Rio

Roberta Caronia: Antonella Rio

Chiara Basserman: Nevena

Luka Zunic: Luca Rio

Nicola Rignanese: Ludovico Treanni

Paolo Mazzarelli: Tancredi Bazzini

Mimmo Mancini: maresciallo

Mihaela Dorlan: Adele Scola


TRAMA: Nel paesino di Velianova scompaiono due ragazzi di buona famiglia e subito la comunità rivive l'incubo di dieci anni prima, quando un "mostro" mai identificato aveva rapito, torturato e ucciso alcuni giovani. Questa volta però uno dei due ragazzi scomparsi è il figlio del capitano dei Carabinieri Rio, che non ha intenzione di restare a guardare. Della stessa caserma fa parte anche il tenente Meda, che ha perso moglie e figlio e non se ne fa una ragione. Soprannominato “cane pazzo”, Meda tiene malamente a bada una violenza repressa e frequenta prostitute, una delle quali gli chiede aiuto per trovare sua figlia Irina, scomparsa da giorni. E forse c'è un nesso fra la scomparsa di Irina e quella dei due ragazzi per cui si sono mobilitate l'Arma e l'opinione pubblica.


Voto 6,5

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La domanda che il regista si pone è: cosa si è disposti a fare per salvare la vita di una persona a me cara? Alzando il livello della emotività psicologica ad una domanda ancora più incisiva: cosa si è disposti a fare per salvare la vita di un figlio? A questo punto la risposta è scontata e resta solo di stabilire il limite delle azioni necessarie, perché, ammettiamolo, si è disposti a tutto, proprio a tutto. Poi, il confine dipenderà forse solo dal carattere e dal coraggio del genitore. Ma rimanendo nel generico si può affermare che è un tema sempre attuale e che non si otterrebbero mai le stesse risposte. Vediamo il caso della trama del film, a cavallo tra il poliziesco e il noir.

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Il romanzo omonimo di Giorgio Glaviano racconta infatti di due giovani scomparsi, Adele e Luca, di cui non si sa più nulla dopo che hanno partecipato ad un rave party nei boschi della Maremma tra Siena e Grosseto, di cui non avevano detto proprio niente ai genitori, che, tra l’altro, li giudicano mai capaci di prendere parte a manifestazioni del genere. Si sa, ad un estraneo direbbero sempre che il figlio non è proprio il tipo. Ma tant’è, questo è successo e ad occuparsi del caso sono l'integerrimo capitano Giorgio Rio, addirittura padre di Luca e il rude e violento tenente Fabio Meda detto “cane pazzo”, affetto da dipendenza sessuale (frequenta prostitute) e da una psicosi da quando ha perso moglie e figlio in un incidente d'auto, divisi da modi diversi di vivere e d’indagare sul caso. In più non si sopportano a vicenda e i diverbi tra i due sono facili e frequenti, specialmente adesso che si trovano con un caso in cui brancolano nel buio (almeno così dà a vedere il capitano) e si ritrovano a pescare nel fango della peggiore criminalità della zona, nel torbido dell’ambiente e nell’orrore di cadaveri e prigionieri che affiorano nella campagna solo apparentemente accogliente, ben fotografata per creare la giusta ambientazione.

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È soprattutto la visione di questa coppia disomogenea di uomini dell'arma a segnare il percorso di elaborazione di tutto il film: non sono i soliti carabinieri delle fiction televisive che mangiano, bevono e ridono, tutt'altro. Non è il caso del classico maresciallo che fa le veci anche del parroco. Sono personaggi che rimuovono l’esemplare figura del carabiniere caratterizzato dalla disciplina, per giunta contrapposti ad una figura losca, un thriller feroce, un assassino seriale all'opera che curiosamente registra i suoi messaggi alla vecchia maniera, su un nastro VHS. Un serial killer analogico, insomma, che ha cominciato a colpire 10 anni prima ed è plausibile che stia continuando con questo tipo di messaggistica. La trama fa spesso smarrire la strada prevedibile e le certezze che ogni volta si riesce a stabilire, facendo ricominciare a ragionare dopo ogni sequenza importante. Infatti, molti saranno i colpi di scena ed il finale sorprenderà non poco.

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Massimo Popolizio e Edoardo Pesce sono due attori eccellenti e molto diversi tra loro: il primo è molto pignolo e rigoroso e veste perfettamente i panni del capitano Giorgio Rio, carabiniere fin troppo rigido per sembrare vero; l'altro invece è un attore istintivo, quasi animalesco, che sposa in pieno il suo Fabio Meda sempre in borghese fino a sembrare non un militare ma un appartenente alla mala locale. Il risultato è che i personaggi calzano a pennello con il loro modo di concepire la recitazione, coincidono con le loro predisposizioni artistiche. Invece il figlio del capitano è interpretato da Luca Zunic, giovane molto interessante che abbiamo visto già in altri film come Non odiare e La ragazza ha volato visto a Venezia.

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Buona senz’altro la regia di Vincenzo Alfieri, al suo terzo lungometraggio (I peggiori, Gli uomini d’oro) e molte presenze sul grande e piccolo schermo: il noir non è proprio un genere molto frequentato dai registi italiani e questi piccoli segnali – anche se non si parla di un film straordinario – sono più che accettabili e aprono un futuro auspicabile. Da evidenziare anche la buonissima prova dei caratteristi di contorno, ad iniziare da quel Nicola Rignanese eterna spalla di Antonio Albanese, che sa creare la figura dell’immancabile giornalista locale che mette i passi dove ci si sporca le scarpe.


 
 
 

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