Alice e il sindaco (2019)
- michemar

- 21 mag 2020
- Tempo di lettura: 7 min

Alice e il sindaco
(Alice et le maire) Francia/Belgio 2019 commedia 1h43’
Regia: Nicolas Pariser
Sceneggiatura: Nicolas Pariser
Fotografia: Sébastien Buchmann
Montaggio: Christel Dewynter
Musiche: Benjamin Esdraffo
Scenografia: Wouter Zoon
Costumi: Anne-Sophie Gledhill, Indiana Sylla
Anaïs Demoustier: Alice Heimann
Fabrice Luchini: Paul Theraneau
Antoine Reinartz: Daniel
Léonie Simaga: Isabelle Leinsdorf
Nora Hamzawi: Mélinda
Maud Wyler: Delphine Bérard
Alexandre Steiger: Gauthier Bérard
Pascal Rénéric: Xavier Blasquez
Thomas Rortais: Pierre
TRAMA: Paul Théraneau, il sindaco di Lione, si trova in una situazione delicata. Dopo trent'anni in politica, è a corto di idee e attraversa una fase di vuoto esistenziale. Per uscire dall'impasse, assume Alice Heimann, una giovane e brillante filosofa. Dalle personalità diametralmente opposte, i due finiranno per rimettere in discussione le reciproche certezze.
Voto 7

Il titolo contiene un nome proprio e una carica pubblica, indicando il dualismo di base dell’intero film, inevitabilmente a tesi. Da una parte c’è la politica, impersonata dal sindaco di Lione, Paul Théraneau, socialista, che ha a cuore progetti di sinistra ed ecocompatibili che spingano la sua città verso la modernità e allo sviluppo occupazionale. Dall’altra c’è una ragazza, cultura e studi di filosofia, ricca di iniziative, intelligente, che non solo è fuori dalla politica ma la considera un aspetto ancora più astratto, impalpabile e per giunta inconcludente rispetto a ciò che ha sempre studiato. Praticamente due rette parallele che non si dovevano mai incontrare ed invece succede che si incrociano, con tante perplessità da parte della giovane Alice Heimann. La ragione per cui questa giovane è stata chiamata ha a che fare solo marginalmente con la politica (a dir la verità ogni minima attività dell’uomo è politica!) ma col passare dei giorni la collisione diventa un forte legame mentale e culturale che all’inizio sarebbe stato impensabile.

Il cinema si è spesso occupato di opere in cui politici di primo piano o di piccolo cabotaggio in cerca di notorietà chiedono l’aiuto e la collaborazione a professionisti esterni per curarne ad esempio l’immagine o per organizzare eventi oppure occuparsi della comunicazione social ed altro ancora, insomma per motivi a margine della reale politica. Mai però, a mia memoria, era accaduto che, come succede nel film di Nicolas Pariser, il politico protagonista della storia chiami una persona che le offra semplicemente idee. Sì, proprio idee. Succede infatti che il primo cittadino di Lione, attraversando un periodo di stanchezza psicologica e di mancanza di iniziative brillanti, sebbene attorniato da un nutrito staff che lavora incessantemente diviso in gruppi a seconda dei vari obiettivi, vuole trovare incentivi alla sua attività e una spinta che rinnovi la sua figura, non disdegnando l’aiuto perfino nella stesura dei discorsi pubblici. È deluso dai colleghi e del loro comportamento, della loro falsità e ipocrisia, nella stessa misura in cui sta montando la sua disillusione per l’andamento della politica in generale. Gli piace elencare, come fa al primo incontro con Alice, tutti i progetti che ha realizzato a beneficio della città. Ne è orgoglioso ma quando termina di elencarli il fiato gli rimane sospeso, come se mancasse sempre qualcosa, come fosse una lista incompleta. Si è reso conto che deve dare una svolta alla sua vita pubblica, ai suoi programmi futuri, ma soprattutto che deve rinnovare lo stile dei discorsi. Ci vogliono idee nuove, idee che mettano in risalto la sua personalità, la sincerità dei suoi intenti, l’utilità pubblica della sua operosa attività. E perché no, puntare più in alto, fino alla corsa alla presidenza della Repubblica.

Alice lo osserva, lo studia e lo capisce facilmente e ben presto: scopre un mondo così lontano dal mondo in cui è vissuta, un universo che le è sconosciuto e che le sembra fatto solo di parole, promesse, frasi vuote, di concetti fini a se stessi, che non producono altro che nuovi discorsi con annesse altre vacuità. Poteva essere uno scontro ed invece è molto presto un incontro proficuo. La sincerità di Alice, la spontaneità con cui offre il pensiero personale, l’animo candido con cui reagisce alle regole di quel cosmo svegliano l’attenzione del politico, come se tutt’a un tratto aprisse gli occhi e la mente oltre la gabbia dei concetti fino ad allora coltivati. Alice diventa in poco tempo indispensabile, tutti la cercano, le arrivano a pioggia tante richieste, la inseriscono in quasi ogni task force del numeroso staff. Alice, Alice, Alice di qui, Alice di là, specialmente da parte del capo di gabinetto, la grintosa e antipatica Isabelle, che le impartisce continui ordini e richieste perentorie, ma che la crescente considerazione della nuova arrivata da parte del sindaco la fa innervosire e indisporre sempre più. Solo nel finale ci sarà la vera e definitiva svolta di vita di entrambe le figure: il domani sarà un altro giorno ed un'altra vita.

Il film però, attenzione, in realtà non consiste in questa trama né si dipana tra questi atteggiamenti, il film in verità è un altro ed è molto più complesso, principalmente perché ha un profondo messaggio socio-politico-culturale. La crisi che attanaglia la mente del sindaco Paul Théraneau nasce dalla presa di coscienza di fare convegni, comizi e discorsi in cui ogni pagina scritta e letta all’occasione sono parole senza seguito, non trovano sbocco pratico, non conducono a risultati tangibili. Da qui nasce il continuo e fruttuoso discutere tra i due, soprattutto quando Alice gli oppone un concetto che lo fa sobbalzare, quello secondo cui la politica ormai è diventata “la gestione della penuria”, risuonandogli offensiva e riduttiva. Il sindaco controbatte affermando che gli intellettuali sbagliano nel credere che “la serietà dei discorsi sia un fine e non un mezzo”. È su questi due pilastri che si sviluppa l’intero film, parallelamente alla trama spicciola fatta di riunioni, decisioni, studio di strategie, preparazione di comizi, inaugurazioni, e sopra a tutto la pianificazione di un grande progetto futuribile e rivoluzionario chiamato Lione 2500, programma ambizioso che darebbe un notevole slancio nel futuro della città. Quindi da una parte la politica tradizionale e dall’altra lo stimolo continuo della giovane consigliera che pungola il capo con disquisizioni letterarie e filosofiche. Il sindaco è solo apparentemente distratto da altre preoccupazioni quando la ascolta, pare con la mente altrove, ed invece all’appuntamento successivo ritorna sull’argomento, che si era sedimentato nel cervello, segno che il lavoro razionale di Alice sta producendo risultati positivi. I loro pensieri si incontrano, stimolano il ragionamento, portano a riflessioni, fino ad arrivare all’arduo concetto di “totalità”. Quella che in fondo la politica deve saper gestire, quella che arriva dalla realtà, persino quella totalità che può portare all’impotenza e alla rinuncia. Pian piano il sindaco diventa alicedipendente, le telefona ad ogni ora della giornata e si affida totalmente a lei per preparare il discorso più importante della sua vita, quello che concluderà il convegno di partito in cui annuncerà la candidatura alla Presidenza.

La summa del nuovo pensiero politico di Paul Théraneau, frutto del lavoro svolto con Alice si riversa completamente in quelle pagine, che riassumono così ciò che una sinistra moderna, affacciata nel terzo millennio e che guarda alle esigenze delle generazioni future, dovrebbe avere come stella polare e come traccia per il cammino del partito da percorrere.
Sta alla Repubblica fare la sua rivoluzione e sta alle sue braccia più potenti agire. Voglio certamente parlarvi delle scuole e in particolare delle nostre migliori scuole, quelle che tutto il mondo ci invidia. Rammentate: c’è stato un tempo in cui le scuole di ingegneria formavano degli ingegneri e non dei banchieri, c’è stato un tempo in cui le scuole di commercio formavano degli imprenditori e non dei banchieri, c’è stato però anche un tempo in cui la Scuola Nazionale d’Amministrazione formava servitori dello Stato e non dei banchieri…
Se la ricchezza viene a mancare, se i miliardi delle banche e dei più ricchi non sono più nel vento dei paradisi fiscali, allora, forse, il tempo delle camicie francesi fabbricate in Cina per 1 euro è ora finito, quello delle vaschette di yogurt fabbricate a 3.000 chilometri dagli yogurt stessi appartiene al passato, forse è il tempo di rendere il funzionamento delle nostre società e delle nostre economie più semplice, meno folle, più giusto, più decente. Questa deve essere la sinistra oggigiorno. Forse è finalmente giunto il tempo dell’istruzione per tutti, della responsabilità di tutti. Forse è infine ora giunto il tempo della modestia.
Il concetto della “penuria” di cui parlava Alice si è trasformato nell’accettazione da parte dell’uomo politico in quello della “modestia”, condizione che in quel mondo sembra del tutto sconosciuto, e che il regista sceneggiatore (e soprattutto latore di queste idee) cerca di mettere in forte risalto.

Una sequenza, questa, che dà forza a tutto il film, che riassume il messaggio dell’opera. Che scuote e che fa riflettere, che ci fa andare col pensiero alla cattiva politica che agita non solo la nostra nazione. Un discorso forte, incisivo, di vera arte del governo che guarda alla gente e al futuro prima che questo ci raggiunga senza poterlo modificare. Un’orazione che diventa un manifesto per la sinistra di oggi, contro la finanza, a favore dell’istruzione, in nome della “modestia”. Un’idea per ripartire veramente. Purtroppo, questa sequenza è solo il prefinale, che illumina e illude, perché al convegno del partito il sindaco viene tagliato fuori dai giochi e ciò lo spingerà ad uscire dall’agone politico, preferendo un ritiro dignitoso che significa anche sconfitta. Mica per niente all’inizio Alice gli aveva chiesto: “Non le sembra di sbattere contro lo stesso muro da 30 anni?” e quel muro lo ha fermato.

Un film interessante, impegnativo e impeccabile, intelligente, diretto con idee molto chiare da Nicolas Pariser, autore di una sceneggiatura ineccepibile e fedele alle tesi che sono a base. Fabrice Luchini sostiene un ruolo a lui congeniale ed è semplicemente perfetto, ma chi sorprende veramente è la prova di Anaïs Demoustier. Una interpretazione che sbalordisce: compostissima, recita con piccoli movimenti dello sguardo, con pause ad effetto. La sua Alice suscita tenerezza dando sempre l’impressione di essere una donna facilmente manovrabile e invece dimostra carattere fermo e tenace, sempre piena di iniziativa e idee. Il Premio César come miglior attrice francese del 2020 è la giusta e inevitabile conferma, il meritato compenso.
Se qualcuno vi dice che il film è noioso è perché non ha dedicato la dovuta attenzione.






Commenti