As bestas - La terra della discordia (2022)
- michemar
- 27 feb 2024
- Tempo di lettura: 6 min

As bestas - La terra della discordia
(As bestas) Spagna/Francia 2022 dramma 2h17’
Regia: Rodrigo Sorogoyen
Sceneggiatura: Isabel Peña, Rodrigo Sorogoyen
Fotografia: Álex de Pablo
Montaggio: Alberto del Campo
Musiche: Olivier Arson
Scenografia: Jose Tirado
Costumi: Paola Torres
Marina Foïs: Olga Denis
Denis Ménochet: Antoine Denis
Luis Zahera: Xan Anta
Diego Anido: Lorenzo Anta
Marie Colomb: Marie Denis
Luisa Merelas: signora Anta
José Manuel Fernández Blanco: Pepiño
TRAMA: Antoine e Olga sono una coppia francese ormai residente da molto tempo in un piccolo villaggio della Galizia. Per vivere si occupano di agricoltura biologica e restaurano vecchie case allo scopo di favorire il ripopolamento dei luoghi disabitati. Tutto comincia a complicarsi con un nuovo progetto che ha a che vedere con l’energia eolica, a causa del quale entrano in conflitto con i vicini.
Voto 7,5

Come in tanti western (quasi sempre, esempi perfetti sono quelli di Clint) c’è uno straniero che arriva, si stabilisce e rompe gli equilibri, tra gli sguardi torvi degli indigeni che mal digeriscono la presenza dell’estraneo e le sue idee che interrompono la tradizione e deludono le attese. Qui, in una Galizia verdeggiante nelle stagioni belle e gialleggiante d’autunno, con i boschi che offrono le castagne prima che la neve copra tutto, arriva una coppia di francesi che cerca la quiete della Natura più bella, la denuclearizzazione, la libertà e la soddisfazione di coltivare un orto biologico, in cui si possa godere della pulizia dell’aria e dei prodotti della Terra. Antoine, ex insegnante (Denis Ménochet) e Olga (Marina Foïs) sono due coniugi affiatati e spinti dalla stessa passione: produrre secondo natura e vendere al mercato frutta e verdura sana, mentre lui si dedica anche ad un’operazione ai limiti del sogno. Prova a ristrutturare case abbandonate e diroccate, praticamente più che fatiscenti, per attirare nuovi e giovani futuri abitanti per ripopolare un borgo di pochissime anime. E chi sa, anche turisti.
L’unico passatempo serale è un’osteria dove i pochi uomini, stanchi e puzzolenti “di merda” del loro bestiame, bevono fino allo stordimento e per dimenticare una vita senza via d’uscita. Giocano a domino mentre si pungolano rudemente, sotto lo sguardo di Xan che incute timore e contro cui quei pochi non osano contrapporsi. Lì Antoine non è ben visto. Primo perché è un “francesiño” considerato un intruso, secondo perché è uno dei due piccoli (lo sono tutti) proprietari che hanno opposto rifiuto alla vendita dei terreni ad una ditta norvegese che ha intenzione di impiantare pale eoliche per produrre energia. Pare strano l’atteggiamento negativo dell’arrivato: ama la natura ma si oppone all’energia pulita, ma le ragioni del francese, sempre supportato dalla sodale moglie, sono più che altro di natura anti-speculativa. Almeno per il fatto che l’impresa straniera vuole approfittare dell’indigenza degli abitanti per non offrire un giusto compenso e con quattro soldi appropriarsi delle terre e liberare lo spazio.
Capeggiati dal temibile Xan e spinti dall’astio mai sopito, i galiziani hanno isolato la coppia, rimasti con la sola amicizia di Pepiño, un anziano che li aiuta saltuariamente. Antoine è un omaccione corpulento ma dallo sguardo bonario e non vuole né litigare né mettersi contro nessuno ma ha la coerenza degli uomini seri dai principi sani. Ha la coscienza pulita e non ha paura del clima che si è creato intorno a lui e alla moglie, la quale lo appoggia in maniera integrale ma è sempre sul chi va là e resta vigile. Xan e suo fratello Lorenzo, che vivono con la madre, abitano a pochi metri e ultimamente, specialmente di notte, Olga vede ombre che si aggirano intorno alla casa. La situazione non è delle migliori e va peggiorando di giorno in giorno, perché quei vicini vedono in loro l’unico ostacolo al miglioramento della vita che si attendono dalla somma offerta dagli imprenditori. La Guardia Civil della zona sottovaluta le minacce, perfino quando il raccolto dei pomodori di Antoine, tanto apprezzati e attesi dalla clientela del mercato, fallisce perché nel pozzo che serve a bagnare le piante sono state buttate due batterie di auto, facendo marcire i frutti. Il che significa perdere le entrate finanziarie maggiori per tirare avanti. Cosa può succedere di più, se non il peggio?
Rodrigo Sorogoyen - che con Che Dio ci perdoni, Il regno, ma anche nel dramma di Madre ha sempre camminato sul sentiero della violenza, perlomeno psicologica come nel terzo film elencato – ricalca le sue scelte ma mai bene come in questa occasione. Mediante anche un commento musicale minimo, scarno, che non preannuncia nulla di buono, ha la grande abilità di creare un continuo e crescente stato di tensione, quasi sadico, prima alimentandolo poi facendolo decadere, dandoci l’impressione che ci stavamo sbagliando. Ed invece rieccolo all’opera, con lo sguardo scuro e minaccioso di Xan e la faccia da psicopatico di Lorenzo che appaiono e spariscono nell’ombra, tra gli alberi dei boschi, sul ciglio della strada. Gli occhi chiari di Antoine sono lo specchio di un uomo buono, il sorriso rugoso di Olga è la pazienza ferrea della donna di campagna, ma i cowboys cattivi stanno accerchiando la fattoria dei mal sopportati con i fucili spianati. Basta un’inquadratura, un movimento della macchina da presa, un rumore sospetto, in assenza di colonna sonora, e si smette di respirare. Il regista madrileno crea l’atmosfera, l’ambientazione rurale è l’humus che accresce l’aria ansiogena, il buio della sera, che dovrebbe portare riposo e pace, è foriero di preoccupazioni. Anche la difficoltà della lingua spagnola parlata non sempre correttamente dai due francesi contribuisce ad alimentare l’inquietudine. Forse potrebbe bastare a calmare le acque tempestose la bottiglia offerta da Antoine ai due fratelli/bestie per chiarire le posizioni, ma invece è l’inizio della tragedia.
Il film potrebbe finire ed invece ricomincia con la forza che solo certe donne posseggono, con la tenacia di chi non si arrende, e Olga si carica sulle spalle la rinascita e si sostituisce alla polizia inerme, cerca il contatto con la mamma Anta perché fra donne ci si intende meglio, nel bene e nel male. L’ultima parte del film si incarica di oltrepassare la rabbia e la violenza mediante la costanza e la pazienza, come un ragno che ricomincia a tessere dopo che qualcuno ha distrutto la tela. Alla bestialità degli uomini risponde la forza caratteriale della femmina, da sola, con o senza l’approvazione della figlia Marie che vorrebbe estirparla da quella terra ostile. Che è ostile per colpa delle bestie che la abitano.
Un noir drammatico di fantasia? No, tutto vero, realmente accaduto, un fatto di cronaca nera avvenuto nel 2010 a Santoalla, una parroquia civil nel comune di Petín, in Galizia, dove un olandese aveva iniziato un’attività simile a quella del protagonista della fiction spagnola in un posto sperduto in cui, come nel film, un’azienda energetica voleva installare 25 pale eoliche nel bosco che gli apparteneva.

Marina Foïs e Denis Ménochet formano una coppia di attori diversi fisicamente ma coordinati e affiatati sul set e fanno dei loro personaggi due eroi ecologici e naturali, nel senso pieno del Creato, fornendo una bellissima prova attoriale, sia nella recitazione franco-spagnola che nelle posture che diventano iconiche una volta visto e apprezzato il film. È sicuramente, ad oggi, il miglior film di Rodrigo Sorogoyen, il quale dà l’idea di aver raggiunto una certa maturazione nella direzione ed ora non può fare passi indietro. Se finora ha saputo destreggiarsi nel campo con cui è cresciuto, ora è arrivato il tempo delle scelte giuste per non deludere. Perché il film è realizzato molto bene, recitato benissimo anche dai comprimari, è ambientato nel posto ideale.
Questo cinema vorrebbe dimostrare che la vita andrebbe vissuta bene gustando lentamente la Terra e i suoi frutti, ma il pianeta ha il grosso difetto di essere abitato da esseri peggiori delle buone bestie che vi pascolano e mantengono l’eterno equilibrio.
Un film che resta impresso nella mente.

Riconoscimenti
2022 - Tokyo International Film Festival
Grand Prix
Miglior regista a Rodrigo Sorogoyen
Miglior attore a Denis Ménochet
2023 - Premio César
Miglior film straniero
2023 - Premio Goya
Miglior film
Miglior regista
Miglior attore protagonista a Denis Ménochet
Miglior attore non protagonista a Luis Zahera
Miglior sceneggiatura
Miglior fotografia
Miglior montaggio
Miglior colonna sonora
Miglior sonoro
Candidatura per la miglior produzione
Candidatura per la miglior attrice protagonista a Marina Foïs
Candidatura per la miglior attrice non protagonista a Marie Colomb
Candidatura per il miglior attore non protagonista a Diego Anido
Candidatura per la miglior scenografia
Candidatura per i migliori costumi
Candidatura per il miglior trucco e acconciature
Candidatura per i migliori effetti speciali
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