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Bangla (2019)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 9 ott 2019
  • Tempo di lettura: 4 min

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Bangla

Italia 2019, commedia, 1h24’


Regia: Phaim Bhuiyan

Sceneggiatura: Phaim Bhuiyan, Vanessa Picciarelli

Fotografia: Simone D'Onofrio

Montaggio: Roberto Di Tanna

Musiche: Dario Lanzellotti

Costumi: Patrizia Mazzon


Phaim Bhuiyan: Phaim

Carlotta Antonelli: Asia

Simone Liberati: Matteo

Pietro Sermonti: padre di Asia

Shaila Mohiuddi: sorella di Phaim

Nasima Akhter: madre di Phaim

Rishad Noorani: padre di Phaim


TRAMA: Nel multietnico quartiere romano di Torpignattara vive Phaim, un ventiduenne figlio di una coppia di bengalesi. Come tanti altri figli di immigrati, Phaim vive le mille contraddizioni delle seconde generazioni alle prese con un complicato processo di integrazione culturale.


Voto 7



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Per farci capire immediatamente in quale atmosfera ci tuffiamo guardando il suo film, Phaim Bhuiyan nella vita reale e ugualmente Phaim nella trama ci illustra sin dalla prima scena la situazione, mentre manda una panoramica del quartiere romano di Torpignattara, luogo dove si svolge praticamente tutta la storia. Perché questa zona? Presto detto: Phaim è nato lì due anni dopo che i genitori si erano stabiliti in cerca di fortuna. Lì ha frequentato tutte le scuole, dalle elementari al liceo, assieme alla lunga lista di immigrati da tante nazioni. Ma la maggioranza, chissà perché provengono dal Bangladesh, come la famiglia di Phaim.


Lui introduce il film così: “Mi chiamo Phaim, ho 22 anni e se anche mi vedete un po’ negro (vi prego notare la schiettezza dei termini, mia annotazione personale) in realtà sono italiano. Diciamo più una via de mezzo, tipo cappuccino: 50% bangla, 50% italiano 100% Torpigna. Ho una specie di lavoro, una famiglia normale, degli amici… Manca solo una cosa…” E qui lui fa riferimento al sesso, quel sesso che nelle riunioni fatte con il giovane Imam nella piccola moschea che frequenta viene additato come peccato da non commettere. Perché, come ripete ossessivamente la bella mamma che ha Phaim, “Lavoro, moglie, figli.” nel preciso ordine, mai da cambiare. Una mamma tanto severa da essere soprannominata dal figlio “Corea del Nord”.


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Per il giovane, che ha dovuto aspettare di compiere 18 anni per richiedere la cittadinanza italiana pur essendo nato e vissuto per tutti quegli anni sul suolo italico, il suo amato quartiere è vivo, bello, pieno di gente che nel corso degli anni si è amalgamato tra le diverse etnie, dove i profumi delle trattorie italiane, mescolate con quelle delle altre tradizioni, producono una miscela così piacevole che lui definisce un’esperienza psichedelica. Il quartiere è, per come lo vede lui, diviso e dominato da tre gruppi prevalenti: i bangladesi, gli hipster e gli anziani, che si sfidano anche a calcetto, con i rituali litigi. Gli anziani, forse, sono quelli che lui sopporta meno perché non accoglie bene gli immigrati e Phaim, però, ha la massima comprensione per loro, che non vede come razzisti, no, piuttosto “è un’abitudine” (bontà sua!) e che guardano solo Rai1. Di conseguenza…


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Il Phaim Bhuiyan reale (che qui è regista, attore protagonista, sceneggiatore, oltre che musicista nella vita) rivela sin dai primi minuti quanto di buono ci si può aspettare da un esordiente e anzi si va anche oltre le migliori attese. La sceneggiatura si mostra immediatamente spigliata e simpatica, ma soprattutto piena di quella sana ironia che sa sempre colpire forte i pregiudizi razziali e le difficoltà normali che si possono riscontrare in un grande quartiere periferico di una metropoli come Roma. Tra ironia e battute fulminanti, tra brevi sequenze girate con perspicacia e personaggi simpatici, il film si sviluppa con un buon ritmo e non c’è un attimo di noia, segno che il giovane regista aveva buonissimo materiale su cui lavorare e idee intelligenti da sviluppare. Tanto che durante la visione mi son chiesto come farà a mantenere le ottime premesse per il prossimo lavoro, dopo la esaltante prima prova che ha fornito. Tanti elementi entrano nel potpourri che ci si poteva immaginare: le difficoltà in cui crescono questi giovani nell’ambito delle famiglie sempre tradizionaliste, i matrimoni desiderati e spinti verso i loro connazionali, il sogno di arrivare un giorno in Gran Bretagna (terra promessa per gli orientali da sempre), le differenze notevoli tra la religione islamica e quella cattolica (anche se in Italia è notoriamente diluita), i seri problemi di avvicinamento tra un giovane di colore e una ragazza italiana, e così via. Phaim ci mette tutto ma senza mai far confusione, senza mai cadere nel tranello del macchiettismo e della battuta facile o triviale. No, tutto con estrema intelligenza, fino a rendere il film una bella visione che sorprende tanto più quanto era sconosciuto lui e tutto il suo entourage.


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Fortuna sua (o bravura) ha trovato una protagonista femminile molto ben all’altezza, Carlotta Antonelli, che sa farsi apprezzare per la recitazione spigliata e appropriata, una bella coppia. Una coppia – nel frattempo si sono messi assieme - che continua a litigare perché lei è fortemente intenzionata a conquistarlo mentre lui è principalmente timido e per giunta frenato per vari motivi inibitori, addebitabili alla educazione religiosa e alla severità della famiglia a cui ha serie difficoltà a svelare la relazione con la ragazza italiana. Uno di questi diverbi termina con un paio di battute-bomba che meritano di essere ricordate, quando lui si lamenta del razzismo latente e le urla “Tutti dicono che siamo uguali ma ‘sta storia che siamo tutti uguali è una cazzata!” e mentre Asia va via le lancia un “Ma torna al tuo paese!!!!” Ad Asia


Applausi, applausi scroscianti per questo giovane Phaim, simpatico e dal forte accento romanesco, che ha realizzato un buonissimo film trattando con leggerezza seri problemi di convivenza e diversità, mostrando tatto e intelligenza, ironia e sorriso, ma soprattutto dando un alito di speranza, seppur minimo, alla possibile coabitazione tra persone civile di diversa estrazione etnica e sociale. Nel frattempo il cinema italiano ha guadagnato un nuovo e bravo cineasta. Adesso vediamo, con speranza, se Phaim Bhuiyan è capace di bissare con una nuova opera degna della prima o fare buca e cadere presto nell’oblio. Io faccio il tifo per lui.



 
 
 

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Il Cinema secondo me,

michemar

cinefilo da bambino

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