Banu (2022)
- michemar

- 4 set 2022
- Tempo di lettura: 5 min

Banu
Azerbaigian/Italia/Francia/Iran 2022 dramma 1h30’
Regia: Tahmina Rafaella
Sceneggiatura: Tahmina Rafaella
Fotografia: Touraj Aslani
Montaggio: Mastaneh Mohajer
Scenografia: Sebuhi Atababayev
Costumi: Rufat Balakishiyev
Tahmina Rafaella: Banu
Melek Abbaszadeh: Mahira
Zaur Shafiyev: Javid
Jafar Hasan: avv. Taleh Mammadli
Kabira Hashimli: Farida
Emin Asgarov: Ruslan
TRAMA: Mentre il secondo conflitto nel Nagorno-Karabakh infuria lontano da Baku, in Azerbaigian, Banu ha tre giorni per trovare qualcuno che la sostenga in tribunale contro il suo influente ex marito, Javid, che sta cercando di ottenere la piena custodia del figlio Ruslan sostenendo che soffre di disturbi psichiatrici. Banu intraprende un viaggio per trovare qualcuno che la aiuti in una società in cui l’attenzione di tutti è assorbita dalla guerra in corso.
Voto 7

Biennale College Cinema – Venezia 2022
Tahmina Rafaella è una giovane cineasta azera di 28 anni che debutta alla regia dopo qualche apparizione in film, corti e serie TV e si affaccia con tanto di sceneggiatura e presenza come protagonista: sicuramente una ragazza dalle idee chiare e buoni progetti. Buoni già a giudicare da questo esordio con un bel dramma al femminile e femminista, come giusto che sia. Soprattutto in un Paese che, data la religione e le tradizioni, non concede molto all’altra metà (abbondante) del cielo. Un film che magari in America avrebbe avuto una veste più da legal movie e che invece la brava Rafaella indirizza decisamente verso il drammatico familiare e sociale.

Che ne sia la assoluta mattatrice lo si nota immediatamente sin dalla prima sequenza che la vede, nel personaggio di Banu, che dà il titolo al film, inquadrata da sola nell’ufficio della polizia dove si è recata con il legale per denunciare la sottrazione del figlio da parte del padre Javid da cui vive separata da poco tempo. Il marito è una persona importante della città di Baku, dove si possono notare quartieri eleganti e case popolari, i cui uomini, specialmente giovani, sono partiti per il fronte nella guerra contro l’Armenia. L’uomo era figlio di un generale dell’esercito, riverito e potente con entrate finanziarie non indifferenti verso cui molta gente si sente in debito avendo la possibilità di essere suoi dipendenti nella sua attività, non bene specificata dalla trama. Da quando Banu vive in casa della madre si è portato dietro il piccolo Ruslan, divenuto – come sempre – l’oggetto del contendere tra i due coniugi. È misterioso il motivo per cui la donna abbia voluto andar via dalla lussuosa casa in cui viveva dal giorno del matrimonio ma è evidente quanto abbia potuto soffrire, motivo per cui non vuole più tornare indietro. Il marito ha approfittato di un momento di distrazione e si è portato via il ragazzino, che ignora la strana situazione creatasi.

Siccome non sono né separati legalmente né divorziati, Javid, come ha sentenziato l’agente a cui si è rivolta, ha tutto il diritto di tenere con sé il bambino e se ha qualcosa da contestare deve dimostrare di essere in grado di averne l’affidamento definitivo, in quanto il marito va dicendo in giro che lei ha problemi di stabilità mentale e che non è in grado di custodire il figlio. Un’accusa infamante che Banu rigetta categoricamente. È chiaro che ci si trova davanti ad una questione puramente legale di non facile soluzione, che però, data la enorme influenza del marito e le leggi vigenti azere, difficilmente la vedrà vincente. Potrà avere ragione solo se lei riuscirà a produrre come testimonianza quella di persone informate dei fatti e che possono dichiarare che lei è stata ed è una buona mamma, responsabile e affidabile. Ma le cause del dissidio e dell’uscita dalla casa da parte della donna non sono ancora chiare, che invece verranno a galla ben presto e saranno molto ben intuibili quando, nell’attesa del processo per stabilire l’affidamento di Ruslan, l’uomo si reca in casa della madre di Banu per parlare con la moglie e per cercare un compromesso e magari una riconciliazione, per il bene di tutti e principalmente per quello del piccoletto. In quel colloquio, iniziato con calma, poi con lacrime di coccodrillo dell’uomo, finisce con le minacce fisiche che destabilizzano la povera Banu ormai rimandata in crisi: la reale causa della fuga della donna è, ancora una volta, la violenza domestica, problema sempre esistito e fortunatamente oggi più discusso e messo in evidenza dalle donne di tutto il mondo alla ricerca della piena affermazione della loro personalità senza essere oggetto di pretesa di possesso e violenza da parte dei partner.

Ecco, quindi, il vero scopo del film, ecco perciò a cosa tende la storia di Tahmina Rafaella, la cui Banu è l’unica nel film ad apparire un po’ trasandata nell’aspetto. Ordinata e ben vestita ma mai truccata come tutte le altre donne che compaiono nella trama, dalla direttrice della scuola dove lei insegnava prima di assentarsi per i suoi problemi personali, all’infermiera dell’ospedale che le aveva insegnato a superare le crisi di panico, sino alla sorridente suocera, imbellettata a dovere, che si sta adoprando affinché la coppia si rappacifichi. Ma tutte queste donne non hanno voglia di aiutarla nel processo. Lei è l’unica bella ragazza del film che non si abbellisce, trascurandosi a causa delle tribolazioni che la affliggono. C’è solo un’altra donna e forse l’unica che la potrebbe aiutare ed è la cameriera che lavora nella sua casa, una donna in lutto per la morte del marito in guerra e che sta vedendo partire anche il figlio. Gli azeri sono orgogliosi dei loro giovani in prima linea (“I martiri non muoiono mai. Una nazione non si divide mai!” “Cammina alta, madre del martire!”) ma le mamme non sono molto contente di veder tornare i figli in una bara. Ciò che succederà per merito della cameriera potrà essere finalmente la svolta a suo favore nel processo, ma solo a causa dei lutti della sanguinosa guerra, prezzo carissimo.

Vittoria che si potrebbe unire a quella militare sul campo di battaglia, dato che la regione era sull’orlo del tracollo davanti al nemico sempre più vicino ed ora invece la città festeggia il trionfo: ma Banu vincerà la sua guerra personale e riavrà il suo Ruslan? Le battaglie delle donne sono durissime, perché partono svantaggiate dalla prepotenza degli uomini e delle leggi non paritarie, in special modo nelle zone del mondo dove il maschilismo è imperante e le femmine sono da tenere sempre un passo indietro, nel rispetto del ruolo maschile in una società che non avverte l’uguaglianza dei generi. Ma Banu è, pur nella sua debolezza e stanchezza derivate da giorni difficili, volitiva e determinata e ha la forza, anche dell’amore verso suo figlio, di combattere e controbattere colpo su colpo, sorretta anche dalla mamma che la ospita, altra donna che ha dovuto sopportare una vita non facile.

La bella opera di Tahmina Rafaella, spesso con macchina da presa a spalla, è un’amara riflessione sulla società maschilista e patriarcale che ancora in ogni angolo di mondo esiste ancora, in quell’Europa orientale come in quella occidentale e in tutto il resto della terra: basti osservare il passo indietro che è stato compiuto in Afghanistan proprio in questi mesi. La regista, nonché sceneggiatrice e attrice protagonista dice infatti: “Lo scopo del film non è quello di prendere una posizione politica o di addentrarsi nella complessa storia di un conflitto territoriale tra due nazioni che dura da decenni. Volevo invece che il pubblico mettesse in discussione il rapporto tra guerra e patriarcato attraverso l’esperienza di una singola donna che lotta per la custodia del proprio figlio nel mezzo di una guerra in cui migliaia di donne perdono i loro. Alla fine, sono le generazioni future a perdere. Il ciclo va avanti e opprime gli stessi ragazzi i cui interessi dovrebbe sostenere. Quello che alla radice di tutto innesca guerre e odio è il nazionalismo. È un circolo vizioso senza termine, ma noi dobbiamo fare quello che possiamo per cercare di spezzarlo.”
Applausi per le sue idee, per il suo impegno e per il contenuto del soggetto, giudizio certamente positivo per il film.






Commenti